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23 Aprile 2021

In Olanda gli immigrati eravamo noi

Pierpaolo e la moglie Andrea, missionari nella terra dei tulipani
In Olanda gli immigrati eravamo noi
Trovare la propria vocazione in un paese del primo mondo non è facile. Bisogna prima farsi poveri con i poveri, poi le chiamate arrivano.
Olanda, terra di tulipani e mulini a vento. «Per i turisti è un paradiso - esordisce Pierpaolo - ma se devi integrarti è tutta un’altra storia»
Quando nel 2008 lui è arrivato nel piccolo paese di Liempde insieme alla moglie Andrea, le due figlie naturali e una in affido, gli immigrati erano loro. 
«Ricordo ancora quando, davanti alla scuola di una delle nostre figlie, feci cadere una fila intera di biciclette per parcheggiare la mia - ricorda Andrea - un papà mi disse con ironia: "Benvenuta in Olanda!”»

In Olanda suonano le sirene

Un Paese all’inizio un po’ ostico, sia per la lingua sia per quella sensazione di continuo pericolo che serpeggia tra la popolazione di questa terra strappata al mare.
«Gli olandesi sono sempre all’erta - spiega Pierpaolo - ogni primo lunedì del mese a mezzogiorno suonano le sirene per verificare che tutto funzioni e ricordare che se vengono sentite in un altro momento vuol dire che è successo qualcosa di grave e che bisogna subito accendere la televisione per avere notizie. L’anno scorso hanno anche consegnato via posta lo iodio da dare ai bambini in caso di attacchi nucleari!»
Adattarsi a tutto questo non è stato immediato. Ammette Pierpaolo: «Per cultura io sono quello che ha faticato di più. Andrea, che è nata nella Germania dell’Est, è stata avvantaggiata se non altro per la lingua, perché il tedesco è simile all’olandese. Al di là della barriera linguistica, nei primi tempi entrambi non capivamo comunque il senso del nostro essere qui. Siamo andati ad abitare con una signora anziana che aveva messo a disposizione la sua casa in un quartiere di benestanti. Dove erano i poveri?»

Che senso aveva essere qui?

«Vivere con lei come famiglia è stata una sfida - continua Andrea - abbiamo dovuto costruire una nuova routine. A causa delle mie origini, lei mi guardava con diffidenza. Era a Rotterdam quando la città è stata rasa al suolo dai tedeschi e avere in casa me non era decisamente il massimo. Col tempo abbiamo però instaurato una relazione vera e sincera. Lei ci ha aiutati ad integrarci, a capire la sua cultura, ed è diventata una nonna per le nostre figlie». 
Un inizio pieno di punti interrogativi, dunque, che si sono però dissipati un anno dopo quando è arrivata la svolta.

L'incontro con la disabilità

«Siamo tornati in Italia per un incontro della Comunità Papa Giovanni XXIII - racconta Pierpaolo - sullo schermo è passato l’annuncio di una bimba anancefalica di Roma che cercava famiglia. Era un progetto così folle che ho pensato: perché no?
«Io avevo paura - Andrea lo confessa senza mezzi termini - non ero mai stata a mio agio con la disabilità e per questo non volevo nemmeno andare a conoscerla. Pierpaolo però ha insistito e così una mattina abbiamo preso il treno da Torino, dove abitavamo prima di trasferirci. Ricordo ancora il nostro viaggio verso la capitale, in totale silenzio. Quando poi ho preso in braccio Francesca, per l’occasione vestita di tutto punto, ho provato una gran pace. L’abbiamo adottata e portata in Olanda. Lei ha fatto capire a noi e alle persone che ci circondano il significato della nostra presenza, parlando ai loro cuori». Da allora sono trascorsi 12 anni.

La troppa organizzazione che frena

«Se guardo indietro mi stupisco di tutta la strada fatta - sorride Pierpaolo - soprattutto se ripenso alle difficoltà iniziali, come quelle che ho incontrato quando mi sono avvicinato al mondo del volontariato. Pensavo fosse semplice, ma mi sbagliavo perché qui è tutto perfettamente organizzato in rigide procedure e voler aiutare non basta. Quante porte in faccia ho ricevuto! Un’esperienza per certi versi frustrante, ma anche illuminante perché mi ha fatto capire che dovevo ridimensionare la mia smania di cambiare il mondo per farmi povero prima di mettermi al servizio degli altri».
Dopo una prima esperienza in un centro per disabili, dove aveva come unico compito quello di spingere le carrozzine, Pierpaolo incontra PUB (Agenzia Interinale Pastorale), un’associazione più informale che si occupa delle persone di strada.
Madou - ragazza scampata dalla Guerra dei Diamanti della Sierra Leone e Alessia - casco bianco - nell'orto di casa. La storia di Madou è raccontata nel libro "Il diamante nero" (Ed. Sempre)

Senza fissa dimora in Olanda

«In Olanda quella dei senza fissa dimora è una realtà nascosta, ma molto presente soprattutto nelle grandi città - spiega - per aiutare queste persone a racimolare i 5 euro al giorno necessari per accedere al dormitorio, assegnavamo loro dei lavori manuali tipo riparare le biciclette, pulire le strade, raccogliere legna nei boschi. D’accordo con Andrea, abbiamo messo a disposizione il giardino della nostra casa per le attività con loro».
Una bella iniziativa, che però a Pierpaolo e Andrea presto non basta più. Danno così vita a una casa famiglia per adulti fragili: migranti, madri sole, ex carcerati e tossicodipendenti.
«In casa siamo normalmente dalle 9 alle 16 persone. Decidere chi accogliere non è semplice. In questo paese per accedere agli aiuti statali è necessario avere un indirizzo. Chi viene a vivere da noi lo ottiene, entrando così a pieno titolo nel circuito dei servizi sociali. Il problema è che a quel punto i sussidi diventano spesso eccessivi, tanto da disincentivare chi li riceve a  migliorare la propria situazione, cercando per esempio un lavoro. Se una persona è fragile, sedersi diventa la strada più semplice. Ecco perché valutiamo sempre bene le segnalazioni che ci arrivano dai servizi».
Oltre agli impegni della casa famiglia, dal 2014 Pierpaolo è responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII per l’Europa nord occidentale e sia lui che Andrea sono molto attivi sul territorio. 
Pierpaolo Flesia è diventato Diacono nel 2013

Il diaconato e l'impegno con la Chiesa olandese

«Nel 2013 sono diventato diacono - racconta Pierpaolo - Andrea ha insegnato catechesi e insieme abbiamo seguito un coro di bambini. Abbiamo contribuito alla nascita di una scuola elementare cattolica che funziona e che dall’anno scorso è ufficialmente riconosciuta dallo Stato. In questi tempi stiamo avviando un laboratorio di ostie con i nostri accolti per dare loro uno sguardo sull’infinito e non solo un nutrimento fisico basato su una stanza in cui dormire e del cibo da mangiare.  La Chiesa olandese si dedica principalmente ai sacramenti, ma noi vogliamo dimostrare che la fede non si vive solo in chiesa».
«Abbiamo contribuito alla nascita di una scuola cattolica in Olanda» raccontano

Una vita di testimonianza intensa, insomma, ma felice. «Il segreto - conclude Andrea - è rispondere alle sfide e seguire la strada che il Signore prepara per noi».
 

Pierpaolo e Andrea

Pierpaolo Flesia e Andrea Walther sono sposati dal 2000. Torinese classe 1971 lui e tedesca classe 1980 lei. Conoscono la Comunità Papa Giovanni XXIII nel 2006 e due anni dopo si trasferiscono in Olanda con le due figlie naturali e una in affido.