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15 Novembre 2019

Davvero don Benzi era un prete all'antica?

Davvero don Benzi era un prete all'antica?
A vederlo Don Benzi sembrava un prete d'altri tempi. Così pure certe sue posizioni intransigenti. Ma sotto la tonaca pulsava un cuore rivoluzionario.
Sul Venerdì di Repubblica dell'8 novembre 2019 Filippo Ceccarelli ha offerto un interessante e originale ritratto di don Oreste Benzi nella sua rubrica “Indizi Neurovisivi”, titolata per l’occasione “Il sorriso di un pazzo di Dio”. In poche righe il giornalista racconta la simpatia e allo stesso tempo la determinazione di questo sacerdote dalle caratteristiche inconfondibili – «vorrà dire qualcosa se chi l’ha visto anche solo per qualche minuto non riesce proprio a dimenticarlo» – che è stato anche «il più straordinario rompiscatole e guastafeste della politica italiana, il più sublime e cocciuto assediante di presidenti, ministri, segretari di partito, capi di Polizia», soprattutto quando si trattava di combattere per liberare quelle che lui considerava le schiave del sesso.
Dopo aver sostenuto che don Benzi «se non santo subito, parecchio vicino a Dio e al suo mistero sembrava anche in vita», Ceccarelli aggiunge una considerazione: «Con tutte le riserve del caso, che sul piano dottrinario lo rendevano un prete all’antica, quindi intransigente sull’aborto, il fine vita e l’omosessualità, il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII rientrava pienamente in quella categoria che il suo amico Vittorino Andreoli, laico e psichiatra, definiva i “pazzi di Dio”: uomini senza schemi, né calcoli, né risparmio di sé e perciò con un perenne sorriso».
Un'immagine estremamente efficace e veritiera, che evidenza quanto don Benzi fosse assolutamente libero da ogni ricerca del consenso, preoccupato solo di annunciare quello che riteneva il vero bene. Famosa è la sua espressione: «Non facciamo le cose perché ci applaudono, non smettiamo di farle perché ci fischiano».
Merita un approfondimento però il passaggio dove viene definito - idea del resto piuttosto diffusa - un prete all’antica sul piano dottrinario, quindi intransigente su temi eticamente sensibili come l'aborto, il fine vita, l'omosessualità. 

Perché don Benzi indossava la tonaca

Certo l’immagine esteriore di don Benzi poteva trarre in inganno: la tonaca che indossava era decisamente antica, tanto da presentarsi piuttosto “lisa”. Ma non era per lui un semplice richiamo alla tradizione.
Memorabile resta la risposta data al giornalista Valerio Lessi nel libro titolato, appunto, "Con questa tonaca lisa": «Sono convinto che i giovani abbiano bisogno di incontrare un prete, anche in discoteca. I giovani, sia ben chiaro, hanno bisogno di vedermi non con i jeans e neanche col pullover o i capelli tirati. Hanno bisogno di vedermi con questa tonaca lisa e con il colletto da prete» E ha aggiunto: «Il prete come tale può stare ovunque: nelle discoteche, fra le prostitute, i ladri, gli zingari, gli omosessuali. Nella mia esperienza ho capito che non ho limiti: omnia munda mundis. Però vado ovunque con la mia veste da prete in modo che mi riconoscano e dicano "toh, un prete". Sì, un prete vicino a te, che ti ricorda Dio e perciò ti scoccia».
Di tradizionale, in don Benzi, a parte il vestito, c’era solo il punto di riferimento a cui lui tutto riconduceva: quel Gesù che lo aveva affascinato fin da piccolo e che riteneva l’unico in grado di offrire una chiave risolutiva per ogni problema, personale e sociale.

Su cosa era intransigente don Benzi

Ho conosciuto don Oreste da vicino, l’ho frequentato a lungo non solo come collaboratore ma anche come giornalista e ho avuto l'opportuntà di intervistarlo molte volte su quei temi per i quali era considerato intransigente sul piano dottrinario.
Sì, don Benzi era davvero intransigente, ma non per ragioni moralistiche come alcuni hanno talvolta creduto o voluto far credere (basta ricordare certi dibattiti televisivi sulla prostituzione in cui le sue prese di posizione venivano stigmatizzate come retrogade e talvolta derise).
La ragione dei suoi interventi pungenti, spesso non “politicamente corretti” sta nel fatto che a lui non bastava consolare chi si trovava in una situazione di povertà e di emarginazione ma voleva andare fino in fondo, individuare le cause di quell'emarginazione e chiamare per nome i responsabili.
L’intransigenza di don Benzi era rivolta verso il male, che nella sua visione non va regolato ma sradicato. E per farlo a volte prendeva posizioni dure, nette, per questo spesso incomprese.

Don Benzi era un proibizionista? 

Certo, don Benzi si è schierato contro la legalizzazione delle droghe, contro la legalizzazione della prostituzione, contro l'aborto, ma qual è la vera ragione?
È quanto - assieme a mia moglie e collega Nicoletta Pasqualini - abbiamo cercato di far emergere nel libro “Don Oreste Benzi. Ribellatevi! Intervista con un rivoluzionario di Dio” 
Il suo approccio nei confronti di temi come la tossicodipendenza, la prostituzione, l'aborto, il carcere, l'omosessualità non partiva da assunti di tipo ideologico ma dall'incontro con la persona, che viene prima e va oltre il problema che la persona si trova ad affontare. E la soluzione non è mai basata sulla cosiddetta "riduzione del danno" - che lui ha sempre combattuto - ma sul superamento delle cause che hanno generato la condizione di disagio ed emarginazione. 
Nell'intervista che apre il libro, fatta in forma pubblica davanti ad una platea di giovani, abbiamo chiesto a don Oreste se si considerava un proibizionista. La sua risposta è stata illuminante: «Io mi definisco un liberatore».