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19 Agosto 2021
Ultima modifica: 19 Agosto 2021 ore 23:41

I missionari dall'inferno: «Pregate per Haiti»

Prima l'omicidio del Presidente, poi le bande armate. Adesso il terremoto e le alluvioni.
I missionari dall'inferno: «Pregate per Haiti»
Foto di EPA/Orlando Barría
I missionari della Papa Giovanni XXIII escono solo per beni di prima necessità. Nel quartiere è stato rapito un sacerdote. Manca l'acqua, il cibo scarseggia. Le testimonianze dirette dal Paese centroamericano.
Sono quasi 600.000 le persone bisognose di assistenza immediata ad Haiti, dove la tempesta Grace ha sferzato i sopravvissuti del terremto di sabato 14 agosto, che ha ucciso oltre 2.000 persone. Lo ha reso noto ieri la protezione civile locale, confermata dai dati forniti da Unicef. 
 
Valentina Cardia, missionaria della Comunità Papa Giovanni XXIII nel nord del Paese, risparmiato questa volta dall'incubo della distruzione, racconta com'è andata in casa: «Abbiamo sentito una grande scossa mentre stavamo per fare colazione; c'erano due bambini qui con me che dormivano, e all'inizio pensavo fossi io ad avere un giramento di testa: mi tremavano le gambe, vedevo tutto che si muoveva. Invece il nostro nipote più grande ha urlato: "Il terremoto, corriamo"! Ho preso le bimbe e siamo corsi tutti fuori; è durato tutto pochi secondi. È la prima volta che vivo una scossa così forte».
 
«Abbiamo aspettato un po', siamo rimasti seduti una mezz'oretta in giardino. La connessione internet per due ore e mezza non ha funzionato. Alla radio abbiamo saputo che nel Sud del Paese si era consumato un disastro. Ora siamo tutti in allerta continua».
 
«La situazione in questo momento nel Paese è veramente molto difficile, chiediamo veramente a tutti di pregare per Haiti.
Ringraziamo tutti quelli che ci sono vicini; subito dopo la scossa una cinquantina di persone si sono fatte vive per sapere come stavamo».

Ma non ci si può allontanare, per paura dei rapimenti

La situazione nel paese era già molto complicata. Il muro di mattoni in cemento che circonda la casa nei mesi precedenti era diventato invalicabile, la porta chiusa, il cancello sprangato, si guardava fuori con timore e sospetto.

Un bambino lancia un aereoplano di carta oltre il muro della missione
Haiti, sogni per il futuro nella missione della Comunità Papa Giovanni XXIII
Foto di Barbara Rigoli
Ines Meggiolaro, missionaria da poche settimane tornata in Italia, oggi ha 60 anni e nel 2015 aveva assistito alla nascita della missione della Comunità Papa Giovanni XXIII ad Haiti, dopo una presenza dei volontari fra le baraccopoli (primo fra tutti il compianto Andrea Volon) iniziata nel 2011. Così racconta cosa era stato costruito nel tempo: «Tra le famiglie che sostenevamo ce ne erano alcune che avevano figli disabili; una cosa bella era che le visitavo e le incoraggiavo; nel tempo era nata anche una collaborazione con altri volontari, religiosi e non, anche di altre nazionalità, sostenendoci a vicenda nella stessa vigna».

Bambino studia nel cortile della missione
Haiti, bambini costruiscono il proprio il futuro nella missione della Comunità Papa Giovanni XXIII
Foto di Barbara Rigoli
Ragazzi giocano con le corde su un albero
Haiti, giochi nella missione della Comunità Papa Giovanni XXIII
Foto di Barbara Rigoli
Merenda insieme ai bambini del quartiere
Haiti, merenda insieme ai bambini del quartiere nella missione della Comunità Papa Giovanni XXIII
Foto di Barbara Rigoli
Bambini lanciano aereplanini di carta con la missionaria Ines Meggiolaro
Haiti, si insegna a sognare, nella missione della Comunità Papa Giovanni XXIII
Foto di Barbara Rigoli
 
Oggi tutto questo è sospeso in un limbo. Le adozioni a distanza restano, e la missione continua a fornire l'acqua del pozzo a tutto il quartiere. Ma di visite alle famiglie nemmeno si può parlare; i doposcuola sono sospesi. Non ci sono più i bambini che di giorno rallegravano la casa con i loro giochi.
 
