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12 Ottobre 2019

Abusi sui minori in Cile

Bambini vittime di violenza familiare, di abbandono e irresponsabilità da parte dei genitori, perché spesso i padri sono consumatori o spacciatori di “pasta base”, gli scarti della cocaina.
Abusi sui minori in Cile
I bambini vengono dai barrio più degradati. Pallottole volanti, famiglie allo sbando in preda alla cocaina. Per contrastare l'ondata di abusi, il servizio nazionale minori cileno ha chiesto aiuto al Centro Acuarela che opera nel quartiere più a rischio di Santiago.
Niente metro, niente taxi, niente cavi della luce, tra case piccole e affollate ma anche diversi hotel, si possono trovare solo due supermercati. Appena si scende dall’autobus, i bambini ti avvisano di nascondere sotto i vestiti il portafoglio. 
Questa è La Pintana un enorme quartiere nel settore sud di Santiago del Cile, con 200.000 abitanti. L’unico settore in cui non arriva la metro - anche se ci sono 7 linee nella capitale - perché è la terra dei poveri. Non a caso diceva don Oreste Benzi che «La Pintana è il polmone vivente del Cile». 

Proprio qui è sorto il Centro Acuarela che, inizialmente, accoglieva 120 bambini a settimana con un servizio mensa per assicurare alle famiglie un Pasto al Giorno.Il Progetto di prevenzione comunitaria Acuarela comprendeva anche una radio comunitaria, oltre a un laboratorio di arte, di ortoterapia e altre attività aggregative. Ancora oggi c’è pure l’atelier della breack dance, una valida alternativa alla delinquenza e alla vita di strada per i ragazzini dei quartieri poveri. Non solo un centro diurno, ma anche un luogo di promozione e formazione della gioventù, dei più poveri, per portare la loro voce, durato 6 anni.
Una volta a settimana si realizzavano, infatti, manifestazioni in strada per promuovere i diritti dell’Infanzia. E sono stati accompagnati anche i giovani più vulnerabili davanti al Presidente della Repubblica, alla Prima Dama, al Ministro del Lavoro, al Ministro della Giustizia. Un’attenzione particolare per le nuove generazioni perché possano lottare per i diritti umani e promuovere la giustizia anche davanti alle istituzioni continuando l’eredità dell’impegno dei membri della Comunità Papa Giovanni XXIII presenti in Cile dal 1996.

I bambini che vengono dal "Pantano"

Cristiano Seghedoni, originario di Modena, è stato uno dei promotori di queste attività di rimozione delle cause delle ingiustizie a Santiago. E continua a collaborare come educatore sociale e responsabile dei laboratori insieme a Carolina Muñoz, direttrice del Centro.
Il progetto, interamente sovvenzionato dallo stato cileno, in seguito all’aumento di casi di abusi sui minori, ha infatti avviato una stretta collaborazione con il Tribunale della famiglia, che ha il compito di valutare se mamma e papà sono adeguati nella genitorialità.
Il Servizio nazionale dei minori invia agli educatori del Centro le relazioni per chiedere la verifica di una determinata situazione familiare e occorre andare a visitarla nel barrio dove vive. «Per esempio a Castillo – spiega Cristiano - uno dei barrios più degradati, andiamo in auto sempre in due. Ci sono tutti vicoli stretti dove la gente vive per strada, perché le case sono così piccole che ci vivono tutti ammassati. Puoi trovare delle piccole piscine davanti a casa, bimbi che giocano a bigliardino. Con l’auto proprio non si passa. E poi bisogna stare attenti alle pallottole, perché nel quartiere, spesso i narcotrafficanti si contendono il territorio e si sparano per strada». Anche per questo è chiamato “Pantano” (palude) perché sai quando entri ma non sai se ne uscirai. Purtroppo la Pintana è il settore in cui è più alto il tasso di mortalità dei bambini a causa delle pallottole vaganti. Sono proprio i più piccoli a rischio, lungo la loro traiettoria».

Come si fa a riconoscere se un minore è stato abusato?

