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1 Febbraio 2022
Ultima modifica: 18 Agosto 2022 ore 13:16

In Irlanda non siamo stranieri

La missione di Giada e Matteo
In Irlanda non siamo stranieri
Lasciare l'Italia per testimoniare l'accoglienza di bambini con bisogni speciali e ritrovarsi in Irlanda con tanti genitori che vivono la stessa avventura
Venti ore di traghetto con il mare in burrasca. Inizia così, il 14 dicembre di due anni fa, l’avventura missionaria di Giada e della sua famiglia in terra irlandese.
«In balia di tutte quelle onde, ci siamo chiesti in effetti cosa ci facessimo lì – esordisce Giada – quando poi abbiamo visto le luci del porto, il mare si è calmato. Siamo così arrivati in gran serenità con la missione che la Comunità ci ha affidato: essere semplicemente noi stessi, una famiglia che ha scelto di accogliere bambini con disabilità.»
L’Irlanda, quest’isola dalla natura selvaggia, la conquista subito.

L'Irlanda è un po' come noi: in movimento

«È un posto bellissimo che ci rappresenta molto come famiglia», confida Giada, «Sembra non avere radici e dà un’idea di movimento, proprio come noi. Le persone poi sono allegre e accoglienti, almeno per la conoscenza superficiale che ne abbiamo, visto che da quando siamo qui abbiamo vissuto ben tre lockdown.»
Un tempo vissuto in isolamento, utile però per imparare la lingua.
«Piano piano ci siamo sentiti meno stranieri – continua Giada –, Matteo ha inizialmente lavorato in una macelleria, uno dei pochi settori non bloccati dalla pandemia. Passata l’emergenza si è iscritto a un corso per “care-giver” e ora lavora con diversi anziani e persone disabili. Io mi prendo cura dei bambini e per questo sono pagata. Qui lo stato ricompensa chi ha un basso reddito e rinuncia al lavoro per prendersi cura dei più fragili.»

Una comunità di famiglie accoglienti

Un’integrazione positiva, non solo per loro ma anche per i figli.
«Al momento i nostri bambini frequentano scuole speciali, dove vengono stimolati con competenza e amore. In Irlanda ci sono tante persone con disabilità e lo stato ha strutturato buoni servizi scolastici e sanitari.»
E i sogni per il futuro?
«Pensando ai nostri figli che crescono qui – conclude Giada – ci piacerebbe avviare un piccolo progetto di inserimento lavorativo che abbia a che fare con i prodotti del nostro orto e con la cucina. A Waterford, la cittadina in cui abitiamo, non c’è infatti molto per le persone disabili una volta terminata la scuola. È una bella sfida, ma noi siamo pronti ad affrontarla!”
 

Dallo Zambia all'Irlanda, con nostro figlio 

Giada Poluzzi nasce a Bologna nel 1977. Conosce l’APG23 come figlia di casa famiglia, i suoi genitori sono tra i primi del bolognese ad aprirsi all’affido. Dopo la Laurea come educatrice, conosce Matteo e lo sposa nel 2004. Nel 2013 entrambi diventano membri di Comunità e partono per lo Zambia con il figlio Filippo. A fine 2015 rientrano in provincia di Rimini dove si radicano nella vocazione e accolgono altri due figli, Paolo e Anna. Da dicembre 2019 vivono in Irlanda.
 

Un aiuto per l’orto a Km0

In Irlanda frutta e verdura sono per lo più di importazione e commercializzate in contenitori di plastica ad alto impatto ambientale. In favore di un modello di consumo più sostenibile, Giada e Matteo hanno deciso di trasformare il giardino dietro casa in un orto per produrre a km zero. Per ora ci lavorano loro e i figli, ma l’intenzione è quella di accogliere alcuni ragazzi con disabilità. Per ampliare l’orto servirebbero sementi, piante, alberi e alcuni attrezzi per un costo di circa 370 euro. Grazie per il vostro aiuto!
Per maggiori informazioni e per contribuire: segreteria.condivisione@apg23.org; telefono: 0541 50622