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30 Ottobre 2019

La notte di don Oreste

Appuntamento notturno tra il 31 ottobre e il 1 novembre, festa di tutti i santi, per rilanciare la proposta rivoluzionaria di Don Oreste Benzi nei confronti dei giovani
La notte di don Oreste
Foto di Riccardo Ghinelli
Tre giovani che non hanno conosciuto personalmente don Oreste Benzi raccontano perché, sul suo esempio, stanno spendendo la loro vita tra i poveri.
Arianna ha 23 anni. Da 2 anni è volontaria di Operazione Colomba, il Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII. «La prima volta che sono partita, 2 anni fa, l'ho fatto dopo aver ascoltato la testimonianza di un'amica che era appena tornata dal Libano, dove i volontari di Operazione Colomba vivono in un campo rifugiati insieme ai profughi della guerra siriana - racconta -. Nel tempo, le motivazioni che mi hanno legata a questo progetto sono cambiate, si sono approfondite, sono diventate più sincere e personali. Ma posso identificare con chiarezza il filo conduttore di questi 2 anni con la Colomba: la voglia e il desiderio di sentirmi vicina a qualcosa di lontano come la guerra, e più in particolare, alle sue vittime. Molti mi hanno chiesto e continueranno a chiedere che bisogno c'era di andare così lontano. Rispondo sempre che il Libano così lontano non è (siamo anche uniti dallo stesso mare) e aggiungo, citando le parole di don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, che ''ci sono poveri che non verranno mai a cercarci, quelli li dobbiamo cercare noi''».
 
Alice di anni ne ha 25. Lei la Comunità Giovanni XXIII l’ha conosciuta attraverso il servizio civile volontario, svolto a Casa Karibu, una casa di accoglienza per minori stranieri non accompagnati. Conclusa l’esperienza di servizio civile, ha deciso di restare a vivere a Casa Karibu: «Avevo spesso “sfiorato” la Papa Giovanni attraverso gli incroci che negli anni si sono creati con la mia comunità, quella degli scout, ma non l’avevo mai vissuta in prima persona. Quando l’ho conosciuta, ho deciso di rimanerci».
Perché questa scelta? «È una realtà fatta di persone pronte a mettersi al servizio del prossimo, a donare non solo il proprio tempo e le proprie competenze ma la propria vita, in situazioni di condivisione profonda con chi è o è stato più sfortunato. In piccola parte sto provando a contribuire anch'io vivendo a Casa Karibu: tra una cena preparata insieme ai ragazzi accolti e una partita alla play (con degli adolescenti maschi non puoi non imparare a giocare!) è possibile conoscere chi si ha davanti e cercare di costruire insieme un posto da chiamare casa».
 
Anche Maria ha 23 anni. Vive alla Capanna di Betlemme, struttura di pronta accoglienza per senza fissa dimora della Comunità. «Ho scelto di vivere qui perché trovo la possibilità di cercare e creare un senso alla quotidianità che mi circonda. Potreste avere chiara l'immagine di un qualsiasi barbone seduto ad elemosinare o che cammina lentamente per strada fermandovi per chiedere qualche spicciolo per mangiare… qui invece sono io, che porgendo la mano elemosino e chiedo quell'affetto, quella relazione di senso profondo, di cui come tutti i giovani ho bisogno per dare valore e valori alla vita! Davvero, come diceva don Oreste, “non c’è chi salva e chi viene salvato, ma ci si salva insieme“».

«Se ai giovani chiedi poco ti danno poco, se chiedi tanto ti danno tutto»

Tre ragazze giovanissime, tre belle storie di vita piena, straordinarie nella loro normalità.
Don Oreste Benzi non hanno fatto in tempo a “viverlo” direttamente, ma oggi ne hanno colto la profezia, in quell’incontro con un Gesù simpatico che lui proponeva ai giovani per superare la noia e il vuoto di senso di una vita schiava delle illusioni. 
Il testamento spirituale di don Oreste, che possiamo cogliere completamente nel suo ultimo intervento pubblico, alla settimana sociale dei cattolici di Pisa del 2007 (pochi giorni prima di morire) è tutto per i giovani. «Ribellatevi! – li richiamava con forza – Non potete fare la pace con il male!».
Don Oreste non sopportava ipocrisie e mezze misure, aveva capito che neanche i giovani le sopportavano, e che avevano bisogno di qualcosa di forte, di azione. Era finito il tempo dell'ideologia, ma era tempo di agire, alla luce del Vangelo e della nonviolenza.
«Se ai giovani chiedi poco ti danno poco, se chiedi tanto ti danno tutto»: e lui lottava per dare ai giovani alternative alla noia e al vuoto di senso, per mostrargli “mondi vitali nuovi”, che li aiutassero a diventare «come un rullo compressore vivente che non lascia tranquillo nessuno».
«Non scendete a compromesso – li esortava -. Riappropriatevi della gestione della società. Siete stati sradicati dalle vostre origini, vi è stato tolto il futuro dalle mani, siete costretti a consumare emozioni. Per il sistema è meglio che siate drogati!». 
Per e con loro “il don” ha portato avanti le sue battaglie infaticabilmente, sempre nella convinzione che «il cuore dei giovani batte per Cristo. Però ci vuole chi senta quel battito, chi li organizzi e li porti avanti in una maniera meravigliosa».
 
Il 31 ottobre a Rimini “La notte di don Oreste” www.donoreste.it