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4 Aprile 2019

I nostri figli con gli ex tossicodipendenti

In provincia di Bologna nasce il Villaggio Don Oreste Benzi che vede accolti persone vittime delle dipendenze, clochard, emarginati. E una famiglia  che ha deciso di andare a vivere con loro.
I nostri figli con gli ex tossicodipendenti
Prima le canne, poi la cocaina, dieci anni di eroina, e la rovina del gioco d'azzardo. E infine, mentre accartoccia con le mani il filtro di una cicca in un portacenere di plastica annerito, un presente da maestro di vita.
È la storia tipica dei modelli educativi che Claudia Guaita, mamma naturale di tre ragazzi e mamma affidataria di altri tre, ha scelto per i suoi figli. E così lei e la sua famiglia si sono trasferiti a vivere nella frazione di Sabbiuno, a Castelmaggiore di Bologna: lungo la stessa strada in un'area agricola di quattro chilometri quadrati ci sono un'accoglienza per senza fissa dimora, un'accoglienza per adulti in difficoltà, due realtà di accoglienza per tossicodipendenzi a vario livello di sbornia. E adesso, a queste si affianca la casafamiglia di Claudia, arrivata da cinque mesi insieme al marito Fabio Bernasconi. Mamma Claudia spiega: «Siamo venuti per dare la possibilità alla nostra famiglia di crescere e formarsi attraverso la condivisione di vita con persone che stanno lottando con sé stesse per ricostruirsi una vita; ai ragazzi in programma offriremo l’esempio, l’affetto e la stabilità di una famiglia, che molti di loro non hanno mai avuto».
 
A marzo le cinque realtà si costituiscno come vero e proprio villaggio dell'accoglienza, ampliato grazie al fondamentale contributo della Diocesi di Bologna. Il Vescovo ha messo a disposizione 500.000 euro provenienti dagli utili dell'azienda FAAC di proprietà della Curia, per ristrutturare i 140 metri quadri della casa famiglia ed una sala riunioni. Prima qui c’era era una vecchia stalla abbandonata. Mons. Matteo Mattia Zuppi ha sempre sostenuto ed incoraggiato i progetti di accoglienza: «La Chiesa di arricchisce di queste case di carità che sono una prosecuzione della mensa eucaristica, e che celebrano sempre lo stesso sacramento di Cristo, presente nei fratelli più piccoli».
 
Altri contributi sono arrivati dalla Comunità Papa Giovanni XXIII e da donatori privati. Il Villaggio Don Oreste Benzi (così si chiamerà il progetto) vive l'unicità, rispetto ad analoghe esperienze, di essere distribuito ed aperto su un territorio verdeggiante di campagna, intervallato da poche abitazioni private. Anche Padre Luca Morigi, francescano conventuale, è venuto a condividere la vita con le vittime delle dipendenze: «Il villaggio permette l’esperienza di vita fraterna e l’aiuto reciproco nell’accogliere: da tre anni, ogni sabato, incontriamo una quarantina di ragazzi, rovinati dall’eroina e dal gioco, sulle strade. A volte li invitiamo a mangiare con noi, quando alla domenica la casa per gli homeless è vuota. Se qualcuno esprime la motivazione nel cambiare vita, li porto a casa con me; a breve potranno essere accolti in un appartamento che verrà destinato proprio alla pronta accoglienza».  Chi paga per salvare questi giovani? «Se il Signore ce li fa incontrare, mettiamo al centro prima l’incontro con loro, poi pensiamo ai soldi. Se si instaura un legame umano, io seguo il legame; se dovessimo aspettare di avere delle rette per accogliere, non riusciremo mai a fare nulla».