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15 Aprile 2024

San Damiano de Veuster

Il 15 aprile la Chiesa celebra il missionario tra i lebbrosi delle Hawaii
San Damiano de Veuster
«Se il Signore è con me non avrò a temere alcun male e potrò tutto in Colui che mi dà forza»
Il 3 gennaio 1840, in un piccolo villaggio delle Fiandre chiamato Tremeloo, nasce Giuseppe de Veuster, settimo figlio di una famiglia di agricoltori. A 19 anni lascia gli studi commerciali per entrare nella Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, nella quale farà professione religiosa con il nome di Damiano. Nel 1863, durante gli studi teologici, chiede di partire come missionario nelle Isole Hawaii. Damiano le raggiunge nel 1864, dove il 24 maggio viene ordinato sacerdote. Nel 1873 si offre al suo vescovo per poter condividere la misera sorte dei lebbrosi di Molokai, dove il governo confina tutti i malati di lebbra, togliendoli dalle famiglie. A Molokai è prete, medico e padre: cura le anime, lava le piaghe, distribuisce medicine, costruisce case, stimola il senso di dignità dei malati. Nel 1885 scopre di essere contagiato dalla lebbra. Muore, lebbroso tra i lebbrosi, nel 1889, all’età di 48 anni. Damiano è stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 3 giugno 1995 e canonizzato da Benedetto XVI l’11 ottobre 2009. La sua festa si celebra il 15 aprile. 

Si mise a servizio dei lebbrosi

Nell’isola lazzaretto di Molokai venivano confinati tutti i lebbrosi delle isole Hawaii, dove vivevano in stato di totale abbandono. “Qui non c’è nessuna legge” era il loro motto perciò la violenza era pronta ad esplodere a qualsiasi provocazione, era stato abolito ogni limite sessuale, si faceva uso di alcool e droghe. Damiano scelse di immergersi in quel mondo di disperati, consapevole che non l’avrebbero mai accettato se avesse cominciato ad usare precauzioni, ad evitare contatti, a mostrare ripugnanza. A tavola mangiava il “poi” (carne mescolata con farina di taro) intingendo le mani nel piatto comune assieme ai lebbrosi; beveva nelle tazze che gli offrivano; passava la sua pipa se gliela chiedevano. Di poter essere contagiato non si preoccupava, avendo affidato la questione al Signore, alla Vergine e a san Giuseppe. Oltre a visitare i malati, ungere con l’olio santo mani e piedi cancrenosi, bendare con tenerezza orribili piaghe, Damiano fondò innovative strutture di convivenza civile e di assistenza sociale, costruì un cimitero ed opere necessarie alla vita dell’isola: acquedotti, strade, un porticciolo, dei dispensari, un ospedale. Trasformò quel posto di maledizione in una organizzazione sociale basata sulla fede.
 
Damiano credeva che la Chiesa è veramente un corpo dove le membra  che si ritengono meno onorevoli devono essere circondate di maggior rispetto, dove se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme (1Cor 12,23.26). Si è fatto maledetto con i maledetti (Gal 3,13), lebbroso con i lebbrosi, nella consapevolezza di non appartenere a se stesso ma a Cristo, e di essere parte degli altri, consorte dei fratelli. Ognuno veniva amato da Damiano perché riconosciuto quale figlio di Dio, prezioso agli occhi Suoi e degno di essere amato incondizionatamente. 
Ai giorni nostri, nella nostra società, chi sono i lebbrosi dei quali abbiamo paura ed emarginiamo,  dei quali non sentiamo nostre le loro sofferenze? San Damiano, l’apostolo dei lebbrosi, ci aiuti a capirlo e a donarci ad essi senza riserve, come ha fatto lui.