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La maternità teorica, e quella delle donne che la incarnano ogni giorno
Mamma o madre, mother, oppure mom, o anche mummy per gli anglosassoni, mutter in tedesco, maman in francese, mater era in latino, e spostandosi verso oriente è māmā in cinese.
Facendo sfoggio di cultura linguistica, ma anche facendosi aiutare dal comodo traduttore di Google, quello che balza subito all’occhio, e all’orecchio, è quella comune iniziale labiale “m-ma” che pare attraversare ogni lingua e ogni civiltà.
In modo affascinante si lega a quella prima esperienza di sollievo e di sopravvivenza che tutti gli esseri umani registrano all’origine dell’esistenza: la suzione del seno materno, o di un suo valido sostituto, in una condizione di accoglienza e calore.
In principio era la Grande Madre
In realtà gli antropologi – lo svizzero Bachofen in testa – ritengono che vi era un tempo in cui la madre veniva adorata quasi come una divinità, probabilmente per la sua magica capacità di generare la vita, e la prova di questa posizione di rilievo sarebbero le testimonianze arrivate fino a noi dei miti della Grande Madre presenti in ogni civiltà, e le rappresentazioni di quelle statuette tozze, con ventre e seni pronunciati, dalle gambe e braccia piccole. Semplici ma efficaci. La società e le famiglie – si dice – seguivano una struttura matrilineare.
Sarebbe stato intorno a 5.000 anni fa che si è scoperta una qualche correlazione tra l’atto sessuale e la fecondazione. E così i padri – in maniera piuttosto veemente – si sarebbero fatti avanti fino al culmine del potentissimo patriarcato dei più recenti 2.000 anni.
Per chi segue queste teorie, verosimili, il patriarcato, cui il recente femminismo si è opposto, non sarebbe che una forte reazione al matriarcato precedente.
In una sorta di lettura hegeliana il macro-movimento sarebbe quindi: tesi (matriarcato), antitesi (patriarcato) e sintesi… oggi?
Ma facciamo un passo indietro perché in questo rapido excursus non possiamo tralasciare la grande mole di studi e riflessioni che la psicoanalisi ha dedicato al tema della madre. Troppo arduo fare sintesi di tutto quello che la moderna scienza psicologica ha teorizzato; in questa sede è interessante sottolineare solamente che Freud, il padre della psicoanalisi, ha dedicato molte energie alla madre reale, personale, alla relazione di “quella” madre con “quel” figlio, rilevando anche le criticità, le immaturità, i blocchi e le ossessioni di quel rapporto specifico; mentre il figlio un po’ ribelle Jung ha messo in risalto l’aspetto transpersonale, archetipico, simbolico del materno.
La mamma di oggi
E in effetti, tornando a quella che si diceva essere la “sintesi”, la madre di oggi si trova a fronteggiare questi due livelli di significato: da una parte la sua esperienza personale con il suo o i suoi figli concreti (e il rapporto con il padre dei suoi figli); dall’altra intercettare la dimensione culturale, sociale, dell’essere madreaderendo o meno al sistema di aspettative che oggi pende su di lei.
A questa riflessione si aggiunga, giusto per aumentare la complessità ma allo stesso tempo aderendo fedelmente alla realtà, questa Italia paradossale che è contemporaneamente patria del mammismo e dell’inverno demografico.
Non è facile essere mamma nell’Italia del 2020, dove si registra un nuovo minimo storico di nascite. Come mai? Alcuni dicono che mancano incentivi economici e servizi a sostegno della maternità, altri che manca una cultura della genitorialità. Sta di fatto che il problema demografico nel Belpaese cresce da decenni, e da anni il numero di figli per donna oscilla intorno ad una media di 1,2 – 1,3, comunque ben al di sotto della media necessaria per il cambio generazionale, di 2,1.
Mamme sempre iperinvestite
Dall’incrocio complicato di tutte queste variabili un elemento sembra resistere inossidabile nel tempo: l’iper-investimento delle mamme nella cura della prole.
Nonostante la mamma non sia più l’“angelo del focolare” di antica memoria, nonostante decenni di lotta femminista, nonostante l’ingresso massiccio nel mondo del lavoro, nonostante l’oggettivo spostamento degli equilibri familiari, le mamme sono sempre lì, sempre assorbite dalla cura dei figli.
E per rendersene conto non serve leggere libri, basta guardare come si comportano le donne che si svegliano alla mattina pensando a crescere i figli: sono le mamme che partoriscono (ok, questo è inevitabile), ma sono le mamme anche che fanno gli inserimenti alla scuola dell’infanzia. Agli incontri sulla genitorialità il pubblico è sempre quasi completamente femminile, sono le mamme che parlano continuamente tra di loro di figli, e sono sempre loro ad essere presenti ai gruppi di sostegno per l’affido e l’adozione. Prova estremamente interessante – quest’ultima – per dimostrare che non si tratta – solo – di legame di sangue o che “lo ha tenuto nove mesi in grembo”.
Quello che cambia, piuttosto, è il livello di pressione, perché oggi la mamma fa tutto questo in aggiunta alla sua dimensione professionale e domestica.
La sfida della cooperazione
Trovare le responsabilità nella ormai noiosa guerra tra i sessi potrebbe essere esercizio intellettuale sterile e quasi ridicolo: sono i padri costretti a tirarsi indietro pressati dall’onnipotenza delle madri, o sono le mamme costrette ad occupare spazi che i padri non presidiano? È un gioco che si fa in due.
Il problema è che, in questo momento di “sintesi”, ci si deve un po’ arrangiare perché non c’è nemmeno il contenimento dei modelli di riferimento univoci da seguire.
Ma in questo – almeno – siamo tutti sulla stessa barca: i padri stentano a trovare un modello di riferimento preciso per essere buoni padri, le madri pure, e pure le coppie e le famiglie.
Forse occorre prendere atto che, nel familiare, le riflessioni teoriche seguono i cambiamenti sociali.
E allora saranno le madri concrete ad indicare la via: già oggi si scorgono compagni che collaborano nell’educazione dei figli, che si fanno carico di faccende domestiche neppure immaginabili fino a qualche anno fa; madri che creativamente trovano il sistema per surfare tra lavoro e famiglia. Nonostante la crisi, nonostante il work-family balance sia ancora più teorico che pratico, nonostante tutto.
Se i modelli tardano a arrivare, occorre essere fiduciosi che la nuova madre sta partorendo se stessa.
Come, dalla notte dei tempi, le donne sono abili a tessere, con pazienza, nella profondità del loro grembo, una creatura meravigliosa, così riusciranno a generare la madre di cui la storia ha bisogno.