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21 Aprile 2022

La pace cresce nell'orto

Coltivare in proprio significa cibo genuino, attività salutare, e anche solidarietà
La pace cresce nell'orto
L'esperienza degli alunni della Scuola Don Oreste Benzi di Forlì che coltivano, a partire dalla cura dell'orto, la relazione con i bambini e i ragazzi accolti in Zambia da Cicetekelo Youth Project
«In tempo di emergenza, si ricorre agli orti di guerra. A me piacerebbe invece che gli orti fossero di pace: occasioni di convivialità, di apprendimento con e dalla natura, fin dai primi anni di vita» scriveva Pia Pera, scrittrice, saggista e fondatrice dell’iniziativa Ortidipace. 
Le sue parole, rilette in questo particolare momento storico, incastrato tra la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, hanno molteplici risonanze.

In Italia aumentano gli orti

L’attività agricola su piccola scala - anche personale, per l’autoconsumo - è sempre stata tra quelle permesse anche in tempi di zone rosse. Come sottolineava la Coldiretti nel marzo 2021, la finalità di questo tipo di attività è doppia: non solo garantire l'approvvigionamento di cibo genuino, ma anche il bisogno di fare attività fisica e di recuperare ritmi quotidiani più naturali. Ed è così che la superficie destinata agli orti urbani registra una crescita costante - superava già i 2,1 milioni di metri quadrati nel 2019, con un incremento del 18,5% in cinque anni, secondo l’analisi della Coldiretti sugli ultimi dati Istat.
A queste valide motivazioni si aggiunge ora la preoccupazione per il caro spesa, conseguenza già tangibile di una guerra che sta sconvolgendo gli equilibri del pianeta. Ben il 44% degli italiani ha quest’anno deciso di coltivare in proprio frutta e verdura a chilometro zero in giardini, terrazzi, orti urbani e piccoli appezzamenti di terreno. L’investimento per questo tipo di attività "casalinga" si può stimare intorno ai 250 euro per 20 metri quadrati - i dati sono sempre di Coldiretti, che in occasione dell’arrivo della bella stagione ha stilato un decalogo per l’orto perfetto.

Coltivare: un tempo di gioia

Non si può non pensare - pur facendo le debite differenze - alle immagini degli orti spuntati durante la Seconda Guerra Mondiale nel centro delle grandi città per far sì che, nell'osservanza dell'imperativo del Duce, «non (ci fosse) un lembo di terreno incolto».
Proprio a questi si riferiva Pia Pera nel suo scritto nel 2006, aprendo però subito ad una prospettiva diversa: «A mio parere, quando si passa del tempo nell’orto, non bisogna mai perdere di vista questo aspetto fondamentale: la gioia».
Superiamo la rigida divisione tra lavoro e tempo libero, occupiamoci della terra come artigiani e artisti, considerandola la materia prima della nostra creazione! - questo il suo incoraggiamento, il suo insegnamento.
Accanto alla finalità produttiva, dunque, anche quella del benessere fisico e psicologico, così come dell’apprendimento teorico, pratico e valoriale.
Nell’orto non si imparano infatti solo le conoscenze legate al ciclo naturale e alle tecniche agricole, ma più in generale di botanica e zoologia. E non si assorbono solamente i principi legati al rispetto e alla cura dell’ambiente, ma anche la consapevolezza di appartenere a una comunità, che si allarga in cerchi concentrici fino a comprendere l’umanità tutta - su cui si basano, di fatto, il rispetto e l’accoglienza dell’altro da me e quindi il processo di costruzione e difesa della pace.

