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21 Febbraio 2019

Anna tornerà a mangiare?

Il caso della piccola Anna ha commosso l'Italia. Un intervento eccezionale le ha ricostruito l'esofago. Cinquanta giorni di rianimazione. La paura. Un grande risultato medico che però sarebbe stato vano senza l'amore di chi l'ha scelta come figlia.
Anna tornerà a mangiare?
Foto di Daniela Bertolino
Anna (nome di fantasia) prende in mano un bambolotto, lo accarezza e lo coccola.  Ha tre anni, gli occhi attenti e tanta voglia di giocare; non si direbbe che quella stessa mattina abbia subito un’altra operazione. Mi scruta con occhi curiosi mentre parlo con Daniela, la mamma affidataria della sua delicata storia.
La piccola è nata con una malformazione esofagea ed è subito stata operata a Milano. L’intervento non è stato risolutivo e la sua famiglia naturale si è trasferita a Torino, dove ha vissuto in una stanza di ospedale quasi per due anni.  
La piccola Anna è andata incontro a molte complicazioni, tali da essere a rischio di vita; era sottopeso e aveva un’infezione alla PEG, poi sostituito con la parenterale, forma di nutrizione per via venosa con attacco vicino al cuore. I genitori naturali di Anna, con l’altra figlia affetta da problemi neurologici, rendendosi conto delle esigenze della piccola, hanno scelto, per il suo bene, di darla in affido ad una coppia che potesse seguirla al meglio.

Così Daniela Bertolino e Roberto Ballatore hanno deciso di accoglierla nella loro grande casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXXIII di don Benzi, aperta nel cuneese nel 1992. In tutto sono in dodici, con dieci figli tra naturali e adottivi, ma Daniela racconta come la bimba si sia inserita con facilità nella numerosa famiglia; i medici e gli infermieri inizialmente avevano timore che potesse non trovarsi a proprio agio, dal momento che aveva vissuto quasi sempre in ospedale. Pensavano che potesse persino avere paura di uscire dal reparto del Regina Margherita, sarebbe stata la prima volta in cui avrebbe visto gli animali e le macchine. Consigliarono a Daniela di stare un mese in ospedale con la piccola prima che si trasferisse in casa con loro. Anna, alla fine, non ha avuto problemi di adattamento e i fratelli le si sono subito affezionati. «Sembrava proprio che avesse voglia di una vita normale» –, racconta Daniela.


Anna non mangia più

Inizialmente Anna si univa alla tavola con la sua famiglia e assaggiava anche qualche pezzetto di prosciutto o un po’ di yogurt poi, dopo due mesi dal suo arrivo in casa, aumentarono le complicazioni fino a che, a ottobre 2018, la piccola non riusciva più neppure a deglutire.
Continuava a vomitare da due giorni, quando Daniela e Roberto decisero di portarla all’ospedale, dove Anna è stata sottoposta ad un controllo endoscopico. L’esofago risultava completamente sigillato, tanto da impedire persino il passaggio di saliva.
I medici decisero di trattenerla. «Siamo rimasti in ospedale a lungo in attesa dell’operazione – mi spiega Daniela –. L’equipe di Chirurgia pediatrica del dottor Fabrizio Gennari ha studiato bene tutto l’intervento in collaborazione con il dottor Renato Romagnoli, direttore della Chirurgia universitaria delle Molinette e Dario Reggio del servizio Endoscopia interventistica della Città della salute di Torino. Alla fine, il 25 ottobre, tre settimane dopo il ricovero, l’hanno operata».
Entrano nella piccola sala giochi del Regina Margherita alcuni medici, tra cui quello che ha operato Anna, il dottor Fabrizio Gennari. Ridono con la piccola, le chiedono se va tutto bene, la chiamano scherzosamente “Befana” perché fa qualche dispetto.


 Andata e ritorno da Padre Pio

«L’operazione è stata estremamente delicata –  continua Daniela – e soprattutto la parte della ripresa».mAnna è rimasta in rianimazione sedata e in stato di incoscienza, per cinquanta giorni, con il rischio di non uscirne. Dopo l’operazione di ricucitura dell’esofago, è emersa un’infezione per delle complicazioni a una fistola. «I medici dissero che se non si fosse chiusa, la situazione sarebbe stata disperata» – racconta Daniela. In rianimazione, c’era la vicina di letto di Anna in condizioni critiche e «la nonna di questa piccola paziente mi ha raccontato del suo viaggio con Flixbus, un pullman che collega tutta Italia, da Padre Pio a San Giovanni Rotondo. Era già andata diverse volte, e al suo ritorno la nipote era miracolosamente guarita. Allora mi sono detta: “Perché non posso provare anch’io?”». Così Daniela ha preso un Flixbus per la città di Padre Pio in giornata. «Non mi rimaneva che pregare. Sono andata dal santo per chiedergli la grazia, perché non la lasciasse morire». Di fatto tornata a Torino, dopo qualche giorno, tra lo stupore dei medici, Anna ha cominciato a stare meglio.
«La cosa più difficile, per noi, è stata vederla completamente cambiata, trovarla al risveglio che non era lei, con la paura che rimanesse lesa, perché poteva esserci anche una sofferenza celebrale, data la rianimazione così intensa» – rivela Daniela.
Nel lungo ricovero i fratelli di Anna hanno sempre prestato assistenza; Raffaele, Samuele e Chiara si sono turnati, Elia è venuto dalla Toscana durante il Natale e Valeria, figlia con sindrome di down, ha fornito il suo prezioso aiuto. Una squadra forte e compatta di cui ha fatto parte anche Ilaria, una volontaria della Comunità Papa Giovanni XXIII, che è stata accanto alla piccola facendola giocare, raccontandole storie e cantandole canzoncine.  


Mangiare con la propria bocca

Ora Anna sta meglio, riconosce la sua famiglia, parla e ha ripreso a camminare.
I prossimi passi consistono nelle attività con la logopedista e nel rieducarla a mangiare, con pazienza, cercando di superare il senso di vomito e i traumi che ha subito. Gli specialisti sono ottimisti e dicono che in tre o quattro mesi dovrebbe imparare.
Daniela, che tutti i giorni sente il rifiuto categorico della piccola Anna al cibo, non ne è sicura ma allo stesso tempo non è preoccupata. «Che mangi o no con la bocca a questo punto per me, per noi conta poco: l’importante è che cresca serena e non isolata da tutti e relegata sempre in una stanza di ospedale».