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9 Maggio 2022
Ultima modifica: 9 Maggio 2022 ore 14:44

Giornata dell'Europa: questa guerra segnerà il futuro dell'UE

Lodovisi: «L'Europa ha fallito nella prevenzione del conflitto». Un'analisi geopolitica mette in luce come la guerra in Ucraina può ridisegnare il ruolo dell'Europa all'interno degli equilibri mondiali
Giornata dell'Europa: questa guerra segnerà il futuro dell'UE
Foto di Denys Rudyi, Adobe stock
Le origini della guerra in Ucraina, l'espansione della Nato e il ruolo degli Stati Uniti, gli accordi di Minsk, l'aumento delle spese militari, il rischio del "nucleare tattico". E quello studio degli Stati Uniti che puntava a "indebolire la Russia".
 A Modena incontriamo Achille Lodovisi, storico ed esperto di geopolitica, con l'intento di capire meglio le ragioni che sottendono all'invasione russa dell'Ucraina. Una guerra che ad oggi ha provocato 5,8 milioni di profughi, oltre tremila civili ed altrettanti militari ucraini uccisi e una stima di 14mila militari russi morti nei combattimenti.

Perché è scoppiata la guerra in Ucraina

Quali sono le origini della guerra in Ucraina?
«Ciò che succede ha ragioni storiche che risalgono al XVII secolo e riguardano il rapporto tra l’Europa orientale e l’Occidente. Sembra che quest’ultimo continui a vedere l'Oriente come un luogo dove regnano servitù e assoggettamento. Mentre l'Oriente teme la tendenza occidentale all'espansione. Questa situazione si è trascinata nei secoli fino ad oggi. I territori collocati lungo una linea ideale che congiunge il Mar Baltico al Mar Nero, passando per l’Europa orientale e i Balcani, sono come faglie che accumulano energia nei conflitti latenti e prima o poi la rilasciano, provocando il sisma della guerra. Una volta terminato il conflitto si stabilisce un nuovo equilibrio, le faglie ricominciano ad accumulare energia sino alla nuova crisi bellica e questo ci fa dire che esistono solo vincitori e sconfitti temporanei. Dai meccanismi sismogenetici l’uomo ha imparato che non può fermare queste dinamiche ma che è possibile, con la prevenzione antisismica, limitare i danni con la costruzione di edifici idonei, la messa a punto di reti territoriali di protezione civile e la diffusione di un’educazione capillare tra la popolazione per prepararla ad affrontare gli eventi calamitosi. Con una similitudine, forse azzardata dal punto di vista sismologico ma molto chiara nel caso dei rapporti tra stati e alleanze politico militari, si può trasferire il concetto di prevenzione alle aree di potenziale conflitto, agendo con determinazione, onestà ed equanimità per limitare l’accumulazione di energia nelle faglie tra una guerra e l’altra.»
 
Quali le cause nella storia recente?
«Per venire ai giorni nostri occorre ricordare i fatti di Euromaidan. Il 21 novembre 2013 a Kiev scoppiarono le proteste chiamate, appunto, “EuroMaidan” - la piazza per l'Europa – dopo che l'allora Presidente ucraino Yanukovich, sotto la pressione di Mosca, respinse un accordo di associazione con l'Unione Europea. Le proteste si protrassero per mesi e culminarono a fine febbraio con l'uccisione da parte di cecchini di 100 manifestanti. Fatti terribili che costrinsero il presidente Yanukovich a fuggire all'estero il 21 febbraio 2014. Il cambio di regime in Ucraina - da filorusso a filoccidentale - portò pochi giorni dopo, il 27 febbraio, all'annessione della Crimea da parte della Russia. Il 16 marzo 2014 con un referendum - non riconosciuto da gran parte della comunità internazionale - il 96 per cento degli elettori della Crimea, molti dei quali di etnia russa, votarono per l'annessione alla Russia.»

Gli accordi di Minsk e l'indipendenza del Donbass

Come iniziò la guerra nel Donbass?
«Se l'annessione della Crimea fu incruenta, non fu così per il Donbass, la regione dell'Ucraina orientale, dove nell'aprile 2014 insorsero in armi i separatisti sostenuti militarmente dai russi. Anche qui si tenne un referendum in cui le popolazioni di Donetsk e Luhansk, in larga maggioranza di lingua e cultura russa, votarono in modo schiacciante per l'indipendenza. Ed anche questa votazione non fu riconosciuta dalla comunità internazionale. Ma questa volta l'Ucraina reagì. Il neoeletto Presidente ucraino Poroshenko ordinò un'“operazione antiterroristica” per contrastare i separatisti. Qui iniziò il conflitto che fino all'anno scorso era costato la vita a circa 10.000 persone ed in seguito al quale gli Stati Uniti ed i loro alleati europei imposero sanzioni economiche contro la Russia, fornendo all'Ucraina assistenza militare.»
 
