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3 Luglio 2019

L'epilessia si batte in classe

Un compagno di classe è epilettico e tutti si mettono in gioco per far fronte alle emergenze
L'epilessia si batte in classe
Foto di Riccardo Ghinelli
«Che cos'ha?» La maestra non si sottrae alla domanda innocente del compagno, e ne approfitta per coinvolgere la classe in un lavoro di squadra per parlare dell'epilessia ma soprattutto perché ognuno si possa sentire protagonista e portare aiuto.
«Gli alunni di 4ª D non hanno ricevuto importanti riconoscimenti per una prestazione legata a un voto numerico. I nostri piccoli grandi alunni sono stati considerati, valorizzati, riconosciuti per aver messo in pratica il più grande scopo della vita: la capacità di rapportarsi ciascuno con le proprie peculiarità, di essere un gruppo che insieme scopre, cammina e cresce. Hanno capito ciò che veramente è importante: sapersi relazionare, ricercare le proprie potenzialità e renderne un'occasione di forza». Chi dice così è Elena Cecchini, maestra salita agli onori della cronaca per un progetto costruito attorno a un alunno con l’epilessia. Visto che il suo progetto può interessare chi crede nella “Scuola del gratuito” abbiamo deciso di raccontare la sua storia e approfondirne il lato pedagogico.

L'importanza di dire la verità ai bambini

Tutto comincia in una scuola come tante, l’Annika Brandi di Riccione, con una maestra come tante (o almeno così dice) e una classe come tante, la 4ª D. Un martedì mattina fanno quella che per loro è una normale attività, il circle time: si mettono in cerchio e parlano di quello che succede in aula. Emerge una curiosità: «Maestra, ma manca ancora N.?» «Che cos’ha ancora?» «La mia mamma mi ha detto che N. ha le convulsioni, che a lui si ribaltano gli occhi e si irrigidisce». La maestra li lascia parlare, cercano di capire cosa sia la malattia che impedisce ad N. di stare con loro tutti i giorni. Escono anche interpretazioni fantasiose: «Dici sempre che ha “un gran giudizio“ (intelligenza, in romagnolo, n.d.r). Si vede che ne ha troppo e tutto nella testa non gli sta». Aveva già deciso: dire la verità, nessun racconto mistificato o edulcorato «Un insegnante deve avere il coraggio e l'umiltà di mettersi in discussione e in gioco, seguendo le esigenze della classe», dice Elena. Non ha davanti un compito facile, ma dietro alle spalle ha una decina di anni di anni di insegnamento al Ceis (Centro Educativo Italo Svizzero) di Rimini, dove si prende sul serio la pedagogia. L’aiuta anche l’esperienza di avere una cugina Down.

Tutti coinvolti: ecco come si forma la vera cittadinanza attiva

Così ha una intuizione: ognuno deve avere un ruolo in occasione delle crisi. Ma non parte assegnando compiti, utilizza strumenti che la classe conosce. Il circle time, ad esempio, ma anche il brainstorming dove ognuno è libero di dare il suo contributo senza essere giudicato. E si ricorre anche ai bigliettini dentro a un cestino per esprimere dubbi, dare idee e proporre ruoli. «È bastato dare il “la” che, giorno dopo giorno sono nate le loro idee e le loro preziose spiegazioni, concretizzate negli “Incarichi di emergenza”». Il prodotto è stato un “semplice” cartello attaccato al muro in cui sono elencati i ruoli di ognuno, non solo per N. «L’interesse e il coinvolgimento attivo –  dice ancora Elena – hanno portato i bambini a comprendere che gli Incarichi di Emergenza erano utili per tutti: per il compagno con il sangue al naso, per l’amico che inciampa, per la maestra che non si sente bene».
Se il prodotto apparente è stato un “semplice” cartello sul muro, il processo per arrivarci non è stato banale. Da una a due ore al giorno, per 2 settimane. «Nella scuola servono tempi distesi – precisa l’insegnante – per poter dar spazio alle conversazioni, alle discussioni in cerchio, sia per una didattica che concretamente veda gli alunni coinvolti nei momenti di scoperta disciplinare, sia per poter dialogare, includere e rendersi protagonisti della vera cittadinanza attiva, che non si può studiare sui libri, ma solo nella quotidianità». La prima settimana è stata dedicata agli aspetti più pratici: ruoli, compiti, prove in azione. Nella settimana successiva, la riflessione si è allargata sul significato di vivere in una comunità. «È nella relazione d’aiuto che si è eroi: ognuno di noi ha dei poteri, ma usati per sé stessi non producono alcune effetto, mentre se li uniamo insieme, uniti divengono dei super poteri e possono realmente cambiare in meglio».

Il riconoscimento del presidente Mattarella

La classe diventa consapevole che “insieme si può”, che non esiste solo “Io”, ma bensì il “Noi”. «Fra l’altro – precisa la maestra – ogni volta che insegno la letto-scrittura in prima, parto sempre da frasi del tipo “Noi siamo amici”, “Noi siamo a scuola” ecc.”». 
In occasione delle udienze del primo quadrimestre le mamme entrano in classe e quella di N. nota il cartellone al muro. Si commuove, ne parla su Facebook, la notizia diventa virale, esce sui giornali locali e nazionali. Da questi le colleghe di Elena leggono del progetto e vogliono saperne di più. “Incarichi di emergenza” viene illustrato a tutto il plesso e diventa un progetto che ogni insegnante può applicare secondo le caratteristiche della propria classe.
Iniziano ad arrivare i riconoscimenti. Nell’ottobre del 2018 il Ministro dell’Istruzione Bussetti consegna il premio “6 con noi” dell’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia). Segue poi in novembre lo “Scudo di San Martino” in bronzo dell’omonimo istituto di Firenze. Ma il riconoscimento più importante arriva il 13 marzo: il presidente della Repubblica Mattarella nomina maestra e intera classe “Alfieri della Repubblica” durante una cerimonia al Quirinale.


Il 5 e 6 ottobre appuntamento a Pesaro per il Convegno sulla Scuola del Gratuito