Agenzie internazionali ed inchieste giornalistiche hanno documentato le gravi violazioni dei diritti umani di cui la Guardia Costiera Libica è complice. Anche il Tavolo Asilo prende posizione.
Il sostegno fornito alla Guardia Costiera libica fa sì che
il Governo italiano per lo più non intervenga nei soccorsi in mare dei migranti, in violazione di precisi obblighi giuridici. Lo scrive il Tavolo Asilo Nazionale, che raccoglie la voce delle maggiori organizzazioni del terzo settore italiane, riunito oggi a Roma. È unanime la richiesta di rivedere gli accordi con la Libia entro la scadenza improrogabile del 2 novembre.
Il sogno infranto racchiuso negli accordi con la Libia
Siamo a due anni dalla firma del Memorandum d’intesa sottoscritto dall’allora Ministro dell’Interno Minniti tra Italia e Libia il 2 febbraio 2017, che
si proponeva di arginare le partenze di migranti e rifugiati verso l’Europa. Il piano Minniti era pensato e articolato in fasi successive che prevedevano l’intervento delle Nazioni Unite in Libia. L'idea era quella di svuotare i campi di accoglienza dei migranti, per far rientrare tutti i migranti sotto i meccanismo di protezione internazionale.
Questo piano tuttavia si è rivelato tragicamente irrealizzabile, e si è fermato alla prima fase, quella del blocco delle partenze dei barconi, perché il governo di Tripoli sponsorizzato dalle Nazioni Unite non ha mai raggiunto il livello di stabilità necessario a continuare.
I respingimenti in Libia tradiscono il rispetto dei diritti umani
Le persone evacuate in modo sicuro — che non hanno rischiato la morte sui barconi — dalla Libia da fine 2017 sono
2879, mentre il totale delle persone che sono state reinsediate dalla Libia e dal Niger sono
1691. Sono
numeri molto lontani dagli obiettivi minimi che l’UNHCR si era proposta nel 2018 (si sperava di poter raggiungere fra le 5.000 e le 10.000 persone); l'Organizzazione per i rifugiati pensava di poter contare sul supporto dei paesi europei. Al 14 gennaio 2019 sono 12 gli stati alcuni non europei, che hanno messo a disposizione un totale di 5.456 posti di reinsediamento per la situazione
Libia-Niger.
Con la progressiva
criminalizzazione delle ONG che operano i salvataggi in mare e la politica dei porti chiusi del Governo giallo-verde l’approccio ha assunto effetti disastrosi sul t
asso di mortalità in mare e sulla tutela dei diritti umani delle persone in fuga verso l’Italia e l’Europa.
Gli accordi con la Libia si sono infatti rivelati uno strumento di collaborazione con la Guardia costiera libica, i cui membri sono
accusati dalle agenzie Onu (vedi anche questo
documento) di avere un ruolo diretto nei traffici di esseri umani e nella detenzione in condizioni disumane dei migranti rinchiusi nei centri libici. Si sono rivelati ben lontani dall'essere strumenti di tutela dei diritti umani e di soccorso.
Il Governo Italiano deve attivarsi entro il 2 novembre
La Libia non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra. Nel Paese è in atto una guerra civile tra il Governo Serraj, riconosciuto ma poi abbandonato dalla comunità internazionale, e le truppe del generale Haftar in un caos di crescente pericolosissima instabilità.
Il Memorandum “scade” il prossimo febbraio, ma all’articolo 8 recita: “Il memorandum ha validità triennale e sarà tacitamente rinnovato alla scadenza per un periodo equivalente, salvo notifica per iscritto di una delle due parti contraenti, almeno tre mesi prima della scadenza del periodo di validità”. Ecco perchè per recedere dall'accordo o per modificarlo
il Governo italiano si deve muovere entro il 2 novembre.
A fronte di una
palese ed orrenda violazione dei diritti umani ormai ampiamente documentata ed evidente da tempo, si dovrebbe imporre una cancellazione immediata degli accordi con il governo Serraj. Sarebbe un gravissimo vulnus allo stato di diritto e alla tutela dei diritti umani se (alla luce degli innumerevoli rapporti internazionali e testimonianze dirette), l’Italia e l’Europa continuassero a perseverare in politiche migratorie che possono costituire crimini contro l’umanità.