Gli accordi di Dayton fermarono i combattimenti nella ex Jugoslavia ma legittimarono la divisione etnica e il fallimento delle Nazioni Unite. Oggi, mentre i Balcani restano divisi, l'Occidente rischia di ripetere in Ucraina gli stessi errori di una diplomazia senza giustizia.
Il 14 dicembre del 1995 a Parigi, Slobodan Milošević, Alija Izetbegović e Franjo Tuđman sono seduti ad un tavolo: firmano finalmente gli accordi di Dayton, (il nome è quello del luogo dove si sono tenuti i colloqui di pace, una base americana in Ohio,
ndr). Ricordo Alija Izetbegović con uno sguardo un po’ tirato, più rilassati invece gli altri due.
I retroscena e le assenze
Oggi sappiamo, con il senno della storia, che
Tuđman e
Milošević,
i principali artefici del conflitto nell’ex Jugoslavia, anni prima avevano già stretto un accordo per spartirsi la Bosnia-Erzegovina, a scapito dei bosniaco-musulmani.
Nelle trattative e alla firma dell’accordo non compaiono i serbo-bosniaci, che delegano a Milošević il potere di porre fine alla guerra. Del resto, già nel ’95 i principali esponenti della Repubblica Srpska di Bosnia, il presidente Radovan Karadzic e il generale Ratko Mladić, erano ormai figure impresentabili agli occhi dell’opinione pubblica.

Croazia 1995
Foto di Archivio Operazione Colomba

Croazia 1996
Foto di Archivio Operazione Colomba

Kraijna Croazia 1994
Foto di Archivio Operazione Colomba
L'ombra di Srebrenica
È importante ricordare che gli accordi e la “Pace” arrivano dopo un’estate, quella del 1995, che consegna alla storia l’orrore del genocidio di Srebranica e l’esodo di più di 250.000 serbi dalla Croazia.
E così Milošević si trasforma nell'uomo della pace, una mossa che lo aiuterà a rimanere al potere fino al vero e proprio epilogo delle guerre yugoslave con i bombardamenti sulla Serbia nel ‘99.
Le riflessioni trent'anni dopo
A 30 anni da quella firma sono tante le riflessioni che mi vengono da persona che in gioventù ha dedicato molto tempo a condividere la vita con le vittime di questo conflitto.
Sono riflessioni amare perché - specialmente sulla Bosnia - questi accordi hanno
stigmatizzato di fatto le conquiste fatte sul terreno. Sembra quasi che la scomparsa delle enclavi bosniaco-musulmane di Sebrenica e Dzepa, nella parte che poi è diventata Repubblica Serbska, siano state funzionali al “processo di pace”.
Il fallimento delle Nazioni Unite
Questo perché
sono accordi brutali che tuttora segnano una non guerra più che una pace, e siglano il fallimento delle Nazioni Unite.
Hanno avuto certamente il merito di sospendere i combattimenti, ma non hanno appianato divergenze e divisioni, e alcune questioni rimangono irrisolte.
Dopo 30 anni è necessario riflettere sulla necessità di una pace che possa creare i presupposti di libertà, benessere e convivenza pacifica. Le diverse etnie rimangono invece separate tra loro, con una complessa divisione territoriale. Molte questioni di fondo legate al conflitto, come il ritorno dei profughi, non sono state mai affrontate.
Si dice che le Nazioni Unite siano morte nei Balcani forse anche con quegli accordi e l’incapacità di difendere le persone.

Kossovo 1999. Militari nato in Kossovo
Foto di Archivio Operazione Colomba

Kossovo 1999. Militari nato in Kossovo
Foto di Archivio Operazione Colomba

Kossovo 1999. Ponte danneggiato dai bombardamenti
Foto di Archivio Operazione Colomba
Un Paese diviso
Una pace amara, dunque, perché sigla la separazione etnica di questo Paese tenuto insieme con formule complesse e bizantine, con una presidenza a turno, con i cantoni con la federazione croato-musulmana. Un’architettura statale che però ha superato i 30 anni di vita in questa forma. Sicuramente è un Paese dove ancora sono tante le divisioni, si avverte che c'è ancora una grossa separazione fra le persone e fra le memorie degli anni novanta.
Ciclicamente sono forti le spinte separatiste da parte serba, quello che fa riflettere è guardare un po' all'oggi e vedere che la modalità è sempre la stessa.
L'analogia con l'Ucraina
Gli accordi che si stanno discutendo o si discuteranno per la pace in Ucraina parlano di cessione dei territori, di divisione, di realtà etniche. Proprio come Dayton.
Provo un profondo rammarico, perché purtroppo
sono i signori della guerra, spesso veri e propri criminali, a siglare gli accordi. Sono quindi gli uomini della violenza a firmare la pace.
Milošević è morto durante il processo che con ogni probabilità lo avrebbe condannato,
Tuđman è morto mentre era sotto indagine e pare che anche Alija Izetbegović sia stato indagato dal tribunale prima della sua morte.
Un futuro non ancora scritto
Guardare questi accordi trent’anni dopo, alla luce della realtà odierna, un mondo in cui Europa e Nazioni Unite risultano sostanzialmente sconfitte e contano pochissimo, in cui la diplomazia è diventata ancora più prepotente e gli accordi si basano sempre più su spartizioni e divisioni, offre una prospettiva non ottimista.
Un
anniversario amaro che speriamo passi in fretta, ma, come trent’anni fa, quando muovevo i primi passi in Ex Jugoslavia con Operazione Colomba, mi piace ancora sognare e sperare che i miei presagi negativi siano smentiti, presentandoci un futuro nuovo per la Bosnia, per l'ex Jugoslavia forse all'interno di un’Unione europea diversa da quella di oggi, dove le relazioni di un tempo si possano riallacciare. Allo stesso modo speriamo che anche per l’Ucraina, la Russia il futuro non sia già scritto.