1 Febbraio 2025
Ultima modifica: 1 Febbraio 2025 ore 08:44
Costruiamo la cultura della vita
L'antropologia cristiana aiuta a riscoprire il valore e la bellezza della vita umana
Foto di STRELCIUC
Il 2 febbraio si celebra la 47ª Giornata nazionale per la vita, in occasione della quale i vescovi hanno diffuso il loro messaggio sul tema «Trasmettere la vita, speranza per il mondo», legato al giubileo che stiamo vivendo.
La libertà è un grande dopo, contrapponiamo una visione di speranza coinvolgendo i giovani come motori del cambiamento e del rinnovamento culturale
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19).
Queste parole di Gesù, anche se non scritte, risuonano nel messaggio dei nostri vescovi per la 47ª Giornata nazionale per la vita, che propone come asse programmatico la costruzione della cultura della vita. Questa trova nel Giubileo un'occasione privilegiata per rinnovare la fede, la speranza e l'impegno attivo per la dignità della vita in tutte le sue fasi.
Crediamo che la promozione dell'antropologia cristiana sia una parte fondamentale del modo in cui la cultura della vita può radicarsi tra la gente. Abbiamo bisogno, ancora una volta, di riscoprire il valore della vita umana, la sua bellezza, l'altissima dignità con cui siamo stati creati. Un'antropologia che ci mostri che la libertà è un grande dono di Dio per scegliere tra diversi beni, ma che non può in alcun modo essere usata per attentare alla nostra vita o a quella degli altri; che la morale che deriva da questa antropologia non è un ostacolo ma, al contrario, è un'indicazione del cammino che ci porta alla piena realizzazione personale.
La realtà ci mostra che spesso - troppo spesso - gli atti apparentemente liberi delle donne che ricorrono all'aborto non sono sempre liberi e che, anche se il più delle volte non ci sono costrizioni fisiche, ci sono dal punto di vista affettivo, economico e sociale. Lo stesso vale per tanti anziani e malati cronici che si sentono un peso per le loro famiglie e che, se la legge lo permettesse, chiederebbero l'eutanasia o il suicidio assistito, come già avviene in altri Paesi. Un'antropologia che abbandoni la visione utilitaristica e ci aiuti a capire che i membri più deboli della società possono essere la sua più grande ricchezza.
Perché questo sia possibile, è necessario tornare a una visione di speranza: costruiamo la pace e non la guerra, accettiamo che il figlio è un dono che non può essere negato ma nemmeno preteso, promuoviamo uno stile di vita basato sull'accoglienza dei più vulnerabili, integrando azioni comunitarie che sostengano la vita, contrastiamo la tendenza a trattare la vita come un bene di consumo, coinvolgiamo i giovani come motori del cambiamento e del rinnovamento culturale.