Il progetto della scuola: da Forlì allo Zambia

Bambini a scuola nel Cicetekelo Youth Project in Zambia
 
Su questi presupposti si basa l’iniziativa “Un orto a Forlì, un orto a Ndola: un ponte di pace”, ideata, promossa e realizzata dalla
Scuola Paritaria Don Oreste Benzi di Forlì in collaborazione con Cicetekelo Youth Project, il modello di intervento per OVCs (Orphans and Vulnerable Children) che accoglie a Ndola, in Zambia, più di 300 bambini e ragazzi.
Le due realtà - entrambe espressione dell’impegno della Comunità Papa Giovanni XXIII in tema di educazione e formazione - erano già unite da un gemellaggio che aveva iniziato a concretizzarsi grazie a momenti di scambio e di testimonianza, che sono stati però interrotti dalla pandemia.
Durante l’anno scolastico in corso si è trovato il modo di riallacciare il legame tra gli studenti italiani e quelli zambiani, proprio a partire dall'attività della cura dell’orto.
Come molte altre, anche la Scuola Don Oreste Benzi ha scelto da due anni a questa parte di introdurre l’Outdoor Education, metodologia che prevede lo svolgimento di attività negli spazi esterni alla scuola, per valorizzare l’apprendimento attraverso l’esperienza diretta e lo sviluppo di competenze trasversali e conoscenze interdisciplinari.

Un'aula all'aperto in Italia, in Zambia un modo per provvedere al cibo

L’orto didattico, coltivato nel grande giardino, una volta parte del convento delle Suore Maestre di Santa Dorotea, fa parte di questo programma: in questa “aula all’aperto” gli alunni della Primaria e della Secondaria di Primo Grado coltivano la terra insieme agli insegnanti, con la guida degli specialisti della Fattoria Didattica di Borgo Basino, realtà locale con cui la scuola ha allacciato una partnership.
In Zambia i bambini e le bambine imparano da piccoli a usare la zappa, seminare, raccogliere
 
Ciò che qui è per molti novità e scoperta, là è pressoché innato: in un Paese come lo Zambia, in cui solo il 50% della popolazione attiva è occupato (dati De Agostini Geografia 2020) e la sopravvivenza si basa ancora in gran parte sull’attività contadina di autosussistenza, i bambini e le bambine imparano da piccoli a usare la zappa, seminare, raccogliere. 

Anche per questo motivo tra le attività proposte da Cicetekelo Youth Project ai piccoli accolti c’è quella dell'orticoltura, ma non solo: il suo centro per la formazione professionale offre, tra gli altri, il corso di Teoria e Tecniche Agricole, mentre una delle principali fonti di auto-sostentamento del progetto è proprio quella agricola, grazie ai frutti dei terreni coltivati a mais, legumi, ortaggi.

Il valore dello scambio di esperienze

Lezioni di intercultura alla scuola don Oreste Benzi di Forlì
 
Lo scambio di queste esperienze particolari è avvenuto - in lingua inglese, tratto che accomuna la scuola nostrana, bilingue, e quella della ex colonia britannica - grazie ad immagini, video, incontri online, corredati da lezioni di intercultura che hanno introdotto alla conoscenza del Paese della realtà gemellata.

Anche in questo caso, maestra è stata l’esperienza: maneggiare oggetti di rame e pietre dure per dedurre quali sono le materie prime attorno a cui ruota l’economia non solo locale, ma internazionale; osservare un piatto e un cucchiaio di legno per ragionare su un'alimentazione diversa, ma comunque valida dal punto di vista nutrizionale; imparare ad annodare un citenghe attorno alla vita o sulla testa per scoprire usi e costumi che sembrano bizzarri, ma una volta compresi svelano la loro logica.
Al termine di questo percorso di conoscenza e condivisione l’orto di Forlì ospita semi e piante primaverili, mentre quello di Ndola, sul finire della stagione delle piogge, ha dato i suoi frutti.
Insieme ci ricordano che il futuro di ciascuno di noi si gioca sulla cura e sul rispetto, non solo dell’ambiente, ma dell’essere umano, e che le nostre esistenze sono legate a doppio filo: la pace è la condizione imprescindibile per la nostra stessa vita.