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18 Giugno 2025
Ultima modifica: 18 Giugno 2025 ore 23:36

Don Oreste Benzi «ambasciatore di solidarietà e accoglienza»

Ministro Tajani: due progetti della Cooperazione allo sviluppo porteranno il nome di don Oreste Benzi
Don Oreste Benzi «ambasciatore di solidarietà e accoglienza»
Foto di Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale
Un evento organizzato dal Ministero egli Esteri e della Cooperazione internazionale ha celebrato ieri a Roma la figura di don Oreste Benzi e la sua opera. Presenti i ministri Tajani e Roccella, il segretario di Stato Vaticano Parolin, 48 ambasciatori, il presidente apg23 Fadda e missionari da tutto il mondo.

Nel nome di don Oreste Benzi, sacerdote di cui ricorre quest’anno il Centenario della nascita, il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale ha riunito ieri mattina a Roma, Villa Madama, esponenti di spicco delle istituzioni: il Ministro Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Esteri e 48 ambasciatori, oltre alla Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella; della Chiesa Cattolica: il segretario di Stato Vaticano  Piero Parolin; della Comunità Papa Giovanni XXIII: il responsabile generale Matteo Fadda e numerosi missionari in rappresentanza dei 42 Paesi del mondo in cui la Comunità fondata da don Benzi opera.



Don Oreste Benzi: costruttore di ponti per la giustizia globale e la solidarietà” il titolo dell’evento, programmato da tempo, giunto in un momento drammatico nelle relazioni internazionali, per cui il tema della pace è stato un filo conduttore della maggior parte degli interventi, con la conduzione di Antonio Preziosi, direttore del TG2, che nel saluto introduttivo ha definito don Benzi «ambasciatore della solidarietà e dell’accoglienza in tutto il mondo».
 

Tajani: «Grazie per il vostro coraggio»

Antonio Tajani, nell’intervento di apertura, ha sottolineato il crescente impegno internazionale della Comunità Papa Giovanni XXIII. Per questo, ha spiegato, «due anni fa ho deciso di includerla nel Consiglio Nazionale di Cooperazione allo sviluppo». L’associazione di don Benzi, ha aggiunto, «collabora attivamente con il Ministero degli Esteri in questo momento delicatissimo in Medio Oriente, e grazie anche alla Comunità abbiamo avuto la possibilità di accogliere in Italia bambini palestinesi, e siamo attualmente il Paese occidentale che ha accolto il maggior numero di palestinesi fuoriusciti da Gaza».
Il Ministro ha quindi ringraziato i missionari della Comunità per il loro impegno nel mondo, ma ha evidenziato anche l’attività dell’associazione in Italia, in particolare nell’impegno per liberare le vittime dello sfruttamento della prostituzione, perché «non è facile andare a recuperare di notte queste ragazze, che magari faticano a parlare italiano, perché poi hai a che fare con le organizzazioni che le sfruttano, e alle quali tu fai un danno economico per cui poi loro cercano di vendicarsi. E per fare questo ci vuole coraggio. Per questo dobbiamo ringraziare don Benzi per il seme che ha gettato».
Infine un annuncio: «Ho scelto di dedicare a don Benzi due programmi della Cooperazione italiana allo sviluppo, che la Comunità realizza attraverso Condivisione fra i popoli, in due regioni per noi strategiche, uno in Ucraina e uno nei Balcani, in particolare in Albania»

Parolin: «Ho conosciuto don Oreste attraverso la sua opera» 

Il segretario di Stato Vaticano Piero Parolin, nel suo intervento ha detto di non aver mai conosciuto don Benzi se non attraverso i media, ma di averlo «incontrato personalmente attraverso le persone che a lui si ispirano».
«A colpire nella sua personalità, e a rivivere nell’opera dei suoi figli e figlie spirituali – ha proseguito – era ed è la salda fede nella possibilità di offrire e condividere una seconda possibilità di vita». È quella che papa Francesco definiva «la libertà del bene, per donare una nuova possibilità a chi sembrava non avere più orizzonti di vita».
«Sappiamo che l’albero si riconosce dai frutti, diceva Gesù; lo conferma la Comunità Papa Giovanni XXIII» ha proseguito Parolin, ricostruendo quindi brevemente il percorso dell’opera di don Benzi, dalla fondazione nel 1968 fino ai nostri giorni.
Parolin ha ricordato «il sorriso bonario e la tonaca consunta» di don Oreste, «segno del suo amore per i poveri, gli esclusi e gli abbandonati», sottolineando però che «allo stesso tempo don Oreste denunciava con ostinazione le ingiustizie, che voleva fossero avvertite come insopportabili, e ripeteva che non si può fare per carità ciò che va fatto per giustizia». «La condivisione di vita con gli emarginati è una strada scomoda – ha aggiunto – che obbliga a non chiudere gli occhi sulle iniquità».

