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22 Febbraio 2020
Ultima modifica: 10 Maggio 2021 ore 10:32

Coronavirus: storie di lockdown in Cina

il desiderio di normalità di due giovani maestre uscite in auto per la prima volta dopo quindici giorni.
Coronavirus: storie di lockdown in Cina
«Vi raccontiamo la convivenza con il Covid-19»
«Lunedì 10 Febbraio, dopo due settimane, per la prima volta siamo salite in macchina e abbiamo percorso una distanza superiore ai 500 metri che ogni qualche giorno facciamo per andare a fare un po’ di spesa. Questo ci ha permesso di osservare la situazione direttamente anche in un’altra zona della città.

Nel weekend dalla nostra finestra del settimo piano vedevamo più gente che passeggiava ed entrava e usciva dall’unica porta accessibile del quartiere di front­e a noi; i carretti dei corrieri erano tornati e stendevano i loro pacchi all’ingresso del quartiere, anche i rumori delle macchine che circolavano sullo stradone a sud, non visibile da casa nostra, erano aumentati.

La prima uscita in auto

Indossando le mascherine e munite di disinfettante, abbiamo percorso i 16 km che ci separano da un vicino villaggio. Il quinto anello, una delle superstrade che gira attorno alla città, così come le altre strade che abbiamo percorso, non erano così vuote come ci aspettavamo. Diverse erano le macchine della polizia ferme ai bordi della strada, pochissime le persone a piedi o in bicicletta, le fermate degli autobus deserte.

Arrivate all’ingresso del villaggio di periferia abbiamo notato che c’era molta gente che attendeva di poter entrare, l’ingresso era infatti sbarrato e guardiani e polizia controllavano chiunque volesse entrare. Avevano e hanno accesso solo i residenti, i quale dovevano registrarsi fornendo la carta d’identità, un contatto telefonico e l’indirizzo del domicilio. In cambio ottenevano una tessera che, previa misurazione della temperatura (eseguita ogni volta ad ogni ingresso), dà libero accesso. Nel villaggio non e’ permesso l’affitto a nuovi inquilini o l’arrivo di persone che non vivessero lì prima.

Per noi, non ancora residenti e stranieri, è stato ancora più complesso, ma dopo foto dei passaporti e qualche spiegazione ci hanno lasciate passare.

Uomo spala la neve
Neve a febbraio 2020 in un quartiere di 5000 abitanti a Pechino.
strada deserta all'imbrunire
Strada deserta sotto casa di alcuni italiani di Pechino, alla sera, durante il capodanno cinese.
Un distributore di alimenti vuoto a Pechino
A Pechino a febbraio 2020 le persone preferiscono i distributori alimentari sottocasa piuttosto che il supermercato.

Controlli nei quartieri

Da Mercoledì, uscendo a ritirare un pacco, abbiamo scoperto che queste misure sono attive anche nel nostro quartiere. Solo chi e’ registrato e in possesso del cartellino che certifica la residenza e la registrazione ha accesso al compound, dopo misurazione della febbre e solo se munito di mascherina. In alcuni quartieri vengono anche limitate le uscite ad una al giorno per 2-3 ore o ad una ogni qualche giorno.

Queste misure così rigide ci confermano cio’ che avevamo intuito nel weekend, e cioe’ che la città si sta preparando al ritorno degli almeno 10 milioni di persone che vivono a Pechino per lavoro o studio e che erano tornate a casa per il Capodanno. Dopo il blocco nazionale, in cui nessuno poteva muoversi da dov’era, con chiusura di molti villaggi e alcuni mezzi di trasporto, da questa settimana il Paese ha permesso e richiesto l’apertura di alcuni settori lavorativi, motivo per cui inizia l’esodo di ritorno. Questa è una situazione critica per la diffusione del virus, considerando che la maggior parte di queste persone viaggeranno in treno e aereo.

Negli ultimi giorni pero’ il movimento e’ diminuito, molto probabilmente chi e’ tornato è in casa per i 14 giorni di quarantena, oppure lavora da casa. L’ambasciata italiana ha prolungato di almeno una settimana la chiusura al pubblico, effettua solo servizi consolari (quindi per gli italiani) se considerati estremamente urgenti.

