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27 Dicembre 2022

Aspettando la pace

Sono scappate dalla guerra per salvare la vita dei loro bambini. Ora cercano di ricostruirsi una vita in Italia, nell'attesa che la guerra finisca.
Aspettando la pace
Foto di Miguel A. Lopes
Per affrontare l'emergenza scatenata dalla guerra in Ucraina, l'Italia ha attivato una rete di accoglienza, sia spontanea che ufficiale. Vi raccontiamo come funziona un centro di accoglienza straordinaria per le donne e i bambini che sono scappati dalla guerra.
Cosa prova una donna che, per salvare i figli, deve abbandonare il marito, i genitori anziani e la propria casa, senza sapere se e quando tornerà o se li rivedrà? Cosa si prova ad avere un bel lavoro, un buono stipendio e a un tratto dipendere in tutto da sconosciuti, senza soldi da gestire?
Difficile, anzi impossibile rispondere a queste domande. Possibile invece è stare accanto a chi ha dovuto affrontare tutto questo. È quello che fanno Giuseppe Piacenza e sua moglie Silvia Foresti, insieme a un gruppo di volontari che stanno garantendo l’accoglienza ad alcuni nuclei familiari ucraini nel CAS (Centro di Accoglienza Straordinario) a Spinimbecco, una frazione di 1300 abitanti appartenente al Comune di Villa Bartolomea, nel veronese.
«Il 25 aprile sono arrivati i primi nuclei familiari, cioè donne con i loro bambini. Gli ultimi arrivi invece risalgono a settembre: una mamma con la figlia adolescente» spiega Giuseppe. 
«Le prime che sono arrivate qui erano partite in fretta e furia, non avevano con sé valigie, ma solo qualche zaino che conteneva vestiti per i bambini» racconta Silvia.
Cas donne ucraine
Nel CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) di Spinimbecco (VR) sono state accolte diversi nuclei familiari composti da mamme con bambini.

Come funziona il sistema di accoglienza dei profughi in Italia

Per affrontare l’emergenza scatenata dalla guerra in Ucraina, l’Italia ha attivato una rete di accoglienza, sia spontanea che ufficiale. «Mi occupo di immigrazione dal 2011 e purtroppo devo constatare che non il nostro Paese ancora non è riuscito a passare dall’emergenza a un intervento strutturato, benché il sistema ci sia – dice Giuseppe-. Il sistema si chiamava SPRAR (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati), oggi ribattezzato in SAI (Servizio di Accoglienza e Integrazione), ma è sempre rimasto una parte marginale dell’accoglienza, anche se è la parte più qualificata perché prevede tutta una serie di attività volte all’apprendimento della lingua o all’integrazione o alla ricerca di lavoro, che invece non si hanno a disposizione in un CAS, che come dice il nome dovrebbe essere sono un intervento straordinario. I dati invece dicono che solo una piccola parte dei migranti viene accolta nei SAI. Ad esempio, in seguito alla guerra in Ucraina, a fronte di 65mila ingressi di ucraini in Italia, sono 12.500 quelli accolti nei CAS, mentre solo 1.095 sono ospitati nei SAI (Servizio di Accoglienza e Integrazione). Gli altri 40mila sono stati accolti da parenti ucraini o da famiglie italiane».

Di giorno scherzano e ridono tra loro e con noi volontari, ma poi la sera, quando telefonano ai familiari o agli amici in Ucraina, piangono


Per garantire i servizi 24 ore al giorno nel CAS si è formato un bel gruppo di volontari, una decina in tutto, tra i quali c’è Grazia Cattaneo, una maestra in pensione.
«Vado 3 volte alla settimana per fare lezioni d’italiano» spiega Grazia, che ha speso la vita per il riscatto dei bambini nomadi. «Si è creata una bella amicizia fra noi e le ammiro tantissimo, mi raccontano tante cose, ad esempio che di giorno scherzano e ridono tra loro e con noi volontari, ma poi la sera, quando telefonano ai familiari o agli amici in Ucraina, piangono».
Dei 9,5 milioni di persone fuggite dall’Ucraina e rifugiatesi in Europa da quel drammatico 24 febbraio, già 6,8 milioni hanno fatto rientro, seppure la guerra non sia finita (fonte: Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera). Quelli che restano in Europa lo fanno per tenere i bambini lontani dalla guerra, cercando di ricostruirsi una vita qui, almeno finché ce ne sarà bisogno. 

«La cosa più impellente è trovare un lavoro - spiega Giuseppe -. La convenzione del CAS scade il prossimo 31 dicembre e sapremo solo pochi giorni prima se la prefettura deciderà di prorogarla o no». Di certo i legami di amicizia rimarranno: «Loro si trovano bene qui – dice Grazia - e la gente del paese si è affezionata a loro». Con il sogno che la guerra finisca presto.