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5 Maggio 2025

InPasta: la rinascita delle donne attraverso la cucina

Un progetto che nasce per curare palato e cuore
InPasta: la rinascita delle donne attraverso la cucina
Donne che aiutano altre donne, impastando, creando cose buone da mangiare. È la realtà di InPasta, un’associazione di promozione sociale nata nel modenese che punta al riscatto portando gioia ai palati.
Ha ancora le mani sporche di pasta, Emilia. Ha finito da poco di far la pasta frolla e di pulire le attrezzature in cucina. Indossa il grembiule giallo caratteristico del laboratorio che mette subito allegria. Mirei è invece al computer a far di conto. Accanto a lei Marilena e Marina. Incontrando queste quattro donne eroiche di diverse età, si coglie subito la voglia di mettersi in gioco per un sogno grande. 
Sono parte dello staff di InPasta, associazione di promozione sociale nata a Medolla, nella bassa modenese, nella primavera del 2022 e già attiva nel panorama emiliano delle sagre, delle fiere, del catering.
Donne che aiutano altre donne facendo la pasta fresca: questo l’obiettivo che trapela dal loro racconto. «L’idea è nata da una mia sensibilità verso le donne sole, quelle che per motivi familiari o sociali sono più fragili – spiega Marilena Gilioli che ha fondato l’associazione con l’attuale presidente Savio Malavasi -. Mi sono chiesta cosa potessi fare per loro, avevo un forno. Io sapevo solo impastare. Allora ho capito che dovevo mettere in gioco proprio questa capacità, a servizio di altre donne. Un giorno in televisione avevo visto una giovane donna veronese che raccontava di aver creato una cooperativa tessile per l’inclusione di donne in difficoltà. E allora ho pensato che anch’io potevo farcela».
Hanno già ottenuto un buon successo pur avendo avviato l’iniziativa in giro per l’Emilia da poco più di un anno. I prodotti realizzati sono quelli tipici dei pastifici emiliani. Il laboratorio sociale dell'associazione produce pasta fresca e dolci tipici della tradizione modenese, come tortellini, tagliatelle, passatelli, rosette e lasagne, oltre a ciambelle, biscotti e crostate, utilizzando ingredienti provenienti da realtà locali, tutti prodotti emiliani che possono essere acquistati nel nuovo punto vendita aperto al pubblico dal lunedì al sabato. Così pure come nelle fiere e nelle sagre della regione.

Mani in pasta: il segreto per uscire dalla solitudine

Ma la differenza la fanno le volontarie che affiancano tutti i giorni donne tra i 30 e i 60 anni. Emilia lo fa capire con poche parole. «Quando ho iniziato nel laboratorio, ho sentito subito che finalmente potevo uscire dalla solitudine. Questo è un luogo pieno di persone simpatiche, si fanno battute, si scherza e si lavora sodo. Prima io non sapevo fare nulla, non sapevo fare i dolci e nemmeno la pasta fresca. Questa attività che continuo come volontaria da oltre un anno mi ha riempito le giornate. Io vivo col mio compagno ma non ho trovato lavoro e quindi il tempo, stando sola, non passerebbe mai. Con InPasta si rinasce!».
Oggi Emilia è in grado di seguire tutto il processo di produzione di dolci e pasta fresca dall’impastatura alla cottura, fino al confezionamento. Come capitato a lei nel primo periodo, altre donne con fragilità hanno la possibilità, unica nel territorio, di essere affiancate durante un tirocinio formativo rivolto in particolare a chi ha difficoltà nell'inserimento lavorativo e necessita di un ambiente protetto.
Uno scatto durante la produzione di pasta fresca, dal progetto InPasta.

Ingredienti: formare, imparare, integrare

InPasta, anche se ha appena compiuto due anni, include infatti ormai una trentina di persone tra volontarie e tirocinanti. Si tratta di donne rimaste sole dopo la morte dei genitori, con disagio e a rischio di emarginazione, donne uscite da vissuti difficili, con lieve disabilità fisica o patologie psichiatriche o detenute in pena alternativa. C’è una vasta gamma di nazionalità tra le donne che imparano la cucina tradizionale modenese. Non solo “rezdore” emiliane. Donne cubane, marocchine, ucraine, rumene. Per valorizzare anche loro vengono organizzate cene multietniche, un’occasione per conoscere sapori e gusti di diversi paesi e tradizioni culinarie.
«L'associazione è ormai diventata un luogo di incontro e di formazione – spiega Marina che segue tirocini e borse lavoro - dove le partecipanti possono sperimentare competenze da spendere un domani nel mercato del lavoro. Grazie alla collaborazione coi Servizi sociali, ForModena e la cooperativa Nazareno, oggi riusciamo ad accogliere 4-5 donne in un percorso formativo della durata di sei mesi, con una supervisione mensile. La sfida è per noi poter dare disponibilità anche a persone con problematiche importanti, non solo quelle autosufficienti. Ma questo richiederà in futuro una figura educativa che le affianchi e che il gruppo delle volontarie che sostengono maggiormente la produzione siano formate in maniera adeguata nel relazionarsi con diverse fragilità femminili. È importante sapere quali parole dire, come approcciarsi, chi ha bisogno di pause di lavoro, che equilibrio creare e ricreare nel gruppo. Un altro sogno è anche poter garantire il trasporto con un pulmino di quante non guidano o non sono automunite, ma vorrebbero raggiungere il nostro laboratorio da altri territori della bassa».

Un laboratorio aperto al territorio

La squadra di InPasta ha un forte spirito di iniziativa, lo sguardo proiettato verso il futuro e attento alla sostenibilità del laboratorio. Organizza anche corsi di cucina e laboratori dedicati ad adulti e bambini, collaborando con associazioni ed enti locali per promuovere l'inclusione.
«Noi siamo partite dal nulla, anche se veniamo tutte dall’esperienza del volontariato - racconta Mirei che quando ha iniziato il suo volontariato nel laboratorio, dopo anni impegnativi nel mondo del lavoro, credeva che ci fosse bisogno solo di qualche ora di aiuto nella contabilità. «Non è facile far tornare i conti, tra le vendite e le libere elargizioni, e valorizzare l’impegno di persone fragili nella forma dell’associazione di promozione sociale. Ma non ci diamo per vinte!».
L’associazione cerca infatti in tutti i modi di bilanciare le esigenze produttive e le entrate economiche nelle fiere e nei catering con i bisogni di armonia di donne fragili che, con le mani in pasta, sono sostenute da volontarie che hanno già la passione per la cucina e donne che hanno bisogno di socializzare.
Un modello flessibile quello di InPasta che si adatta alle persone per il loro benessere, più che forzarle ad adattarsi a un sistema veloce di produzione e che sta funzionando bene anche nell’integrazione col territorio perché - come dice Emilia - «Le persone che ci avvicinano nelle fiere sono molto curiose e ci fanno un sacco di complimenti». E riceverli, fa certamente star bene.