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29 Maggio 2023

L'alluvione in Emilia Romagna spiegata da un geologo

Si possono evitare altri disastri con la conoscenza, la gestione del territorio e una pianificazione territoriale integrata
L'alluvione in Emilia Romagna spiegata da un geologo
«Non si tratta di bloccare il progresso dell'umanità ma piuttosto di scegliere il modello di sviluppo che vogliamo continuare ad adottare».
Partiamo da un dato di fatto che certamente non è nuovo: il territorio italiano per le sue caratteristiche morfologiche, geologiche e meteo-climatiche è naturalmente esposto ai rischi di dissesto. A questo si deve aggiungere la forte antropizzazione dovuta all’incremento delle aree urbane dal secondo dopoguerra con conseguente aumento degli elementi esposti al rischio, cioè manufatti e abitanti presenti in aree soggette a pericolosità per frane e alluvioni. 

Alluvione in Emilia Romagna: gli eventi estremi di maggio 2023

Nell’ ultimo rapporto “Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio” elaborato dall’ISPRA(Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) nel 2021 si legge che: «7.423 comuni (93,9% del totale) sono a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera, il 18,4% del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità per frane e alluvioni, 841 km di litorali in erosione pari al 17,9% delle coste basse italiane, 1,3 milioni di abitanti sono a rischio frane e 6,8 milioni di abitanti sono a rischio alluvioni».
In particolare l’Emilia Romagna è tra le regioni che presentano una percentuale di territorio potenzialmente allagabile superiore rispetto ai valori calcolati su base nazionale. Il Report ISPRA del 17 maggio 2023 Evento alluvionale Emilia-Romagna 16-17 maggio 2023” ci informa che «L’11,6% del territorio regionale ricade in aree potenzialmente allagabili secondo uno scenario di pericolosità elevata. In caso di scenario di pericolosità media le aree potenzialmente allagabili raggiungono il 45,6% dell’intero territorio regionale». 

Su questa situazione generale di base si innestano gli eventi meteo-idrogeologici di questa prima metà di maggio 2023 che per una convergenza di fattori quali l’intensità, la persistenza e la convergenza dei fenomeni stessi hanno riversato sul territorio un’elevata quantità di acqua meteorica «in meno di 20 giorni con precipitazione cumulata mensile che ha superato i 450 millimetri in varie località». A tutto ciò si sono affiancati ovviamente tutti i fenomeni franosi registrati in questi giorni e determinati sostanzialmente dalla saturazione dei terreni potenzialmente soggetti a fenomeni di movimenti di massa.

Come difendere il territorio dai rischi idrogeologici

Le parole chiave per la difesa dei territori e la mitigazione dei rischi idrogeologici sono: 
  • conoscenza, del territorio e dei fenomeni che lo caratterizzano, 
  • gestione e cura del territorio attraverso una 
  • pianificazione territoriale integrata
La legislazione e gli strumenti ci sono: in tutta Italia a livello regionale e di Distretti di Bacino sono stati adottati i Piani di Assetto idrogeologico (PAI) e i Piani di Gestione del rischio alluvioni (PGRA) in recepimento della direttiva comunitaria 2007/60/CE cioè la “Direttiva Alluvioni”. È interessante rilevare che già nel 2007, nel testo della Direttiva europea, e tre anni più tardi in ambito nazionale in quello del D.Lgs. 23/02/2010, n. 49 – “Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni”,  si fa specifica menzione dei cambiamenti climatici nei termini di considerarne le conseguenze sul verificarsi delle alluvioni in sede di valutazione del rischio (D.lgs. 23/02/2010n.49 art 4 comma 2)

La cultura della cura nella gestione del territorio

Nella storia geologica del nostro pianeta si sono verificati diversi mutamenti che hanno riguardato il clima e conseguentemente la variazione della temperatura globale, dobbiamo però considerare che nelle ultime pagine di questa storia compare l’uomo con la sua capacità sempre crescente di realizzare manufatti, modificare il territorio, estrarre risorse, strutturare processi produttivi e generare “prodotti di scarto” provenienti dalle sue attività, e quindi con l'influenza che queste determinano sui processi naturali ed in particolare sulle variazioni di temperatura globale.
Nel considerare questi temi che hanno una ricaduta così determinante sulla nostra vita è essenziale costruire e sviluppare sempre più e a tutti i livelli la "cultura della cura" che Papa Francesco ci spinge ad assumere. Non si tratta quindi di bloccare il progresso dell'umanità ma piuttosto di scegliere il modello di sviluppo che vogliamo continuare ad adottare, dalla gestione del territorio alla produzione di beni, dall' estrazione delle materie prime alla produzione e utilizzo dell'energia e delle sue fonti. Si tratta di prendersi cura dei beni che disponiamo per questo progresso, come l'ambiente e il territorio, nell’ottica di chi amministra un bene da conservare per le generazioni future.
In questa visione riguardo alla pianificazione territoriale, accanto alle tradizionali misure di “difesa”, che certamente hanno il loro ruolo, e alla loro manutenzione, è importante affiancare misure come delocalizzazioni, manutenzione del territorio, pratiche sostenibili di uso del suolosistemazioni idraulico-forestali e quant’altro. Il concetto è il “ripristino ambientale”: considerato che la costruzione di manufatti e strutture modifica di fatto l’assetto naturale di un sito, è necessario considerare parallelamente le azioni e le misure compensative volte a ripristinare l’integrità e la funzionalità originaria del sito stesso. 

Il ruolo del riscaldamento globale e delle emissioni di CO2

Facendo un passo indietro e assumendo uno sguardo più ampio, dobbiamo considerare che i cambiamenti climatici stanno portando in tutto il mondo un aumento dei fenomeni meteorologici estremi. Il Bilancio 2022 dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente ci informa che in Italia sono aumentati del 55% gli eventi meteo-idrogeologici che hanno causato danni e vittime: siamo passati dai 200 eventi del 2021 ai 310 del 2022 in termini di allagamenti, trombe d'aria, esondazioni e frane con sempre maggiore impatto su tutta la penisola. Il sesto rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici pubblicato a marzo 2023 dall' IPCC (il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) conferma che le emissioni di gas serra derivanti dal nostro utilizzo dei combustibili fossili stanno provocando gli attuali sconvolgimenti ed eventi meteo estremi. Il rapporto ci dice anche che è ancora possibile fare qualcosa, purché si faccia subito, per limitare il riscaldamento globale a 1,5C e mitigare i cambiamenti climatici e i conseguenti effetti. Centrale è la necessaria drastica riduzione delle emissioni di CO e della dipendenza dai combustibili fossili. Rivestono quindi grande importanza le azioni e le decisioni a livello di governi, ma anche quelle che possono mettere in atto i singoli cittadini in termini di stili di vita più leggeri dal punto di vista dell'impronta ecologica. Un'importante iniziativa promossa dal Movimento Laudato Si', e a cui aderiscono le istituzioni cattoliche e diverse associazioni tra cui La Comunità Papa Giovanni XXII, è la campagna di disinvestimento dalle fonti fossili.
C'è ancora speranza se agiamo ciascuno nel suo ambito e per le sue possibilità per salvaguardare la casa che abitiamo tutti.