Fadda: «Non siamo qui per ricordare ma per cambiare la storia»

Tema ripreso anche da Matteo Fadda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII:
«Non siamo qui solo per ricordare don Oreste ma per affermare con lui che un mondo nuovo è possibile, è possibile cambiare la storia. E si può fare mettendo al centro non se stessi, il proprio profitto, ma l’altro, soprattutto il povero, lo scartato».
Don Oreste – ha proseguito Fadda – ha dimostrato chiaramente che la solidarietà e la carità non sono sufficienti. La rivoluzione da lui innescata dalla condivisione diretta di vita con i poveri non è solo assistenza, non è solo carità e non è solo solidarietà. In essa è insito il germe di una nuova umanità, di una nuova società: una società più giusta e strutturalmente pacifica, la società del gratuito». E dopo aver evidenziato che la collaborazione con le istituzioni ha portato a risultati importanti come «l’apertura di corridoi umanitari per profughi, fino alle azioni di estrazione da zone pericolose realizzate grazie alla cooperazione con i tanti professionisti di questo Ministero che oggi ci ospita» ha rilanciato una proposta profetica di don Benzi: «l’istituzione di un Ministero della Pace, di cui si parlerà il 24 giugno assieme ad altre organizzazioni del terzo settore, in un evento organizzato dalla fondazione Fratelli Tutti».

Le testimonianze e il legno dei migranti

Il conduttore Antonio Preziosi ha quindi dato spazio alle testimonianze di membri della Comunità Papa Giovanni XXIII che hanno offerto un quadro dei vari ambiti in cui l’associazione opera: Hiessel Parra e Valeria Miele, responsabili della Casa Famiglia “Nonno Oreste” di Rimini; Luca Russo, responsabile di casa famiglia e autore di numerosi testi sulla disabilità; Bartolomeo Barberis, rappresentante della Comunità presso l’ONU per il contrasto alla tossicodipendenza; Stefania Moramarco, nutrizionista e coordinatrice dei centri nutrizionali del Progetto Rainbow;
Marina Valenti, referente dell’Ambito Antitratta Apg23 (accompagnata da Stefania, vittima di tratta che ha portato una drammatica testimonianza delle violenze subite e della rinascita dopo l’incontro con la Comunità); Fabiola Bianchi, animatrice generale del Servizio Missione e Pace Apg23. 
Emozionante poi  l’esibizione musicale del violinista Nicola Infanti eseguita con un violino costruito con il legno dei barconi dei migranti che approdano sulle coste della Sicilia, realizzato dalla cooperativa sociale Ro la Formichina di Acireale.
Violino poi donato al Ministro Tajani e alla moglie, assieme a un crocifisso, mentre al cardinal Parolin è stato donato un pastorale, tutti realizzati dalla cooperativa con il legno dei barconi.

Matteo Fadda consegna al ministro Tajani un violino costruito con il legno dei barconi che trasportano i migranti realizzato dalla cooperativa sociale Ro la Formichina di Acireale
Foto di Alessio Zamboni

Missionari in giacca e cravatta

In sala, alla fine, un clima di festa tra i circa 40 missionari provenienti da Brasile, Kenya, Zambia, Iraq, Russia, Sri Lanka, Romania, Grecia, Albania, Tanzania, Bolivia, Venezuela, Haiti, oltre che persone impegnate in Italia su vari fronti, felici di reincontrarsi, a volte dopo anni, e divertiti nel vedere per la prima volta in giacca e cravatta e abiti eleganti – a causa del dress code richiesto dalla sede istituzionale – persone che nella quotidianità sono impegnate a vivere nelle periferie del mondo tra i più poveri, con ben altri tipi di abbigliamento. L’opera di don Benzi, costruttore di ponti, è anche questo.

Foto di gruppo finale tra missionari apg23 e membri attivi in Italia su vari fronti della condivisione con gli ultimi
Foto di Nicoletta Pasqualini


Del resto, ha detto don Aldo Buonaiuto, ispiratore dell’evento, «ho vissuto accanto a don Oreste per tanti anni e ogni giorno trascorso con lui è stato sorprendente ed edificante. Con don Oreste tutto aveva una doppia lettura. La tonaca lisa sembrava rimandare ad un prete d’altri tempi mentre invece era modernissimo. Con il faccione bonario suscitava simpatia e benevolenza ma quando doveva tuonare contro un’ingiustizia non guardava in faccia a nessuno pur sapendo di risultare scomodo e a volte perfino urticante. Non l’ho mai visto piegarsi alla mediocrità, all’opportunismo e al conformismo».
Un protagonismo che però era accompagnato all’umiltà. E don Aldo ha ricordato quando il cardinal Caffarra, incontrando don Benzi, gli disse: «Lei è un vero santo». E lui replicò: «Eminenza, ma cosa dice… io sono solo uno scarabocchio di Dio».