Nel Centro di Acuarela uno degli strumenti più efficaci è l’arteterapia, che evita il metodo dell’interrogatorio in quanto rischierebbe di aumentare nei minori ancor di più il trauma. «Attraverso l'arte applicata, con attività dedicate  anche alle famiglie per tentarne la rieducazione, riusciamo a osservare ed eventualmente a prevenire ed evitare che gli abusi sia fisici che psichici aumentino ulteriormente. Questo progetto fa parte del primo protocollo per l’individuazione di vulnerabilità o abuso e la denuncia alle autorità di polizia e ai tribunali competenti in materia penale».
Cristiano ha studiato fin dall’adolescenza arti figurative, design ceramica e grafica ed oggi usa proprio questa passione per l’arte per capire come stanno i bambini che frequentano Acuarela. Basta un pennarello, un cartellone gigante e il gioco ha inizio. Ognuno può liberamente disegnare il proprio corpo ed esprimere così come si vede, quali parti del corpo non gli piacciono, quali fatica a descrivere o divertirsi a disegnare la propria faccia con smorfie buffe. Ma c’è anche di più ad Acuarela: educatori e psicologi, attraverso le attività di manipolazione di pongo e altri materiali, danno spazio alla creatività dei bambini che non sono abituati a casa a “costruire” positivamente. E nei gruppi di lavoro offrono anche un’educazione specifica all’igiene, spesso trascurata nel contesto familiare. Per esempio, con la dentista che spiega come lavare i denti e curare l’igiene orale.
«I bambini che accogliamo – spiega il missionario modenese - hanno un profilo di vittime di violenza familiare, di abbandono e irresponsabilità da parte dei genitori. Spesso hanno padri incapaci di stare con i propri figli perché consumatori o spacciatori di “pasta base” cioè degli gli scarti della cocaina. Purtroppo alla Pintana, una dose si compra facilmente come un pacchetto di caramelle e costa meno di un euro. I bambini spesso vengono segnalati dai funzionari scolastici per i maltrattamenti fisici che hanno sofferto, per i segni sul corpo delle botte che i padri biologici gli possono infierire e che in molte situazioni mascherano».

Le minacce dei narcotrafficanti non fermano Acuarela

Ragazzi che ballano al centro della stanza con bambini intorno
 


Ma come si fa a trovarsi quasi ogni giorno a lavorare in mezzo a famiglie di narcotrafficanti? Lo Stato cileno tutela bambini e bambine che sono riconosciuti vittime di abusi e maltrattamenti? Anche in questa parte del sud America, è la Comunità Papa Giovanni XXIII ad aver sollecitato un cambiamento di rotta. Senza paura, anche quando spesso si viene minacciati Sta infatti lottando perché sia approvata una legge che preveda sanzioni e pene severe per gli abusatori di bambini e adolescenti. «Lo Stato cileno non assolve già da molto tempo al compito di garante dell’infanzia e, dove lo Stato non assume pienamente il suo ruolo, lascia spazio alla delinquenza, alla mafia e alla crescita del potere dei narcotrafficanti per riempire questo vuoto. Basta pensare che quando chiediamo protezione ai comandanti dei carabineros, che vivono barricati nei loro commissariati, ci rispondono che non possono proteggerli, perché rischiano di scatenare una guerra campale: le armi che posseggono i narcotrafficanti sono armi molto più potenti delle loro, dotazioni dell’esercito russo o degli Stati Uniti d’America!».

Campagna per denunciare gli abusatori e proteggere i minori

Ma la battaglia dell’Associazione di don Benzi non finisce qui: dopo aver ottenuto un accordo dal Ministero della Giustizia per allestire nel Tribunale della famiglia di Santiago sale allestite con diversi giochi e con l’affiancamento di educatori dell’area infantile, e non più di un’intervista al minore per raccontare le vicende di maltrattamento e abuso, ora continua la Campagna per la denuncia degli abusatori e la protezione delle vittime. Mancano infatti case di pronta accoglienza per minori abusati e spesso vivono insieme vittime e abusatori. Ma nel periodo di indagine e investigazione, i più deboli sono ancora più vulnerabili e hanno assoluto bisogno di protezione.
Il caso di due bambine accorse un pomeriggio al Centro Acuarela, piangendo e gridando per la morte del fratello di 15 anni e del padre, assassinati da un sicario dei narcotrafficanti, è emblematico. «Sono arrivate da noi terrorizzate e abbracciandoci ci han spiegato che alla nonna è stato intimato di andarsene a vivere da un’altra parte, altrimenti sarebbero state uccise anche loro, per un regolamento di conti tra bande».
Le bambine sono state trasferite al sud del Cile a 800 km di distanza, mentre la nonna, rimasta da sola, continua la sua battaglia a La Pintana, sperando di non venire uccisa. 
La stessa battaglia che continua col Progetto Acuarela, superando le paure - anche quando si viene minacciati con l’avvertimento di una pistola trovata sopra la scrivania dentro al Centro – e restando al fianco dei “pobladores de la Pintana”, al fianco di tutti quelli che vanno controcorrente, cercando di creare vincoli forti con i piccoli che vogliono scappare dalle violenze dei propri familiari.