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3 Novembre 2021
Ultima modifica: 3 Novembre 2021 ore 20:20

Cop 26 meno metano e stop deforestazione, ma dal 2030

A Glasgow in Scozia, dal 31 ottobre al 20 novembre 2021, le nazioni del mondo riunite per fare il punto sui cambiamenti climatici.
Cop 26 meno metano e stop deforestazione, ma dal 2030
Foto di Robert Perry
Alla ricerca di un accordo: potrebbe essere l'ultima occasione per salvare la terra.
La Scozia ospita la 26esima Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, meglio cononosciuta con l’acronimo COP26, presso lo Scottish Exhibition Centre di Glasgow dal 31 ottobre al 20 novembre 2021.
 
I negoziati sul clima costituiscono il più grande vertice internazionale che il Regno Unito abbia mai ospitato: oltre 30.000 delegati, tra cui Capi di Stato, esperti climatici e attivisti, riuniti per concordare un piano d’azione coordinato per affrontare i cambiamenti climatici.
Un compito enorme: l’ultima volta che le nazioni sono arrivate a firmare un accordo comune vincolante è stato nel 2015 a Parigi. Infatti, in occasione della ventunesima edizione della COP, tenutosi nella capitale francese, i paesi partecipanti si sono impegnati a limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi - puntando a 1,5 gradi rispetto ai livelli pre-industriali - e a mettere a disposizione fondi per raggiungere questi obiettivi.

Gli ultimi sette anni sono stati i più caldi

Il decennio da qui al 2030 è quindi cruciale. Gli impegni che i paesi prenderanno a Glasgow dovranno andare molto oltre rispetto a quelli intrapresi cinque anni fa. Tutti sono d'accordo nel riconoscere che gli accordi di Parigi non si stanno materializzando e nella corsa per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, siamo già a +1,1.
 
Occorre quindi agire subito: è questo l'appello dei capi di governo che in questi giorni hanno aperto i lavori a Glasgow. Eppure, stanno arrivando segnali contrastanti dalla città scozzese che dimostrano quanto la strada per mettere d’accordo tutti sia in costante salita. 
 
Il primo rapporto basato sui numeri da cui sono partiti i vertici sono quelli diffusi dall'Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo): gli ultimi sette anni sono stati i più caldi da quando ci sono rilevazioni scientifiche della temperatura, e anche il 2021 si piazzerà tra il quinto e il settimo posto della classifica.
 
Il livello degli oceani ha cominciato ad alzarsi più velocemente, le acque si sta acidificando rapidamente e gli eventi meteorologici estremi «sono la nuova normalità»: a dirlo è stato il segretario generale della Wmo, Petteri Talaas, presentando il rapporto State of the Global Climate 2021.

Meno emissioni di Metano ma dal 2030



«L'umanità ha esaurito il tempo: resta un minuto prima della mezzanotte. Se non saremo seri, per i nostri figli sarà tardi». All'apertura della conferenza, il premier britannico Boris Johnson rivolge parole d'azione su carbone, automobili e alberi.
 
Il Regno Unito dà l'esempio e mette sul piatto 12,6 miliardi di sterline nei prossimi 5 anni per aiutare la transizione verso un'economia globale sostenibile.
 
Gli fa eco il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il quale ha chiesto scusa per le decisioni prese in passato dal suo predecessore Donald Trump e ha assicurato la presenza degli Stati Uniti nel rispettare gli accordi di Parigi.
 
Gli Stati Uniti sono anche tra i firmatari dell’impegno proposto dalla presidente della Commissione europea Ursula Van Der Leyen di ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030. Col raggiungimento di questo obiettivo, si eviterebbero oltre 200mila morti premature, centinaia di migliaia di visite di emergenza legate all'asma, e oltre 20 milioni di tonnellate di perdite di raccolto all'anno.
 

Cina e India rimandano gli impegni

 
Per contro, l leader cinese Xi Jinping manda un messaggio scritto senza prendere nuovi impegni significativi nella lotta ai cambiamenti climatici e in contemporanea il portavoce del ministero degli esteri cinese Wang Wenbin critica gli Stati Uniti per l'inquinamento del passato: le loro emissioni storiche sono 8 volte quella della Cina.
 
Ma è soprattutto il premier indiano Nerendra Modì a gelare il forum: per il nazionalista l'India comincerà a ridurre le proprie emissioni a partire dal 2070.
 
A Glasgow è intervenuto anche il presidente del Consiglio Mario Draghi. "Un singolo Paese non può rispondere a questi problemi" è la posizione del presidente del consiglio italiano. "Quello che rende molto complicato il negoziato è che i Paesi hanno condizioni di partenza diverse tra loro".
 
Rispondendo a una domanda sull'India, Draghi ha aggiunto: "Non credo si ottenga molto sul clima indicando i Paesi colpevoli e i Paesi innocenti, perché i colpevoli sono moltissimi e gli innocenti sono pochissimi".

Una firma comune contro la deforestazione

Tra i tanti discorsi pronunciati, si intravedono i primi risultati concreti. Cento paesi firmano un'intesa per interrompere la deforestazione entro il 2030: tra questi anche Canada, Brasile, Indonesia, Congo e Russia che possiedono circa l'85% delle foreste mondiali.
 
Ancora una volta è la Cina la grande assente. Mentre a Glasgow i leader mondiali sono alle prese con il global warming, il colosso orientale ha appena fatto sapere che ha aumentato la produzione giornaliera di carbone di oltre un milione di tonnellate negli sforzi per allentare la crisi energetica.