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24 Febbraio 2025
Ultima modifica: 24 Febbraio 2025 ore 07:40

In Ucraina la primavera è ancora lontana

Reportage: tre anni tra chi la guerra la subisce
In Ucraina la primavera è ancora lontana
Foto di Operazione Colomba
Il 24 febbraio 2022 le forze russe entravano in Ucraina. Fin dall'inizio del conflitto, Operazione Colomba è con le persone che soffrono. Un viaggio tra le macerie, dove la vita continua a fiorire anche nei luoghi più segnati dalla guerra. Una forza straordinaria che potrebbe cambiare il corso della guerra, se solo ascoltassimo.
Il 24 febbraio 2022 le forze russe entravano in Ucraina. Fin dall’inizio del conflitto, Operazione Colomba è con le persone che soffrono. Un viaggio tra le macerie, dove la vita continua a fiorire anche nei luoghi più segnati dalla guerra. Una forza straordinaria che potrebbe cambiare il corso della guerra, se solo ascoltassimo.
«Non andare! Potresti perdere la vita o le tue braccia o le tue gambe.
Ascoltami, mi sembri una persona intelligente, il nostro Paese è ormai già stato venduto, è tutta finta questa guerra, non andare!». 
Io, però, ci sto tornando in Ucraina, ci viviamo come volontari di Operazione Colomba, il Corpo nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, da quasi metà del tempo di questi anni, ormai tre, dall'inizio della guerra. Mi fa un po' impressione questa profezia di Tamara, una signora ucraina che mi ha chiesto di aiutarla a fare il biglietto del treno. Mi ha detto di essere di Vinnycja - nell’Ucraina centrale, lontano dalle zone bombardate - e che nella guerra non bisogna andarci, che è solo un massacro inutile. Perché mai rischiare? E se avesse ragione lei, che a farsi gli affari propri e sputare risposte ciniche si campa di più e meglio?

 
Il fumo di un incendio si alza in cielo.
Foto di Operazione Colomba
Una strada distrutta ed impraticabile, a causa della guerra in Ucraina.
Foto di Operazione Colomba
All'orizzonte si alza il fumo delle esplosioni in una città Ucraina.
Foto di Operazione Colomba
In una strada cittadina, la bellezza dei palazzi e degli alberi è interrotta dalle barricate difensive.
Foto di Operazione Colomba

La prima volta in Ucraina 

Il primo viaggio che abbiamo fatto appena scoppiato il conflitto nel 2022 è stato su invito di un amico della Comunità Papa Giovanni XXIII, serviva aiutare alcune persone a scappare da una guerra che nessuno aveva immaginato così crudele, estesa e globale. Da quel primo viaggio è nato il coordinamento di Stop the war now, centinaia di associazioni italiane che hanno organizzato “Carovane di solidarietà”, aiuti, accoglienza di persone ucraine in difficoltà in Italia e pressione politica per trovare alternative alla violenza. 
Dopo un primo periodo a Leopoli e Odessa siamo arrivati a Mykolaïv, quando il fronte era nella prima periferia, infine a Kherson, dove tuttora passa la divisione tra territori ucraini controllati dal governo ucraino e territori ucraini occupati militarmente dall’esercito russo. 

Ucraina, perché continuo a tornare

La mia motivazione per partire all'inizio era di non lasciare sole le persone di fronte al demone della guerra, poi, quando queste persone sono diventate volti, storie e nomi intrecciati con la mia vita, non sono più stato capace di far finta di non sapere cosa stavano affrontando.
Cosa troverò tornando questa volta? Scrivo a Max di Mykolaïv per dirgli che domani dovremmo arrivare. Mi risponde che ci aspettano, che hanno passato la notte svegli per i bombardamenti dei droni russi, che hanno fatto diversi morti e lui, così pudico nelle emozioni, mi manda abbracci. Ci verrà a prendere alla stazione degli autobus di Mykolaïv. Ecco uno dei motivi per cui torno.
Maksym, per tutti Max, è un ragazzo di poco più di trent'anni che coordina una associazione che scava pozzi e potabilizza l'acqua perché in città non arriva acqua bevibile, l'esercito russo ha distrutto l'acquedotto e impedito più volte la riparazione. Con la sua gente Max distribuisce aiuti e fornisce servizi a persone in difficoltà, è uno tra i pochi politici (consigliere comunale) che non è mai scappato all'estero quando la città era praticamente sotto assedio quotidiano.
Poi avviso Sasha a Kherson, mi scrive che l'inverno è arrivato. Gli rispondo che è temporaneo, come ogni stagione. Ribatte che «No, non passerà», e so che non parla solo del freddo. Il paese con cui hai diviso il freddo non lo dimenticherai mai, scrive un poeta.
Un secondo motivo per tornare. Ripenso ai mesi passati, un anno e più, nei sotterranei a Mykolaïv, insieme alla piccola comunità che ci ha accolto, aspettando che smettesse la pioggia dura di bombe, con poca acqua e poca elettricità. Penso all'anno passato a Kherson, praticamente ogni minuto sotto costante bombardamento. Alle giornate vissute spostando macerie e condividendo il tempo con le persone che hanno scelto di rimanere nelle proprie case anche a queste condizioni.
Questo è un terzo motivo per tornare: in questo paese quel che dici deve essere dimostrato dai fatti, se dici che la nostra vita vale come la loro, devi poi dividere anche i rischi, le bombe, la mancanza di futuro.