Quale fu la risposta agli accordi per porre fine al conflitto del 2014?
«A Minsk, nel settembre 2014 furono raggiunti gli accordi tra Ucraina, Russia e Repubbliche separatiste del Donbass, sotto l'egida della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). In essi erano previsti un cessate il fuoco immediato, lo scambio dei prigionieri e l'impegno, da parte dell'Ucraina, di garantire un’ampia autonomia alle regioni di Donetsk e Luhansk. Tuttavia, nonostante abbia portato ad un'iniziale diminuzione delle ostilità, l'accordo non fu rispettato. Ed oggi ne vediamo le terribili conseguenze

«L'Europa – tramite l'OSCE – ha fallito nella prevenzione» 

Cosa si sarebbe potuto fare?
«Ciò che balza subito agli occhi è che avremmo dovuto governare le differenze: ognuno ha bisogno dell'altro. Invece l'Europa – tramite l'OSCE – ha fallito nella prevenzione, non si è impegnata a sufficienza per limitare e controllare l’accumulazione di energia nella faglia. A chi altri, se non all’Europa, con il coinvolgimento costante dell’Ucraina e della Russia, toccava tale compito fondamentale per prevenire la degenerazione delle tensioni in conflitto armato? Lo spirito della pace è lo spirito di quelli che fanno prevenzione dei conflitti. Quando scoppia la guerra è tardi. All’inizio degli anni Novanta abbiamo già vissuto una situazione simile nei Balcani con la disgregazione della Jugoslavia. Dopo una guerra ricostruire un equilibrio è difficilissimo. Purtroppo lo vediamo ancora oggi nei Balcani, regione in cui il fuoco cova sotto la cenere.»

Lo studio USA per indebolire la Russia

Qual è il ruolo degli Stati Uniti nella guerra?
«L'obiettivo degli Stati Uniti è ben spiegato in uno studio commissionato dall'Amministrazione americana e realizzato nel 2019 dalla Rand corporation (Extending Russia. Competing from advantageous ground». Dato per scontato che tra Stati Uniti e Russia ci sarà sempre un confronto, quello che si può fare, secondo lo studio, è “indebolire la Russia”. Viene così elencata una serie di misure, alcune delle quali definite “nonviolente”, volte a questo obiettivo e fra esse vi è quella di “aumentare l'assistenza militare letale all'Ucraina al fine di aumentare i costi della presenza militare russa nel Donbass: la Russia dovrebbe sostenere alti costi finanziari, maggiori perdite dell'equipaggiamento e più morti”. In esso ci si richiama a mo' di esempio alla guerra di logoramento dei sovietici in Afghanistan. Non violente per gli Usa ma violentissime per la Russia e l’Ucraina.»
 
Nel report non era prevista una guerra su così vasta scala portata avanti dalla Russia.
«Nello studio si prevedeva tuttavia la reale possibilità di un simile scenario. Il sostegno militare all'Ucraina, infatti, avrebbe portato “il conflitto ad un più alto livello di intensità, comportando un costo significativo per l'Ucraina: un numero sproporzionatamente grande di vittime ucraine, perdite territoriali e flussi di profughi. Potrebbe persino portare l'Ucraina ad una pace svantaggiosa”.»
 
Quali sono gli interessi russi ed eventualmente occidentali in Ucraina?
«Fare analisi solo su interessi non è sufficiente. Vi è un'ansia reciproca tra le due potenze. Da una parte gli Stati Uniti temono la formazione dell'Eurasia, un'unione geopolitica dalla Russia alla Cina, passando anche per l'India e l’Iran con la possibile collaborazione turca. Dall'altra il comportamento della Russia in Ucraina è figlio di un meccanismo che genera angoscia e paura. I russi hanno paura dell'invasione e dell'espansione occidentale. D’altro canto, gli ucraini hanno memoria di un milione di morti al tempo dei bolscevichi e delle purghe staliniane. La gestione delle ansie di un popolo, delle paure di una nazione c'è sempre stata. Basti pensare che la Grande Muraglia è nata dell'angoscia del Celeste Impero di essere invaso delle popolazioni dell'Asia centrale. In tutti questi decenni non si è riusciti a curare il passato. Per questo è un conflitto molto pericoloso, perché è causato dall'accumularsi di ansie e paure.»

L'espansione della NATO ha favorito la guerra in Ucraina? 

L'espansione della NATO è una delle cause del conflitto?
«Il crollo dell'Unione Sovietica fu vissuto dai russi come la più grande delle disfatte. Nel 1994 l'allora presidente russo Eltsin aveva ricevuto dal Presidente Clinton la rassicurazione verbale circa il congelamento dell'espansione della NATO. Tuttavia, nel 1997 la politica di allargamento dell’Alleanza riprese e nel 2004 entrarono nella Nato alcuni Paesi dell'ex Patto di Varsavia, in precedenza alleati dell'Unione Sovietica. Infine, nel 2008 la Nato annunciò che si sarebbe allargata anche a Paesi che facevano parte del territorio dell'Unione Sovietica, tra cui l'Ucraina.»
 
