A Malmö il 40% della popolazione è immigrata, ma la chiusura delle frontiere e la diminuzione degli investimenti nellintegrazione hanno acceso nuove sfide. Laura, missionaria della Comunità Papa Giovanni XXIII, racconta il lavoro silenzioso di chi non lascia indietro nessuno.
Malmö è una città di 350.000 abitanti nel sud della Svezia. Per le strade senti parlare una moltitudine di lingue diverse: l’immigrazione sfiora il 40%, nonostante il Paese abbia chiuso le frontiere nel 2016. Una realtà multiculturale, entrata in crisi negli ultimi anni. «La criminalità è aumentata» ammette Laura Lanni, missionaria della Comunità Papa Giovanni XXIII, in Svezia dal 2019 con il marito e i figli. «Sentiamo spesso di sparatorie tra bande che coinvolgono minori. Negli ultimi anni si è investito sempre meno sulle politiche di integrazione e questo ha esasperato le difficoltà di convivenza.» Laura e suo marito Mario Gazzotti cooperano con associazioni che sostengono immigrati esclusi dagli aiuti statali. «I servizi sociali sono efficienti, ma assistono solo chi ha i documenti. Chi attende l’esito della domanda d’asilo o chi, arrivato minorenne, compie 18 anni, entra in un limbo privo di opportunità di studio e lavoro.» Nasce così la collaborazione con un gruppo di volontarie della Parrocchia Diaconale Santa Maria della Chiesa Luterana di Svezia che seguono circa 80 giovani rifugiati. Ma non solo. «Lavoro come pedagogista sociale in una piccola ONG cristiana - continua Laura -, seguiamo vittime di tratta per sfruttamento sessuale. Molte arrivano dalla Thailandia con visti di matrimonio e finiscono in ambigui saloni per massaggi. Altre, soprattutto africane, transitano per l’Italia o altri Paesi europei prima di giungere qui.» Le donne seguite dall’ONG soffrono di disturbo da stress post-traumatico, alcune hanno subito mutilazioni genitali. «Le aiutiamo a ricostruire la propria storia perché solo recuperando il proprio sé possono costruire un progetto di vita - racconta Laura -. I traumi subiti creano memorie che le tengono in ostaggio, impedendo loro di vivere qui e ora. Nel nostro lavoro di ascolto utilizziamo il metodo terapeutico dell’Esposizione Narrativa (NET).» La narrazione e l’ascolto rappresentano un primo passo nel difficile percorso di guarigione. «È doloroso, ma necessario - conclude Laura -. Non solo per le vittime. Se un trauma non riaffiora nella narrazione, si manifesta come patologia, con danni enormi per l’individuo e per l’intera società.» Laura Lanni, missionaria in Svezia dal 2019 con il marito Mario Gazzotti e i figli
Foto di Archivio Condivisione fra i Popoli
Laura Lanni nasce a Roma nel 1973. Cresciuta nelle Marche, a 18 anni si trasferisce a Bologna per studiare lettere classiche. Qui conosce l’APG23 grazie a una casa di fraternità e accoglienza. Si avvicina poi a Operazione Colomba e per 8 anni lavora come formatrice alla nonviolenza nel Servizio Obiezione e Pace. Membro di Comunità dal 2019, nello stesso anno parte per la Svezia con il marito e i due figli.
Aiuta una donna afghana e la sua bambina
La famiglia di Laura e Mario vive in una “casa ecumenica”, di proprietà della Chiesa luterana svedese, insieme a giovani di diverse confessioni cristiane e provenienze: pregano insieme e organizzano momenti di condivisione con il vicinato. Per brevi periodi, accolgono anche persone in difficoltà, soprattutto migranti e rifugiati. Al momento, ospitano una donna ex vittima di tratta proveniente dall’Afghanistan e la sua bambina di sei anni. La loro situazione è molto delicata e richiede un sostegno, principalmente in ambito medico. Per questo fanno appello alla vostra generosità.
Per contribuire: Codice Iban: IT04 X030 6909 6061 0000 0008 036 Intestato a Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII - Attività ONLUS Causale: Sostegno casa ecumenica Svezia