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30 Maggio 2019

«Papa Francesco, in Romania serve gratuità e speranza»

Dal 31 maggio al 2 giugno il viaggio apostolico del Santo Padre in Romania
«Papa Francesco, in Romania serve gratuità e speranza»
Ad aspettarlo a Bucarest ci saranno anche missionari speciali, redenti da un cammino di dipendenza e disagio. Ecco le testimonianze.
Essere Chiesa Cattolica, minoranza, in Romania non è facile. Significa nuotare in un lago in cui 19 pesci su 20 hanno un colore diverso dal proprio, e per quanto si sia fratelli e sorelle in Cristo (la Chiesa Ortodossa propone nel paese l’esperienza di fede più diffusa, 86,8% dei fedeli nel 2002), significa attraversare città per celebrare un’Eucarestia, per lo più in lingua rumena. Significa scoprire una ritualità diversa dalla propria, «A volte ostentata ma fredda, dove manca un Pastore che si prenda cura delle proprie pecore», come la dipingeva il missionario Santo Strano sul mensile Sempre nel luglio 2016. E significa una scoperta: la gratuità del donarsi non è per tutti, «Qui vivere la gratuità fa sempre la differenza», spiega oggi il missionario don Federico Pedrana, proveniente dalla diocesi di Como.
 
Nel 2001 una giovane Jessica Sanna aveva preso l’abitudine di frequentare la capitale Bucarest con i volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII: la bellezza di due, tre o anche quatro volte all’anno raggiungevano le periferie della città per incontrare i poveri della città. I ragazzi entravano negli orfanotrofi per incontrare i bimbi soli; organizzarono anche dei percorsi di formazione per gli educatori rumeni, cercando di aiutarli nel rispondere ai bisogni di bimbi rimasti senza mamma nè papà. Negli istituti romeni, spesso fatiscenti, all’epoca era normale legare i bimbi al letto perché non scappassero; Jessica ha continuato ad esportare lì i suoi sorrisi fino al rientro in Italia definitivo del 2007. 
 
Jessica aveva raccolto, inconsapevolmente, il testimone di Andrea Volon, storico missionario della Comunità Papa Giovanni XXIII che aveva fatto della condivisone con gli ultimi nella povertà estrema una scelta di vita, e che aveva fondato la prima casa famiglia a Bucarest, la Padre Nostro (Tatal nostru). Anche lui aveva iniziato la sua esperienza nel paese incontrando, qualche anno prima, i bambini di strada.
 
Poi negli anni, dopo le prime esperienze di frontiera giovanili, la presenza nel paese dei figli spirituali di don Benzi si è consolidata. Sono state aperte alcune case famiglia: nelle cittadine di Mătăsari (dove c’era la casa di Simone Sarti) e a Bucarest, in zona Câlnic (dove dopo Andrea Volon era andata a vivere la genovese Simonetta Imberti). A Bucarest era stata aperta una casa famiglia solo maschile, di pronta accoglienza, che ospitava ragazzi di strada. 
 
Nel 2007 Andrea Volon è ritornato in Romania accompagnato per la prima volta da don Federico Pedrana, che da quell’anno ha iniziato a condidere esperienze in Romania con le persone che sono inserite nei percorsi terapeutici conto le dipendenze della Comunità Papa Giovanni XXIII, e che si rivelerà più avanti uno dei cardini del progetto.

Sentirsi fortemente Chiesa Cattolica in un paese ortodosso

La vita in missione restava difficile. «La prima difficoltà che si vive in missione è la solitudine», e forse questa si univa in quegli anni ad un calo delle vocazioni alle partenze missionarie. Non sono vicende semplici quelle che ricorda Simonetta Imberti, che attorno al 2010 si è trasferita a Bucarest caricandosi sulle spalle le vite di ragazzi usciti dagli orfanotrofi. 
 
Simonetta, oggi insegnante, parla di una Chiesa Cattolica molto frammentata ma anche molto viva in Romania, capace di creare rete fra movimenti diversi e di sostenere i missionari nei momenti di difficoltà: « Abbiamo avuto anni difficili sia dal punto di vista economico che di relazioni, che di gestione di casa; quello che c’era c’era e  quello che non c’era non c’era: rimanevamo senza acqua, senza luce, senza gas, in condizioni abbastanza estreme. La semplicità di vita e le condizioni molto precarie mi facevano sentire maggiormente la vicinanza del Signore. L’unico aiuto che avevo veniva dai miei fratelli nella Vocazione, che continuavo a sentire anche a distanza; oppure dalle altre realtà cattoliche del territorio». 
 
