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12 Marzo 2022
Ultima modifica: 13 Marzo 2022 ore 14:21

Lourdes: i pellegrini della speranza

Arrivano chiedendo un miracolo, alcuni però diventano homeless
Lourdes: i pellegrini della speranza
Foto di Manfred Zajac
A Lourdes c'è una Capanna di Betlemme per rispondere ai bisogni di tante persone che, dopo aver infranto il sogno di una nuova vita, si ritrovano a vivere in strada.
A Lourdes lo conoscevano tutti. Khristi era un signore che ispirava simpatia grazie al suo sguardo bonario. Abbordava le persone con il suo accento pugliese e tendeva la mano per ricevere l’elemosina. Le sue origini Rom erano evidenti, eppure assomigliava un po’ a babbo Natale, forse per la sua corporatura robusta e la folta barba scura. Poi, una fredda notte d’inverno, Khristi si è addormentato sul marciapiede e non si è svegliato più. 
«Lo incontravo spesso sul ponte San Michele mentre andavo a lavorare» racconta Palmino Paolucci, che vive a Lourdes con la sua famiglia da 11 anni. Come tanti altri clochard, Khristi era tormentato dalla dipendenza dall’alcol, che però riusciva a tenere per lo più sotto controllo. Poi qualche anno fa è arrivata un’ondata di nuove droghe e Khristi ci è caduto dentro, mandando in frantumi quel suo fragile equilibrio mentale. «Pochi mesi prima di morire mi chiese di prenderlo in casa con noi. Mi disse: “Palmino, non ce la faccio più”, ma in quel momento non era possibile per noi accoglierlo. La sua morte è stato un pugno nello stomaco per tutti quelli che lo conoscevano. È stato in quel momento che abbiamo pensato di aprire una Capanna di Betlemme anche qui a Lourdes». La prima Capanna di Betlemme della Comunità Papa Giovanni XXIII venne aperta nel 1987 a Rimini come realtà di pronta accoglienza serale e notturna per senza dimora. Da allora ne sono state aperte anche altre, in Italia e all’estero.

Quando si arriva pellegrini e si diventa emarginati

Nella città dove la Bella Signora apparve a Bernadette arrivano 2 milioni di pellegrini ogni anno. Molti di loro sono persone malate che insieme ai loro accompagnatori chiedono la grazia della guarigione. Altri raggiungono la grotta per implorare un altro tipo di miracolo: «Arrivano a Lourdes con percorsi difficili alle spalle, a volte qualche dipendenza, altre volte qualche matrimonio fallito – spiega Palmino -. Persone che hanno delle ferite importanti nel cuore, persone che hanno bisogno di una seconda, forse anche di una terza o quarta possibilità per rimettere insieme i pezzi della loro vita. Io li chiamo i pellegrini della speranza, perché Lourdes è la città della speranza. A volte però le difficoltà della vita si sposano con difficoltà psicologiche o di dipendenza, o con la difficoltà di non trovare quello che si cerca. Una volta arrivati a Lourdes non hanno più i mezzi per tornare indietro e iniziano a vivere per strada, vivendo di elemosina e altri espedienti». E da pellegrini diventano clochard. Non è che manchi la possibilità di un alloggio per loro. Tutte le sere la Croce Rossa va in strada e incontra i senza fissa dimora. A ciascuno di loro viene proposto di andare a trascorrere la notte in un dormitorio. Sebbene ci siano molti posti che potrebbero accoglierli, alcuni di loro rifiutano questa possibilità perché non sopportano la vita nella società a causa di problemi psichiatrici o di dipendenza da sostanze o alcol. 

Una Capanna anche a Lourdes

«Ci siamo resi conto che mancava una struttura dove queste persone potessero ricominciare, riprendere a socializzare, dove potessero far parte di una piccola famiglia per poter rimettere insieme i pezzi della loro vita e ripartire», dice Palmino. Questa consapevolezza è condivisa anche dal vescovo di Lourdes che a marzo 2018 scrive una lettera alla Comunità Papa Giovanni XXIII chiedendo di aprire «un luogo di passaggio per persone che vivono la precarietà (…), i senzatetto o le persone senza un progetto di vita che si trasferiscono a Lourdes e che cercano un aiuto, un senso, o semplicemente qualche relazione». 
L’inaugurazione della Capanna di Betlemme a Lourdes è avvenuta il 3 novembre scorso, anche se era operativa già da aprile 2021. «È stato un processo interculturale che è durato 3 anni– spiega Palmino –. Abbiamo dovuto “tradurre” l’idea della Capanna di Betlemme calandola nella realtà francese e in particolare nella realtà di Lourdes. In Francia lo Stato sociale è fortissimo, non mancano dormitori o dispensari, quello che mancava era l’idea di inclusione familiaree il progetto della Capanna è proprio questo».