Anche il numero dei malati continua a crescere, ma di fronte a questa situazione non siamo preoccupate o spaventate, dopo diversi anni in Cina i grandi numeri e i controlli non ci spaventano più.

L’entusiasmo dei primi giorni di vacanze forzate però inizia a calare, se all’inizio l’avere tanto tempo a disposizione ci aveva dato l’opportunità di fare cose nuove, ora è un po’ stancante; il fatto di parlare sempre con le solite quattro persone e stare chiuse in un appartamento a volte intacca un po’ l’umore, ma è sicuramente una scuola di pazienza.

Lavorare e studiare chiusi in casa

La mia amica mercoledì ha iniziato a lavorare da casa: le scuole sono chiuse, ma si continua a studiare. Organizzare lezioni on-line per una scuola con 4000 persone tra studenti e professori non e’ semplice, c’è ancora molta confusione su come effettuare le lezioni, ogni giorno arrivano centinaia di messaggi, a volte tra loro contrastanti, per cui è molto difficile districarsi. Proprio in questi giorni si stanno provando diversi programmi per fare lezione, nessuno sa usarli, per fortuna c’è qualche collega un po’ più nerd che impara in fretta e si rende disponibile per insegnare agli altri.

Io invece sono ancora in vacanza. Le mie colleghe non sono ancora tornate a Pechino, non si sa quando lo faranno e considerando i 14 giorni di quarantena l’apertura dell’asilo è ancora un grosso punto di domanda.

Da alcuni messaggi che abbiamo ricevuto abbiamo capito che chi svolge attività culturali, turistiche e di aggregazione in genere non possono iniziare il lavoro prima di marzo, per cui pensiamo che anche le nostre scuole non apriranno prima.

A volte ormai ci sembra normale questa vita così casalinga con ritmi rallenati, altre volte stona così tanto con la Cina che conosciamo che ci sembra di vivere in un sogno.

Cancello semichiuso con tavolino dove firmare
Ingresso di un quartiere a Pechino.Tavolino per registrarsi. La scritta in rosso dice:10mila persone, un solo cuore nella lotta contro il coronaviris
Foglio rosa scritto in cinese con timbro
Il tesserino con il nome del quartiere, e l'invito alla collaborazione: «Nel controllo dell'epidemia tutti abbiamo una parte di responsansabilita», si legge.
Tavolino con una guardia e raccolta documenti
Pechino: per spostarsi fra i quartieri durante l'emergenza Covid-19 bisogna dare le proprie generalità.

La solidarietà si moltiplica

Una delle attività giornaliere scelte e’ quella di guardare il telegiornale locale tutti i giorni. Può anche essere che non diano notizie negative per non scatenare il panico generale, ma ogni volta ci sorprende vedere come tanti si stiano impegnando nella battaglia.

In televisione si vedono centinaia di camion che da ogni parte del Paese portano viveri a WuHan, medici volontari che partono da ogni angolo della Cina per dare il cambio a colleghi che ormai lavorano da giorni ininterrottamente, aziende che regalano macchinari, televisioni, condizionatori per i nuovi ospedali. Altre regalano yogurt, frutta e dolci a malati e infermieri; ristoranti forniscono pasti gratis ai malati; amici e gruppi organizzano raccolte di fondi attraverso l'app Wechat.

L’immagine è quella di un gran senso di popolo, di appartenenza e spirito di collaborazione, senso di sacrificio e disponibilità. Questo sicuramente a noi italiani in Cina, ma a tutti credo, dà forza e speranza, certezza che questa situazione si sistemerà.

A volte ci piacerebbe poter fare qualcosa di più, ma crediamo che il nostro miglior contributo, anche come straniere che nonostante tutto conoscono ancora poco la Cina, la sua lingua e la sua cultura, sia quello di seguire il consiglio che danno a tutti i cinesi non coinvolti: state in casa e proteggetevi»!

Cos’è il coronavirus, come proteggersi, quali rischi in Italia?

A tutte le domande sul nuovo Coronavirus 2019-nCoV risponde sul proprio sito il Ministero della Salute. Per evitare la diffusione di notizie false e non attendibili il Ministero ha attivato collaborazioni con i principali social network, proponendosi come fonte primaria per rispondere alle domande di tutta la popolazione italiana.