Adesso condividono la scelta missionaria Valentina Cardia e il marito haitiano Segulnord Jean, che abitano la casa insieme ai loro 3 figli di 1, 3 e 9 anni. Alla partenza dall'italia, 2 mesi fa, non immaginavano certo di stare per raggiungere Port-Au-Prince proprio durante «L'ennesimo dramma del Paese, per il quale vi chiediamo di pregare il Signore perché porti luce». Così l'ha definito sabato il presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII Giovanni Paolo Ramonda durante l'assemblea generale dell'associazione.

Ucciso Jovenel Moïse, il Presidente della Repubblica

«Quest'ultimo mese è stato veramente pesante — racconta al telefono Valentina — la morte del Presidente di Haiti Jovenel Moïse ci ha lasciati tutti scioccati; da 1 mese e mezzo viviamo chiusi in casa. Appena saputo dell'omicidio ci siamo confrontati con gli altri missionari presenti sull'isola; tutti ci hanno consigliato di non muoverci ed aspettare. Gli aeroporti erano stati chiusi, le strade erano deserte, poteva succedere di tutto. Solo mio marito ha continuato ad uscire di casa e solo per reperire beni di prima necessità».
 
Fumavano ancora i resti delle automobili bruciate lungo gli sbarramenti delle strade, che durante mesi di manifestazioni già avevano paralizzato il Paese.

Proteste ad Haiti: incendi e relitti sulle strade
Proteste ad Haiti, 2021: incendi e relitti sulle strade
Manifestanti regalano rose alla polizia
Proteste ad Haiti, 2021: manifestanti regalano rose alla polizia
Camion ribaltato in mezzo alla strada
Proteste ad Haiti, 2021: barricate
Proteste ad Haiti: relitti sulle strade
Manifestazioni ad Haiti, 2021: relitti sulle strade
 
Ad inizio giugno Barbara Rigoli, che ha vissuto la missione per alcuni mesi, raccontava a semprenews.it quanto stava succedendo: «Non c'è un'opposizione al Presidente in grado di organizzarsi; la vita di tutti, anche di chi protesta, è caratterizzata dall'incertezza, dalla precarietà, dal fatto che in molti non hanno possibilità di lavorare, di comprare il cibo, di mandare i figli a scuola. Nel quartiere le famiglie mangiano una volta al giorno se va bene».

Rapimenti ed estorsioni all'ordine del giorno

Alla famiglia di Valentina e Segulnord dal 2018 si sono aggiunti altri 3 ragazzini, di 8, 12 e 13 anni, loro nipoti. Vivevano in baraccopoli e li hanno raggiunti alla morte di entrambi i genitori.
 
«Non bruciano più solo alcune zone, ma l'intero Paese. Nelle scorse settimane proprio nel nostro quartiere è stato rapito un sacerdote haitiano. Ci sono gruppi armati ovunque che si sono sostituiti alle forze dell'ordine. Vittime dei rapimenti possono essere gli occidentali, come me, ma ora nessuno è al sicuro. Vengono rapiti anziani per avere pochi soldi, oppure vengono messi in scena rapimenti da parte di alcuni familiari per recuperare soldi da altri parenti lontani. La verità non è mai chiara. Il mandato che ci viene dato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII ora è uno solo: precauzione massima».

Ruspa allestita a carro armato
Proteste ad Haiti, 2021: mezzo per sfondamento realizzato con materiali di fortuna

 
Racconta Ines: «È stata rapita una signora che vendeva arachidi per strada. Non aveva nulla, ma forse dei parenti all'estero oppure qualche familiare che per pagare il riscatto avrebbe acceso un mutuo che non estinguerà mai più. Molte persone rapite vengono ammazzate: di loro non si sa più nulla. Chi ha delle armi, o anche solo un machete, può diventare capo di una gang armata e uscire dalla miseria in questo modo».

Chi ha ammazzato il Presidente Moïse

Il capo della sicurezza del Presidente Jean Laguel Civil è stato arrestato lunedì con l'accusa di essere coinvolto nel complotto per l'uccisione del Presidente. Nei giorni precedenti sono state arrestate — riporta la stampa — altre 17 persone; 4 dei componenti del commando sarebbero stati uccisi. Il mandante dell'omicidio del Presidente sarebbe stato Christian Emmanuel Sanon, un medico haitiano con ambizioni politiche, tornato a Port-au-Prince a giugno dagli Stati Uniti.

