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28 Gennaio 2024

San Giuseppe Freinademetz

Il 28 gennaio la Chiesa ricorda un'instancabile apostolo in Cina
San Giuseppe Freinademetz
«Noi dobbiamo testimoniare Cristo ai popoli, gettare il suo seme, il resto lo lasciamo a Dio»
Il 15 aprile 1852 in un angolo remoto dell’Impero Austro-Ungarico (oggi parte dell’Alto Adige italiano) dall'unione di Giovanni Mattia Freinademetz e Anna Maria Algrang nasce Giuseppe. È il quarto di 13 figli di una famiglia ladina povera e molto religiosa. Entra nel seminario diocesano dove completa tutti gli studi necessari e viene ordinato sacerdote il 25 luglio 1875. Nel 1878 decide di entrare nella Congregazione del Verbo Divino, fondata da Sant'Arnoldo Janssen nel 1875, e viene destinato molto presto per la Cina. Dopo un viaggio di ben 5 settimane arriva ad Hong Kong il 20 aprile 1879 dove resta 2 anni; successivamente si trasferisce nel Sud-Shantung dove si dedica per quasi 30 anni all’attività apostolica e missionaria con completa dedizione.  
Il 28 gennaio 1908 muore stroncato dall’epidemia di tifo che imperversa in Cina. Il 19 ottobre 1975, Paolo VI lo proclama beato. Il 5 ottobre 2003, Giovanni Paolo II lo dichiara santo. La memoria liturgica ricorre il 28 gennaio. 

Lasciò la patria, gli amici e le sue sicurezze per portare il Vangelo in Cina

In una valle ai piedi delle stupende Dolomiti, la sua famiglia viveva grazie all’agricoltura e all’allevamento, e l’unica cosa che abbondava in quella casa era la fede. Avvertì che quello che aveva ricevuto nella sua famiglia non poteva essere solo per lui: doveva fare conoscere Cristo a tutti, nessuno escluso, e aveva a cuore particolarmente l’immensa Cina che non poteva rimanere esclusa dal piano di salvezza universale di Dio. All’età di 23 anni divenne sacerdote e decise di lasciare patria, amici ed una posizione sicura come prete diocesano per giungere in una provincia cinese, con oltre 12 milioni di abitanti ed appena un centinaio di fedeli battezzati. Affrontò difficoltà di ogni tipo: la lingua, la differenza di cultura, la povertà e la scarsità di mezzi, la diffidenza dei cinesi verso il "diavolo straniero", l'incomprensione e la derisione per i suoi modi semplici e ingenui. Percorse migliaia di chilometri a piedi, a cavallo e in canoa con una sola preoccupazione: portare Cristo al maggior numero di persone. 

Si esprimeva correttamente in 3 delle principali lingue dell’immenso Paese asiatico e portava perfino il codino. Ha spesso svolto il ruolo di responsabile della formazione dei catechisti e ha indicato vie di catechesi nuove. Scrisse anche un libro di catechismo in cinese. Veniva chiamato “Fu Shenfu” cioè “sacerdote Fu”, dalla lettera iniziale F del suo impronunciabile cognome che però significa “fortuna” in cinese. 
Più di una volta è stato pestato, torturato, preso a bastonate durante le persecuzioni dei Boxer, membri di una società segreta cinese.
Ringraziamo il Signore per questo montanaro della Val Badia, semplice vice-parroco di un borgo di montagna, membro di una minoranza linguistica che parlava ladino e che con grandi difficoltà aveva imparato l’italiano e il tedesco, che ha scelto di vivere nelle estreme periferie della Cina diventando cinese tra i cinesi (proprio come san Paolo che si fece «greco tra i greci») per aprirli alla novità del Dio fatto uomo in Cristo Gesù!