 
Stop the war now porta aiuti e accoglie le persone ucraine in difficoltà in Italia.
Foto di Operazione Colomba
Un bunker, un rifugio, un luogo di preghiera: qui alcuni abitanti si riuniscono dopo l'allarme per passare le notti fredde al riparo dai bombardamenti.
Foto di Operazione Colomba
Le stuoie di alcuni sfollati in Ucraina.
Foto di Operazione Colomba
File di provviste per aiutare chi soffre nella guerra in Ucraina.
Foto di Operazione Colomba

Un matrimonio tra le macerie

Mi scrive A., mi manda la foto di una auto d'epoca in vendita su un mercatino online di Kherson, a poche centinaia di euro. Mi scrive che vorrebbe prenderla per sistemarla e rivenderla. È appassionato di meccanica. È pure un bravo calciatore e musicista polistrumentista, insieme abbiamo scritto una canzone e poche settimane fa si è sposato e ha scelto di vivere con sua moglie a Kherson. Ha insistito perché partecipassimo alla festa del suo matrimonio. Una festa semplice e bellissima, tutta al chiuso perché bombardano anche durante le cerimonie. Siamo rimasti tutti segnati da questi due ragazzini, 18 anni lei e 21 anni lui, non si sa se incoscienti o coraggiosi, se “naif” o più svegli di tutti noi. Forse, come diceva qualcuno, le cose vere e belle prima si fanno e poi si pensano.
Quanti motivi per tornare.  Ci piace la risposta alla violenza da parte di questi ragazzi che scelgono di vivere qui, una così fragile risposta rispetto al metallo delle bombe che esplode e uccide, così leggera a confronto con il dolore pesante di chi viene ucciso, di chi perde il senso di vivere o la famiglia, i figli, la possibilità di lavorare studiare, di avere un futuro, insomma, questa scelta, dicevo, nasconde un segreto di cui abbiamo molto bisogno e che vorremmo capire. 

Due giovani sposi portano la speranza nelle rovine di una città in Ucraina.
Foto di Operazione Colomba
Si sono sposati giovanissimi, anche se in questa parte del mondo sembra non ci sia futuro. Fiori belli e colorati che nascono nel degrado ci ricordano che c'è una bellezza più grande della violenza.
Foto di Operazione Colomba

Chi vincerà la guerra!

La situazione esterna non dà speranze. Una delle caratteristiche della guerra è che vince chi è più armato e più spietato, non chi ha ragione. Con la vittoria di Trump negli USA, la pace diventerà forse una resa Ucraina in cambio di promesse a cui nessuno crede. Intanto la quotidianità è che continuano i bombardamenti, le punizioni collettive che lasciano al freddo e al buio centinaia di migliaia di civili. Continuano le minacce nucleari, si continua a credere nella guerra da ogni parte, nella macchina infernale che fa vedove e orfani. Tra loro, vedove e orfani, A. e B., madre e figlio di Kherson, da pochi giorni vivono con noi nel rifugio sotterraneo di Mykolaïv. La loro casa è stata bombardata e distrutta. Il padre è morto al fronte. Al suo funerale, tre mesi fa, hanno partecipato solo loro due.
L'alternativa al sistema della guerra è forse la cosa più urgente, ma non pare che si possa chiedere all’Europa, alle Nazioni Unite, alle potenze mondiali. Forse dovrà partire dal dolore di chi solo conosce davvero la guerra: chi ne ha pagato il prezzo più alto, come questa madre e questo bambino di 9 anni.
La primavera, intanto, è lontanissima.