Cosa accadrà ora ad Haiti

Valentina: «Ora c'è una calma apparente che fa quasi paura; dopo l'omicidio la gente ha cominciato a scendere in piazza chiedendo giustizia per il Presidente; eppure erano le stesse persone che prima protestavano per chiederne la destituzione. Non si capisce chi li stia manovrando».

Ben tre ex membri dell'esecutivo si sono dichiarati legittimi successori del Presidente. A meno di colpi di scena la nuova presidenza è stata affidata a Ariel Henry, che era stato nominato primo ministro il 5 luglio dallo stesso Moïse.

Come si vive barricati in casa

Ma la vita in casa non si ferma. La vicina di casa continua a guadagnarsi qualcosa lavando il bucato.

«Tornati qui, per noi aver ritrovato i nipoti è stato importante — continua Valentina —; li avevamo affidati ad una nonna cui pagavamo un albergo. Adesso facciamo famiglia, ed è la cosa più bella: stiamo costruendo le nostre basi di vita familiare per continuare a vivere fra gli ultimi con lo stile immaginato da Don Benzi».
 
Valentina nel cortile della missione parla con i bambini, altri giocano a calcio
Valentina Cardia con i bambini nel cortile della casa, all'interno della missione della Comunità Papa Giovanni XXIII ad Haiti

 
I bambini, da parte loro, vivono il momento con la serenità dei poveri: «Qui tutti sono abituati a vivere costantemente fra le bande armate, spari, visione della violenza senza censure. Anche il fatto di vivere chiusi in casa per un mese per loro altro non è che la normalità».
 
Secondo Unicef sono 1,5 milioni i bambini nel Paese che hanno bisogno di assistenza urgente e quella in corso costituisce la peggiore crisi umanitaria degli ultimi tempi. Già nel 2004 Haiti fu spazzata  dall’uragano Jeanne; nel 2010 visse  uno dei terremoti più distruttivi di sempre, che uccise  200 mila persone; nel 2016 arrivò l'uragano Matthew.

Covid-19: l'emergenza nell'emergenza

E dall'anno scorso al dramma si aggiunge l'emergenza sanitaria dovuta alla pandemia del Covid-19. I principali ospedali che se ne occupano sono saturi — concordano molte fonti — e non hanno abbastanza ossigeno per curare tutti i pazienti.
 
Gli haitiani ricorrono a soluzioni che di medico hanno poco. Racconta Ines: «Molte persone non usano le mascherine perché non credono che servano; ritengono il Covid-19 una maledizione da cui liberarsi compiendo riti. Oppure pensano che noi bianchi occidentali siamo gli untori. Dicono che le iniezioni moltiplicano il virus, dunque qui convincere le persone a vaccinarsi, se pure le dosi di vaccino ci fossero, sarebbe quasi impossibile».

8 anni di missione

la missionaria Ines Meggiolaro della Comunità Papa Giovanni XXIII
La missionaria Ines Meggiolaro della Comunità Papa Giovanni XXIII
Ines è ritornata per un anno in Italia, poi si vedrà. Una vita spesa per la missione. Un ricordo: «Grazie al pozzo costruito da Caritas potevamo dare acqua potabile a persone che avrebbero dovuto fare chilometri per averla; poi dall'inizio dell'emergenza Covid-19 abbiamo cominciato a distribuire cibo a quelli che non potevano guadagnare più nulla».
 
«Haiti ti affascina, anche se bisogna scoprirlo; ti interroga molto. Qui ci sono degli adolescenti che hanno dei sogni, come quello di avere la corrente elettrica per caricare un telefonino o guardare la televisione. Insegnavamo loro a comporre un puzzle, o a usare le forbici, cose che non avevano mai potuto avere. I ragazzini che venivano da noi si sentivano protetti, in fuga dalle punizioni corporali inflitte sia dai genitori che dagli insegnanti.  E vedevamo i giovani brillare di fantasia; la scoprivamo nei loro tagli di capelli, o nelle loro espressioni di vita in strada».
 
«Alcuni di loro ad un certo punto non li vedavamo più: erano andati dai parenti di città, convinti da chissà quale illusione. E allora sapevamo che non sarebbero più andati a scuola, ma che sarebbero diventati improvvisamente adulti».
 
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