In collaborazione con un’associazione locale, legata all'italiana Comunione e Liberazione di don Giussani, e restando sempre al fianco delle Missionarie della Carità di Madre Teresa, Simonetta accoglieva persone sieropositive. Spesso sola ma sostenuta da volontari e dai fratelli della sua Comunit che venivano per periodi di uno o due mesi dall’Italia. 
 
Santo Strano in Italia ha lavorato come banchiere, e ha anche vissuto un periodo di vita in carcere. Si è trasferito nel 2012 in Romania rapito dalle testimonianze dei volontari di ritorno, e lì ha vissuto dal 2012 la sua redenzione. In una decina d’anni di missione si è scontrato più volte con il dramma della corruzione: «Quando non riuscivamo a pagare ci mettevamo seduti negli uffici pubblici rumeni e stavamo ad aspettare per ore per ottenere un certificato o per vedere riconosciuto un altro diritto dei figli che accoglievamo», ricorda. Nel 2016 ha sposato la rumena Elena Gabriela: «Ero ortodossa ma fu l’incontro con la modalità di vita di Santo a cambiarmi mi cambiò: diventai cattolica ed iniziai il periodo di verifica vocazionale nella Papa Giovanni XXIII», ha raccontato lei al mensile Sempre della Comunità nel 2016.
 
missionari visitano le famiglie nelle baracche
Ogni anno decine di volontari incontrano i bambini e le famiglie più povere di Bucarest
 
La cosa che ha sconvolto di più le persone incontrate da Santo in Romania è stata la gratuità di un cristianesimo vissuto fra gli ultimi: «Accogliamo persone sfiduciate; per loro è difficile credere che ci sia qualcuno che si prenda a cuore le loro vicende gratuitamente. Noi non abbiamo un orario di lavoro, non facciamo quello che facciamo per uno stipendio», scriveva.

Guariti dalle dipendenze per aiutare i bimbi rumeni vittime delle droghe

Ad inizio luglio 2017 don Federico ha inaugurato una fase nuova per l’esperienza delle realtà cattoliche Apg23 in Romania: «Nella casa hanno iniziato a fare esperienza di vicinanza ai poveri le persone che in Italia sono inserite nell’ultima fase del percorso terapeutico contro le dipendenze» spiega. Poveri che aiutano altri poveri, forse è una chiave di riscoperta della fede nella contemporaneità. «Con loro andiamo a fare volontariato sulla strada al fianco deile persone senza fissa dimora e di quei ragazzi che anche d’inverno vivono nei tombini di Bucarest. Continuiamo ad andare negli orfanotrofi per stare con i bambini, e incontriamo gli adulti con disabilità. Frequenteremo i quartieri dove c’è maggior degrado; incontriamo le famiglie dei popoli Rom».
 
Don Federico ha raccontato a Radio Vaticana (dal minuto 17) la quotidianità nella casa: «Abbiamo la forza dell’essere un gruppo e una famiglia. Proprio l’essere famiglia ci aiuta ad essere sulla strada tre notti alla settimana. Il centro è sempre la preghiera e l’incontro con Cristo, solo lui ci può liberare», sulle orme di Papa Francesco: «Facciamo quello che il Santo Padre ci ha indicato, quando dice ai cristiani “abitate le periferie, superate la tentazione della chiusura”».

Il viaggio di Papa Francesco in Romania

Papa Francesco si è recato in Romania  dal 31 maggio al 2 giugno ad inizio di giurno 2019. Simonetta Imberti gli affida nella preghiera i pressanti bisogni dell’umanità rumena: «Incontriamo i poveri persi in un vuoto esistenziale che, pur nella ritualità della fede cristiana, mancano di ciò che è famiglia; manca l'idea stessa di gratuità. Chiederei al Papa di portare un richiamo alla gratuità nell’aiuto all’altro, come abbiamo cercato di fare noi missionari con la nostra testimonianza in tutti questi anni».
 

 
Anche don Pedrana a Bucarest è andato ad ascoltare il Santo Padre: «C’è molta attesa per quanto riguarda il dialogo fra cattolici e ortodossi, perché ci sono punti in sospeso. Ma molto bello è stato soprattutto il saluto che ha fatto il Papa da Roma prima della partenza: “vengo da voi come fratello e pellegrino”. Papa Francesco sa mettersi sulle strade dell’umanità ferita e sofferente del popolo rumeno. Le persone in Romania stanno ancora cercando di risollevarsi dal buio del comunismo, e vivono oggi la diaspora dei lavoratori all’estero. Affidiamo al viaggio papale il nostro desiderio di portare speranza al popolo rumeno, e agli ultimi».