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22 Agosto 2020

Olanda: «Uccidiamo i bambini»

L'eutanasia in Olanda è stata introdotta per legge nel 2002. All'inizio veniva richiesta dai malati terminali di cancro. Ora viene richiesta dai parenti di malati psichiatrici, disabili, autistici e anche per i bambini.
Olanda: «Uccidiamo i bambini»
Foto di Anthony Tran
Durante l'incontro "La vita è un mistero" al Meeting di Rimini, Theo Boer, presidente del Comitato per la bioetica e la biotecnologia della Conferenza delle Chiese europee, parla della pratica dell'eutanasia in Olanda
Da eccezione a pratica di default. In alcuni distretti sanitari il 12 per cento delle morti è stato causato dall’eutanasia. Questa secondo Theo Boer è la preoccupante parabola dell’eutanasia in Olanda. Boer sa chi cosa parla: per 9 anni, dal 2005 al 2014, è stato membro di uno dei 5 comitati regionali di revisione sull'eutanasia. Questi comitati esaminano a cose ormai fatte se un caso di eutanasia o di suicidio assistito dal medico si sia verificato in conformità con i requisiti stabiliti dalla legge. Il professor Boer è un membro attivo della chiesa protestante dei Paesi Bassi, è presidente del Comitato per la bioetica e la biotecnologia della Conferenza delle Chiese europee, adesso insegna etica sanitaria presso la Kampen Theological University. «Quando dal 1985 l’eutanasia è stata tollerata di fatto, le Chiese protestanti l’hanno condonata». Lui, quando si è accorto che la pratica generava abusi intollerabili dal punto di vista etico, ha lasciato il Comitato ed è diventato uno dei più convinti e fieri avversari dell’eutanasia.
 
I criteri per richiedere l’eutanasia in Olanda
Dopo il periodo di tolleranza, la pratica è stata introdotta per legge nel 2002. Per potere accedere all’eutanasia – ha spiegato Boer nel corso dell’incontro del 19 agosto nel Meeting di Rimini sul tema “La vita è un mistero” - sono stati stabiliti alcuni criteri: una diagnosi medica, la richiesta del paziente, una sofferenza umanamente insopportabile, assenza di prospettive di miglioramento, essere malati terminali, la possibilità di obiezione di coscienza per singoli medici istituzioni sanitarie.
Con l’evidenza dei numeri Boer ha mostrato come nel tempo questi criteri siano stati disattesi o estesi oltre quanto precisato dalla legge. Nel primo anno di applicazione della legge, 2002, ci sono stati 1.883 casi, quasi tutti di malati di cancro. Nel 2019 i casi sono saliti a 6.331 l’eutanasia per cancro terminale è notevolmente diminuita. «Invece sono comparse altre patologie fra cui anche malati psichiatrici, disabili, autistici, persone che avevano una terribile acufene all’orecchio».

Professor Boer
Il professor Theo Boer parla dell'eutanasia durante il Meeting 2020 a Rimini

L’eutanasia non fa diminuire i suicidi

Molto interessante il parallelo fra la pratica dell’eutanasia e la tendenza al suicidio. Citando uno studio dell’istituto olandese di statistica, Boer ha osservato: «Se si discute molto sull’esigenza di porre fine alla vita di una persona, allora le persone tendono a comportarsi di conseguenza». Anche in questo caso i numeri sono eloquenti. Negli ultimi 10 anni i casi di eutanasia sono cresciuti del 150 per cento ed i suicidi del 35 per cento. Una tendenza che non ha riscontro nei Paesi vicini come la Germania, simili per demografia e religione, dove invece a proposito dei suicidi la tendenza è inversa. «Si è creata – ha detto Boer al pubblico del Meeting - un’atmosfera che induce a pensare che la morte sia la soluzione a tutti i tuoi problemi, specialmente quello della sofferenza insopportabile. Quindi, non bisogna credere alla tesi che l’eutanasia contribuisca a far diminuire i suicidi».
Boer ha citato anche un fenomeno positivo: la percentuale di medici indisponibili a compiere l’eutanasia è salita dall’11 al 19 per cento. «Due terzi dei medici olandesi – ha aggiunto – ha subito gravi pressioni ed essi ritengono che in genere l’opinione pubblica sottovaluti la gravità del fenomeno».
Il professore ritiene che se negli anni Ottanta ci fossero state le cure palliative disponibili oggi, probabilmente non ci sarebbe stata la legalizzazione dell’eutanasia. «Oggi ci sono le cure palliative – ha aggiunto – e le persone che ne usufruiscono poi chiedono comunque l’eutanasia. Questo mi fa pensare che l’eutanasia non abbia a che fare con il dolore ma con la disperazione, con la mancanza di senso. In questo contesto, l’eutanasia diventa il metodo più sbrigativo rispetto alle cure palliative».
Se questa è la situazione attuale, le prospettive non sono promettenti. C’è una nuova proposta di legge che consentirebbe a chi ha 75 anni di richiedere la morte, indipendentemente dalla presenza di una malattia. Nel 2019 ci sono state richieste di eutanasia per i bambini. L’ultimo traguardo, si fa per dire, è del maggio scorso quando un paziente affetto da demenza è stato sottoposto al trattamento contro la sua volontà.
La sua è una visione eccessivamente allarmista? «Mi accusano di questo, ma credo che sbaglino. Si sta andando in una direzione sbagliata. L’eutanasia cambia il modo in cui noi gestiamo la morte e la tragedia, analogamente al modo con cui il turismo cambia il nostro modo di vedere il mondo».
La conclusione dell’intervento è perentoria: «L’offerta genera la domanda, quindi se si legalizza l’eutanasia, ci saranno persone che la richiedono e altre che saranno attratte da questo metodo. Quindi è fuori luogo chiedersi se una eventuale legge italiana amplierà il ricorso all’eutanasia, l’unica questione è quando».