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16 Aprile 2024

San Benedetto Giuseppe Labre

Il 16 aprile viene ricordato il "vagabondo di Dio"
San Benedetto Giuseppe Labre
«In questo mondo siamo tutti pellegrini verso il Paradiso»
Nasce il 26 marzo 1748 ad Amettes, in Francia, primo di 15 figli di una coppia di contadini. Viste le sue doti di intelligenza, i genitori lo fanno studiare per diventare sacerdote ma lui si sente portato per la vita contemplativa e sogna di entrare nella Trappa. Prova ad entrare in diversi monasteri di certosini e cistercensi ma ovunque gli viene detto che non ha la loro vocazione e Dio lo chiama altrove.  A 22 anni comprende che il suo monastero è la strada. Senza possedere nulla, immerso nella preghiera, nell’assoluta solitudine, inizia la vita di pellegrino in giro per l’Europa. In 14 anni percorre più di 30mila chilometri. Tra il 1773 e il 1774 compie il cammino di Compostela. Nel 1777 si stabilisce a Roma, dormendo sotto il 43° arco del Colosseo, quinta stazione della via crucis in cui Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce. Muore il 16 aprile 1783. L’8 dicembre 1881 viene canonizzato da Leone XIII. La sua festa ricorre nel giorno della sua nascita al cielo.

Il suo monastero era la strada

La solitudine cui la sua anima aspirava per stare sempre con il Signore, Benedetto Giuseppe la trovò non in un chiostro ma per le strade, facendosi pellegrino e povero con i più poveri, spostandosi a piedi da un santuario all’altro dell’Europa. Vestiva di vecchi stracci e sulle spalle portava un sacco nel quale teneva un breviario molto rovinato, il libro Imitazione di Cristo, un crocifisso e la corona del rosario. Non chiedeva mai nulla e divideva con altri quello che riceveva. Passava le giornate nelle chiese dove si teneva l’adorazione Eucaristica, dove rimaneva in ginocchio per ore. Oltre a questo amore per l’Eucaristia, era devoto alla Vergine Maria e nel suo pellegrinare raggiunse molti santuari mariani. Dei 35 anni che visse, almeno 13 li passò da pellegrino sulla strada. A giusto titolo perciò viene definito “il vagabondo di Dio”. I mesi prima di morire, pur quasi inabile, con le gambe gonfie e coperte di ulcerazioni, infetto per mancanza di igiene, scosso dalla tosse catarrosa, non smise di immergersi nella presenza eucaristica. Morì la sera del mercoledì santo e già al mattino del giorno dopo per Roma si propagò un grido: «Il santo è morto!». I suoi funerali videro la presenza di un’enorme folla di ogni stato sociale. La sua fama di santità si diffuse rapidamente in tutta Europa anche per le molte guarigioni per sua intercessione; il processo di beatificazione iniziò solo un anno dopo la sua morte e anche i suoi genitori furono chiamati a testimoniare. 
Come mai tanta attrattiva verso una santità così particolare come quella del “vagabondo di Dio”? Egli ha fatto a tal punto di Dio il respiro della sua vita che tutto in lui respirava Dio e la sua vita non era comprensibile né spiegabile al di fuori di Lui. I suoi passi, il battito del suo cuore, il suo respiro erano una benedizione là dove passava perché camminava alla presenza del Signore. Anche noi, nei nostri piccoli pellegrinaggi quotidiani, siamo chiamati a rivelare la Presenza che ci abita.