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16 Ottobre 2024

Beato Agostino Thevarparampil

Il 16 ottobre si ricorda Agostino, un esempio luminoso per il suo amore verso i "fuori casta" dell'India
Beato Agostino Thevarparampil
È vissuto a cavallo tra il 1800 e il 1900 in Kerala, uno Stato meridionale dell'India. Dopo aver scoperto la vita miserabile degli intoccabili (i fuori casta), dedicò tutta la sua vita a loro.
Nacque il 1° aprile 1891 a Ramapuram, diocesi di Palai nello Stato del Kerala in India. Terminati gli studi scolastici, Agostino entrò in seminario e il 17 dicembre 1921 fu ordinato sacerdote. Nel febbraio 1923 fu mandato quale vice parroco alla parrocchia di san Sebastiano a Kadanad ma nel marzo 1926 una malattia lo costrinse a ritornare a Ramapuram. Durante la convalescenza conobbe la vita miserabile dei cosiddetti “intoccabili”, gli appartenenti alle classi più basse della società indiana, e ad essi dedicò tutto il suo ministero, combattendo contro l’ignoranza, i pregiudizi, l’analfabetismo. La sua lunga opera missionaria gli meritò il nome di “apostolo degli intoccabili”. Dopo 52 anni di sacerdozio e di vita missionaria come prete diocesano, Agostino morì il 16 ottobre 1973; è stato sepolto nella sua chiesa parrocchiale di Ramapuran, ora meta di pellegrinaggi da tutta l’India. Il 30 aprile 2006, a nome di Benedetto XVI, il cardinale Vithayathil lo ha beatificato. La Chiesa ha fissato la sua festa per il 16 ottobre.

Apostolo degli intoccabili

Gli "intoccabili", ora chiamati dalit, sono coloro che non appartengono a nessuna delle quattro caste indiane. La loro condizione è generalmente contrassegnata da estrema povertà, precarietà igienico-sanitaria e diffusa ignoranza, ed è aggravata dal disprezzo rivolto loro dalle caste superiori e da frequenti maltrattamenti e atrocità. Agostino decise di donarsi totalmente per la loro emancipazione sociale, culturale, intellettuale e artistica oltre che per la loro evangelizzazione. Ben presto si accorse della difficoltà del suo compito perché si trattava di condurre alla fede cristiana e alla fiducia in loro stessi gente impregnata di credenze e pratiche superstiziose.
Armato della sua semplicità e umiltà, Agostino si recava nelle loro capanne, li ascoltava, li confortava. Iniziò a chiamarli per nome e “figli miei”, ed essi, abituati a non essere neppure nominati, si sentivano finalmente riconosciuti nella loro dignità di uomini. Agostino dovette lottare contro le dure critiche non solo delle caste superiori dei non cristiani ma anche dei cristiani tradizionali. Resistette all’opposizione con calma e mitezza, trovando forza nella preghiera. Con il suo perseverare discreto e rispettoso riuscì a battezzare personalmente quasi 6mila dalit.
Anche ai tempi di Gesù si buttavano fuori dalle mura delle città i lebbrosi, i “cani della terra” (i pastori degli animali e coloro che non avevano studiato la legge) e Gesù ha scelto di stare con queste persone ai margini della società, con coloro che venivano ritenuti impuri e perfino di morire “maledetto tra i maledetti”. Agostino che a causa della sua bassa statura era chiamato popolarmente “Kunjachan” che significa piccolo prete, con la sua scelta di stare dalla parte di coloro che sono schiacciati dalla discriminazione non è stato per niente un piccolo prete, ma ha saputo conformarsi pienamente a Gesù. Il suo esempio ci sprona a guadare con occhio attento agli “intoccabili” dei nostri tempi, a tutti quei figli di Dio che sono in mezzo a noi ma rifiutiamo per la loro razza e cultura.