Quale fu la reazione della Russia?
«Quando nel 1999 Putin andò al potere percepì subito l'allargamento della NATO a est come una palese minaccia alla sicurezza della Russia. Non solo, ma il fatto che non venne rispettato questo patto verbale portò ad una rottura nel rapporto di fiducia tra potenze, nonostante un breve periodo di buone relazioni nei primi anni del nuovo secolo. Negli ultimi anni abbiamo poi assistito ad una involuzione autoritaria di Putin, il quale si è fatto condizionare da angosce e paure ataviche. Teme che la Russia perda il suo status di grande potenza.»

Chi spende di più per gli armamenti

Come giudica la decisione di portare le spese militari al 2% del PIL?
«Nel 2021, le spese militari nel mondo hanno già superato i 2 trilioni di dollari all'anno (dati SIPRI, istituto indipendente), pari a circa 500 miliardi in più (a prezzi costanti 2020) rispetto al 1988, in piena Guerra Fredda. Gli Usa con 801 miliardi di dollari coprono il 38% del totale, seguiti da Cina (14%), India (3,6%), Regno Unito (3,2%) e Russia (3,1%). Questi sono i primi cinque Paesi al mondo per spese militari. Se consideriamo gli investimenti dei principali paesi della NATO (USA, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Spagna, Turchia e Polonia) constatiamo un ammontare complessivo di più di 1062 miliardi di dollari, pari al 50,3% del totale mondiale. Cina e Russia, rispettivamente con 293 e 65,9 miliardi nel 2021 coprono appena il 17% del totale.
Questi dati sono clamorosamente chiari: la Nato in termini di investimenti nel settore militare è di gran lunga superiore alla Cina e soprattutto alla Russia. Allora perché Washington esercita enormi pressioni sugli alleati per aumentare le spese militari? Una risposta credibile (ma ce ne sono altre che riguardano i cicli produttivi e i fatturati delle grandi aziende produttrici di armamenti, molte delle quali statunitensi) è il rilancio della NATO come alleanza militare guidata dagli USA a cui questi ultimi vorrebbero affidare il compito di fronteggiare la Russia in Europa, mentre Washington si concentra sul confronto con la Cina nel Pacifico che considera fondamentale.
Questa guerra ha già generato un ulteriore aumento delle spese militari con conseguenze destabilizzanti anche all’interno del campo NATO. La decisione della Germania di aumentare nei prossimi anni di 100 miliardi le spese militari, ad esempio, ha preoccupato sia la Francia, sia la Gran Bretagna perché non si conosce con precisione quali scelte politiche governeranno l’impiego di tali ingenti risorse. Molte delle armi trasferite all'Ucraina provengono dai depositi della Guerra Fredda che andavano svuotati per far posto a nuovi sistemi d’arma più adatti alle guerre odierne.
La Russia, dal canto suo, ha potuto testare sul campo alcuni dei nuovi sistemi d’arma che ha recentemente messo a punto anche in funzione del miglioramento delle sue capacità nella conduzione della guerra atomica, come ad esempio i missili ipersonici, vettori capaci di raggiungere i 12.350 kmh e di trasportare testate sia convenzionali che nucleari. Raggiungendo tale velocità il missile riesce a rendere molto problematica la sua intercettazione da parte dei sistemi occidentali. Si tratta di armi che gli Stati Uniti non possiedono. Da notare come anche la finanza faccia i conti con l'aumento delle spese militari che rende molto appetibili gli investimenti nel settore da parte di fondi che in precedenza lo avevano trascurato per motivi “etici”.»
 
Più volte si è citata l'arma atomica. C'è il rischio che possa essere usata?
«La dottrina militare russa prevede l'utilizzo delle bombe tattiche nucleari. Sono armi che hanno una potenza di 1-3 kilotoni e quindi relativamente piccola rispetto ad altri ordigni nucleari degli arsenali statunitense e russo (quest’ultimo conterebbe 5.977 testate secondo la indipendente Federation of American Scientists). Le atomiche tattiche sono a corta gittata e potenza ridotta e generano un fallout limitato. Il loro impiego è previsto sul campo di battaglia contro grandi concentrazioni di mezzi corazzati e di artiglieria, una situazione che potrebbe verificarsi nel caso di un confronto sul terreno tra la NATO e la Russia. È bene tenere a mente che in questa guerra può succedere di tutto, soprattutto se si considerano gli aggiornamenti della dottrina russa d’impiego delle armi atomiche tattiche come risposta ad un massiccio attacco convenzionale al territorio della Federazione.»