Ispirandosi san Francesco, il papa offre una serie di riflessioni ma anche di suggerimenti pratici. Una fraternità che si allarga dalla politica all'economia, e tocca anche la proprietà privata.
Ancora una volta Papa Francesco con la nuova Enciclica
Fratelli tutti, ci stupisce partendo da lontano, da una lettura universale, globale, che ci vede tutti fratelli, figli di uno stesso Padre.
Molte volte il nostro mondo chiuso, il nostro particolare, il nostro mondo esclusivo in cui cerchiamo di fare posto ai nostri privilegiati, fa svanire il sogno del Creatore, di un progetto di bene per tutti.
La funzione sociale della proprietà privata
Questa Enciclica
Fratelli tutti, evidenziando come ci siano ancora molti scarti a causa di conflitti, grida al mondo la necessità di garantire pienamente i diritti umani dal concepimento al tramonto dell’esistenza.
I diversi, gli estranei, i forestieri, sono parte di noi. La nostra scelta, opzione fondamentale, deve essere la condivisione con i poveri, una vita essenziale che condivide anche i beni.
Papa Bergoglio evidenzia come sia importante la
funzione sociale della proprietà e invita ad avere un cuore aperto al mondo intero, con una gratuità che accoglie.
Tutti fratelli, perché ognuno ha dei doni da mettere a servizio degli altri per il bene comune.
Il Papa che viene da lontano sa come il potere internazionale molte volte generi guerre a causa dell’accaparramento delle risorse. È qui che invoca la necessità di una buona politica, di un’etica che sappia costruire insieme, che generi una nuova cultura per nuovi incontri sempre arricchenti, fraterni e giusti.
Invita anche tutti gli uomini e donne di buona volontà, gli appartenenti alle varie religioni, a ripartire dagli ultimi per diventare
artigiani della pace, capaci di perdono e riconciliazione.
L’identità cristiana è proprio questo amare il prossimo come immagine di Dio, amare i nemici, accogliere gli emarginati.
Niente guerra dialettica che impone dottrine
Il tutto nel nome di San Francesco che dappertutto seminò pace e camminò accanto agli abbandonati, ai malati, agli scartati.
Pap Francesco si sofferma su come San Francesco andò ad incontrare il Sultano Malik-al-Kamil in Egitto «col medesimo atteggiamento che esigeva dai suoi discepoli: che, senza negare la propria identità, trovandosi "tra i saraceni o altri infedeli, non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio". In quel contesto era una richiesta straordinaria. Ci colpisce come ottocento anni fa, Francesco raccomandasse di evitare ogni forma di aggressione o contesa e anche di vivere un’umile e fraterna “sottomissione”, pure nei confronti di coloro che non condividevano la loro fede. Egli non faceva la guerra dialettica imponendo dottrine, ma comunicava l’amore di Dio. Aveva compreso che "Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui" (1 Gv 4,16).»