Emarginata e sola, ora ha ritrovato il sorriso

«Le persone che vengono a bussare alla nostra porta spesso sono persone disperate. In cerca del miracolo avevano speso gli ultimi soldi per il biglietto per Lourdes: una volta arrivati qui non hanno trovato quello che si aspettavano e sono sprofondati nella precarietà più assoluta» dice la responsabile della Capanna a Lourdes. «Molte di loro sono donne, perché nei dormitori ci sono tanti posti per gli uomini, ma nessun posto per le donne. In compenso gli uomini che dormono per strada hanno anche problemi di dipendenza, di alcol, di droga, di violenza e quindi per le donne restare in strada è rischiosissimo. Ad esempio l’11 agosto scorso è venuta a bussare alla nostra porta una signora molto distinta, 63 anni ben portati, elegante, truccata, sorridente. Ma senza neanche un centesimo in tasca. Ci ha chiesto se potevamo accoglierla perché non aveva più niente e non sapeva dove andare. L’abbiamo accolta e all’inizio non sapevamo niente su di lei, perché non ci raccontava mai nulla di sé, poi pian piano ha iniziato ad aprirsi con noi. Abbiamo scoperto che lavorava come segretaria, ha un figlio, era quasi arrivata alla pensione, poi qualcosa di terribile le fa saltare per aria la vita, tanto da ritrovarsi a vivere da sola al cimitero di Lourdes per proteggersi, per evitare di dormire dove c’erano altri senza fissa dimora uomini. A centinaia di chilometri da casa sua, sola, si era trovata costretta a mangiare alla mensa dei poveri. Lei, che viveva in un’emarginazione totale, oggi ha ritrovato il calore di una vita familiare, è sempre sorridente e disponibile. La sua vita è cambiata e lei è un pezzo importante in questa nostra famiglia allargata».

Vecchio albergo, nuova Capanna

La Capanna ha trovato posto in un vecchio albergo ristrutturato, dove ora ci sono 11 appartamenti che ospitano alcune famiglie e persone in situazioni di fragilità. Di giorno vengono proposti alcuni laboratori che sono aperti a tutti, anche a chi non vive alla Capanna: corsi di italiano a vari livelli per adulti, un corso di panetteria e pasticceria per bambini, un laboratorio di creatività dove grandi e piccoli possono colorare, dipingere e realizzare piccoli oggetti con il pirografo. 
«La Capanna è un condominio solidale, una sorta di villaggio della speranza – conclude Palmino. Qui possono trovare posto persone come Maria e Giuseppe, che erano alla ricerca di un luogo dove far nascere Gesù. Oppure famiglie cadute nella miseria più nera come quella della giovane Bernadette Soubirous. Dopo aver perso il lavoro al mulino che permetteva loro di sopravvivere, Bernadette e la sua famiglia furono costretti a cambiare 17 alloggi in 4 anni. Vogliamo essere una risposta per queste persone, perché non ci sia più nessun Khristi che muore per strada da solo».

L’inaugurazione della Capanna di Lourdes

Il 3 novembre 2021, mons. Celestino Migliore, nunzio apostolico in Francia, ha benedetto la Capanna di Betlemme a Lourdes, luogo di accoglienza e alloggio per persone in difficoltà o in situazione di disabilità. I lavori di ristrutturazione sono iniziati a settembre 2019 e hanno trasformato un vecchio albergo di Lourdes convertendolo in 11 appartamenti. Per rendere possibile ciò, è stato necessario creare un’associazione francese chiamata “En Casa” che ha come membri fondatori la Comunità Papa Giovanni XXIII, la diocesi di Tarbes et Lourdes e la Fondation pour le Logement Social.