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3 Maggio 2019

Decreto sicurezza: disabile deve lavorare o viene espulsa

La storia di Maria, salvata dall’intervento di una cooperativa sociale. Ma per altri come lei, con il Decreto Sicurezza si prospetta una condizione di irregolarità che andrà a colpire proprio le persone più fragili.
Decreto sicurezza: disabile deve lavorare o viene espulsa
Foto di Antonioguillem - stock.adobe.com
Alla base della sua fragilità emotiva una storia di tratta e sfruttamento
l 18 aprile 1999 l’ombra infreddolita di una donna sola pregava nel buio che quel sacerdote, di cui le avevano parlato, la potesse liberare. Aveva appena passato la notte all’addiaccio, sulle scale della chiesa parrocchiale della Resurrezione a Rimini, già stremata da un lungo viaggio in treno. Don Oreste Benzi la trovò rannicchiata lì all'alba, «Sono incinta», gli avrebbe confidato poco dopo, appena trovato un po’ di conforto.

La donna, albanese, era arrivata dalla Liguria dove era stata costretta alla prostituzione di strada. Alle 7 di mattina, in una casa famiglia di una città Toscana giunge una telefonata: «Ciao, sono don Oreste, come stai? Guarda, ho pensato a te perché hai la forza di accogliere una mamma sola e il bimbo che ha nel grembo», era una supplica a cui non si poteva dire di no. E così poche ore dopo nel comune toscano arriva la donna albanese incinta. Diamole un nome nuovo per tutelarla, Maria. Nessuno avrebbe potuto immaginare il vissuto della donna, che solo dopo anni ha avuto il coraggio di denunciare il racket, e quale era la sua vera fragilità. «Dopo qualche mese è arrivato qualche segnale, come una stanchezza forte – ricorda Norina ­–, i medici ci avvertirono che era sulla porta per la schizofrenia, e che la stava attraversando».

Il foglio di via previsto dal decreto sicurezza

A 2 mesi dall’arrivo ci fu il primo ricovero in una casa di cura; dopo 3 mesi arrivò la seconda crisi, molto forte. Da allora ripetute crisi psichiatriche accompagnano Maria, e la rendono invalida al lavoro, riconosciuta dall’Inps, al 100%. Le speranze di una vita normale per Maria si sono però scontrate con l’approvazione a fine 2018 del Decreto Sicurezza. Maria era potuta rimanere in Italia grazie al permesso di soggiorno rilasciato dal questore per motivi umanitari (articolo 5 d.ls 286/98), vista la gravità della sua situazione.

L’entrata in vigore del Decreto Sicurezza ha abolito l’articolo 5, e altri a cascata, azzerando di fatto le possibilità di rinnovo del permesso di soggiorno di Maria; per lei l’unica speranza per non precipitare nell’abisso della depressione sarebbe stata quella di chiedere la conversione del suo permesso umanitario in un permesso per motivi di lavoro.

Maria da 12 anni vive in una famiglia di una città della Lombardia, come se fosse una figlia. Le persone che l’hanno accolta hanno voluto tentare ogni strada per lei: «Come potevamo accettare un respingimento in quelle condizioni? Abbiamo chiesto aiuto ad una cooperativa sociale, che già Maria aveva frequentato grazie a delle borse lavoro».

Dopo un po’ di riflessione la presidente della cooperativa ha firmato l’assunzione: «Avevamo avuto modo di conoscerla bene, e sapevamo quanto fosse importante per la sua salute mantenere i legami con il suo territorio. L’abbiamo assunta part time a tempo indeterminato, così potrà restare in Italia e continuare le cure». Ma per altri che vivono una situazione simile a Maria, cosa accadrà?