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7 Settembre 2019

In bilico l'insegnamento dell'educazione civica a scuola

Annunciata con ampio clamore per questo anno scolastico, la reintroduzione dell'Educazione Civica rischia di slittare al 2020.
In bilico l'insegnamento dell'educazione civica a scuola
Foto di ANSA/FRANCESCA RUGGIERI
Costituzione italiana, istituzioni europee, legalità, cittadinanza attiva e digitale, sostenibilità ambientale, diritto alla salute e al benessere della persona. L'educazione civica si insegnerà a scuola. Quando e come?
Annunciata con ampio clamore per questo anno scolastico, la reintroduzione dell’Educazione Civica rischia di slittare al 2020. Per entrare in vigore quest’anno, infatti, la legge avrebbe dovuto essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale quindici giorni prima dell’inizio dell’anno scolastico. Ma al 16 agosto ancora la pubblicazione non è avvenuta e quindi tutto slitterebbe all’anno prossimo.  
I perché di questa omissione non sono noti e al momento possiamo solo stare a vedere come il nuovo governo gestirà la cosa.
Avremo un anno in più di maleducazione nel nostro paese? Oppure, come affermano fonti sindacali, un anno potrà essere utile alle Scuole per capire come attuare una legge che lascia sulle loro spalle tutta l’organizzazione della nuova materia? 

La nuova legge che reintroduce l’insegnamento dell’Educazione civica a scuola nasce con le migliori intenzioni: sviluppare la conoscenza della Costituzione italiana e delle istituzioni europee, sostanziare promuovere i principi di legalità, cittadinanza attiva digitalesostenibilità ambientalediritto alla salute e al benessere della persona

Educazione civica: qual è allora la vera novità?

Ci cono diversi aspetti che però non sono convincenti.
Partiamo subito da una constatazione: l'insegnamento dell’educazione civica non avrà risorse aggiuntive dallo Stato. Come detto chiaramente in più punti non aumenteranno né le ore di insegnamento, né gli insegnanti, né i fondi a disposizione. Le trentatré ore previste dovranno essere tolte da altre materie, per gl’insegnanti si ricorrerà all’organico dell’Autonomia «ricorrendo a docenti abilitati all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche, ove disponibili (e se non ci sono?)», i fondi riservati alla formazione provengono da quelli già stanziati per tale scopo.

Anche sui contenuti l’educazione civica sembra attingere a una serie di “educazioni” già in atto come l’educazione ambientale o alla legalità.
Un punto sicuramente positivo è quello della conoscenza della Costituzione, necessità che risulta evidente a chi frequenta i social network e si rende conto degli abissali strafalcioni ricorrenti nelle discussioni politiche, non solo da parte dei cittadini, ma anche dei politici. D’altra parte questo dovrebbe far parte della disciplina del Diritto, che non è presente in tutti gli indirizzi scolastici e ha ricevuto una notevole decurtazione dall’ultima riforma.

Educazione Civica. Come si impara? 

Qual è la vera novità? Che ci saranno delle ore dedicate ed un voto. Da quel che si capisce dalla legge l’insegnamento è trasversale e quindi in una stessa classe potrebbe essere inserito nelle ore di più insegnanti. Ci sarà poi un coordinatore che dovrà raccogliere le indicazioni dei docenti e formulare una proposta di voto da portare al consiglio di classe.

Quello che vuol essere il vanto della legge è in realtà il suo punto debole. L’educazione ad un corretto comportamento civico non si fa con le lezioni e i voti, si fa con i fatti e il buon esempio. In questo non è certo d’aiuto il comportamento di chi, nella stessa giornata e a pochi “tweet” di distanza, si è vantato dell’approvazione della legge e ha lanciato un pesante insulto su base etnica.
Come ha scritto Anna D’Auria del Movimento di Cooperazione Educativa: «C’è da chiedere a questo governo quale etica pubblica vedono realizzata i/le bambini/e che assistono a esclusioni dal servizio mensa a scuola, a pranzi per alcuni con una scatoletta di tonno mentre altri mangiano il cibo cucinato».

A scuola del gratuito. Verso il Convegno

L’esperienza della Scuola del Gratuito, ci ha dichiarato Lucia Bolcato, animatrice dell’ambito scuola della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha insegnato che «lavorare sulla relazione, creare un clima di benessere, permettere ad ognuno di esprimersi, far crescere cooperazione e collaborazione è già educazione civica».

Il problema è che si crede ancora al potere motivante del voto, il quale magari è efficace per stimolare un alunno a ripetere a pappagallo che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», ma risulta poco utile per cambiare un atteggiamento discriminatorio verso gl’immigrati.
La presenza del voto, poi, rischia di ridurre l’Educazione civica ad un peso in più da portare per gli studenti poco motivati.
Occorre una scuola che vada alla ricerca della vera educazione e delle motivazioni autentiche, come la Scuola del Gratuito  di cui si parlerà a Pesaro il 5 e 6 ottobre nel Convegno Perché insegno, perché imparo.

Fra le norme della legge c’è anche l’abolizione delle sanzioni disciplinari nella scuola elementare: ammonizioni, note, sospensioni e perdita dell’anno. Se da un lato è discutibile che l’educazione debba passare necessariamente per le punizioni, dall’altro sembra esagerato che non si possa più nemmeno ammonire o dare comunicazione scritta ai genitori dei comportamenti scorretti del figlio. Il patto di corresponsabilità esteso alle elementari sarà sufficiente a garantire un buon comportamento degli alunni e corretti rapporti con le famiglie?

Quali sono i mezzi concreti per una vera “Educazione civica”?

Come ci ha detto Lucia Bolcato, la cura del dialogo e della partecipazione alla vita della classe sono basilari. Ad esempio il “circle time”, un tempo in cui si discute fra pari su quanto accade in classe e si cerca una soluzione ad eventuali problemi o conflitti emergenti. Il lavoro di gruppo aiuta a comprendere e valorizzare la positività dell’altro e il valore della cooperazione. Può essere molto utile rendere partecipi gli alunni della gestione di alcuni aspetti della vita di classe come l’ordine e la custodia dei materiali o l’uscita per il bagno. Ci sono molte attività che permettono di dare ad ogni alunno il proprio ruolo. Su “Sempre Magazine” di maggio abbiamo scritto di come anche l’emergenza possa essere un’occasione per responsabilizzare la classe all’attenzione agli altri.  Alle superiori spesso si sottovaluta il valore degli organi collegiali come possibilità di educare nella pratica al dialogo e alla democrazia. Anche lo “Statuto dei diritti delle studentesse e degli studenti” offre buoni spunti per rendere consapevoli gli alunni di cosa significhi essere cittadini. Non va dimenticato, inoltre, che per una buona Educazione civica è essenziale la cooperazione di famiglia e territorio.

Un esempio istituzionale efficace di educazione alla convivenza civile viene dalla Danimarca, dove si insegna l’empatia, vale a dire la capacità di immedesimarsi nello stato d’animo dell’altro. Si chiama “Klassens tid (tempo di classe) e si tiene per un’ora alla settimana dai 6 ai 16 anni. I bambini preparano a turno una torta al cioccolato (il cacao è un anti-depressivo naturale) e sono invitati a esporre al resto della classe problemi, preoccupazioni o semplicemente uno spaccato del proprio vissuto. Sembra una cosa semplice, ma si sta rivelando un esperimento sociale di grande impatto per ridurre i casi di bullismo e formare adulti più consapevoli.
Sarà un caso che le statistiche indichino i Danesi come popolo più felice d’Europa?