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21 Aprile 2023

La mia esperienza di affidamento familiare

La testimonianza di un papà speciale
La mia esperienza di affidamento familiare
Tre figli, una famiglia aperta, le difficoltà della vita, e la scelta di accogliere ancora

Ciao a tutti, sono Riccardo e ho 62 anni. Mi sono sposato nel 1995, abbiamo avuto tre figli e attualmente sono separato, con i figli che abitano con me.
Come coppia abbiamo avuto un bambino in affido per due anni, poi da single io e i miei figli abbiamo ospitato un ragazzino di 15 anni per qualche giorno, e da qualche mese abbiamo in affido un bambino di sette anni.

L'avvicinamento all'affidamento familiare

L’idea dell’affido nella nostra famiglia nasce quando, un giorno, esce sulla rivista “Giovani genitori” un articolo sull’affido. Era il 2011 ed era anche il periodo in cui è iniziata da parte del comune di Torino la campagna di sensibilizzazione con lo slogan “Mi presti la tua famiglia? La mia è un po’ in difficoltà”. Per capirne di più ci siamo procurati il libro “Un altro posto a tavola” di Kathy Harrison, una mamma affidataria americana che ha accolto numerosi bambini con esperienze anche terribili alle spalle, un libro che (come molti altri) spalanca una porta su un mondo che per noi fino ad allora era stato difficile da immaginare.
Decidiamo di intraprendere il percorso per diventare affidatari con Casa Affido di Torino. Un percorso lungo, che si è concluso con il consiglio di aspettare ancora sei mesi perchè i nostri figli avevano necessità di tempo per elaborare l’idea.
Inizio allora un periodo di volontariato presso una comunità e presto diventiamo “famiglia amica”, cioè una famiglia disposta ad accogliere per brevi periodi (un we o le feste di Natale ad esempio) un piccolo ospite della comunità. È stata un’esperienza molto bella per tutti, durata un paio di anni, che ci ha sicuramente preparato per l’affido che sarebbe venuto. Molti i momenti commoventi, come quando un bambino ci disse che da noi aveva trascorso il Natale più bello del mondo, ma anche divertenti con frasi tipo: «Ma il fratello di tuo figlio...»?

Il primo affido

In questo periodo conosciamo Alessia e tramite lei arriviamo finalmente al nostro primo affido. È un bambino di sei anni alla ricerca di una famiglia, appena arrivato ci chiama subito mamma e papà e si comporta, ricambiato, come un fratello per i nostri figli naturali. In occasione dei “luoghi neutri” (dove il bambino incontra i suoi famigliari) conosciamo anche la sua famiglia di origine con la quale si stabilisce da subito un ottimo rapporto, tanto che a un certo punto ci siamo anche fatti dare dallo zio gli mp3 della musica del loro paese per metterlo più a suo agio durante i nostri viaggi in auto. 
Ci rendiamo conto di una cosa molto importante. È la famiglia di origine che, volente o nolente, ci affida il bambino. Una famiglia che per lui è importantissima e della quale bisogna rimarcare al massimo gli aspetti positivi, minimizzando quelli negativi (dei quali, eventualmente, discuteremo in privato con l’assistente sociale...). Cosa non sempre facile sentendo le esperienze molto dure vissute da altre famiglie affidatarie, ma è sicuramente la strada migliore per garantirgli un sereno rientro a casa.
Passano così due anni bellissimi, sappiamo che se ne dovrà andare ma diventa un figlio e un fratello in modo così spontaneo che sembrava fosse con noi da sempre. Tanto che il nostro figlio più piccolo, durante una vacanza in Sicilia con i nonni, dice con estrema naturalezza al parroco del paese che lui ha tre fratelli. Il nonno gli spiega che in realtà i fratelli sono due e il terzo è un bambino in affido, ma questa risposta lo colpisce a tal punto che durante la messa lo chiama all’altare al suo fianco dicendo: oggi questo bambino mi ha dato una lezione... 
Arriviamo alla fine dell’affido e il sogno di questo bambino sarebbe stato di andare a vivere tutti insieme, noi e la sua famiglia, a scuola inizia a firmarsi con due cognomi, il suo e il nostro. Su consiglio della psicologa gli prepariamo un grande album con tante foto dei bei momenti passati insieme, che per lui è molto prezioso e ogni tanto sfoglia con nostalgia. 

La separazione

A distanza di alcuni mesi dal termine dell’affido io e mia moglie purtroppo ci separiamo. Faccio allora un periodo di volontariato con i bambini delle scuole di Barriera di Milano e Falchera che mi ha sicuramente aiutato a superare questo difficile momento, ma l’idea dell’affido rimane. Il tempo passa e vorrei essere ancora una “risorsa” prima che l’età mi ponga dei limiti...
Scarto l’idea di accogliere un adolescente, come mi viene proposto, per evitare di trovarmi in una situazione troppo complessa da gestire da solo senza gravare eccessivamente sui figli. In realtà accogliamo un quindicenne, ma sarà solo una breve parentesi di pochi giorni.

Una nuova accoglienza

A settembre dello scorso anno arriva da noi un altro bambino di sei anni e iniziamo una nuova avventura. Rispetto all’affido precedente questo è sicuramente molto più impegnativo, sia per il fatto di gestirlo da solo e non più in coppia (che consente di avere dei momenti liberi in quanto ci si può alternare nella gestione), sia per il fatto che nel frattempo anche l’età dei miei figli è cresciuta e quindi anche l’interazione con il piccolo è più ridotta di quanto non fosse con il bambino precedente, sia soprattutto per l’approccio iniziale del bambino che, a differenza del precedente, non cercava affatto una famiglia alternativa alla sua che aveva qualche carenza, ma si trovava benissimo in una comunità con la mamma. 
Questo ha comportato da parte sua un’accettazione forzata dell’affido, che lui vede e vive come un periodo estremamente transitorio in attesa del rientro a casa. E chiaramente si è determinata una situazione inizialmente non facile, anche per i figli, che fortunatamente non mi odiano ancora e, anzi, mi danno una mano nella gestione accompagnandolo a scuola quando io non posso per motivi di lavoro. Con il passare del tempo la situazione è migliorata ma con i compagni di scuola o con le persone che conosce per la prima volta la sua presentazione è sempre: «Sai, io sono in affido...», come a ricordare a se stesso e agli altri che lui adesso è lì, ma presto sarà a casa dalla mamma.
Per adesso siamo ancora nel pieno di quest’avventura, l’augurio è che lui riesca un giorno a coronare il suo sogno e la sua famiglia, almeno in parte, a ritrovarsi...