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12 Marzo 2024
Ultima modifica: 12 Marzo 2024 ore 09:19

San Massimiliano di Tebessa

Il 12 marzo si ricorda il patrono degli obiettori di coscienza
San Massimiliano di Tebessa
«Io sono cristiano. Non posso fare il soldato»
Della sua vita si hanno scarne notizie ma gli atti del martirio riferiscono che intorno all’anno 295, dopo essere stato fatto abile al servizio militare, Massimiliano rifiutò di ricevere la piastrina di riconoscimento dicendo: «Non posso prestare il servizio militare; non posso far del male. Ho già il segno del Cristo mio Dio». Il proconsole lo minacciò di morte. Massimiliano rispose: «Non faccio il soldato. Tagliami pure la testa, io non faccio il soldato per questo mondo, ma servo il mio Dio». Gli fu detto di non sprecare la sua giovinezza e di fare il soldato ma lui si oppose: «Il mio servizio è per il mio Signore. Non posso servire al mondo come soldato perché sono cristiano». Quando gli fu detto che c’erano cristiani che già prestavano il servizio militare, lui ribattè: «Essi sanno che cosa convenga loro. Io sono cristiano e non posso fare il male». 
Il proconsole lo condannò alla decapitazione e lui disse: «Rendo grazie a Dio. Io non morirò; se uscirò dal mondo la mia anima vivrà con Cristo mio Signore». La Chiesa ne celebra la memoria il 12 marzo.

Rifiutò di entrare nell'esercito e fu martirizzato

A soli ventun anni fu martirizzato perché rifiutò di prendere le armi ed entrare nell’esercito dell’Impero Romano: è il patrono degli obiettori di coscienza.
Massimiliano di Tebessa aveva due ragioni per obiettare al servizio militare: in primo luogo l’arruolamento comportava un atto di culto alle “divinità” degli imperatori; in secondo luogo comportava la commissione di atti di violenza. Il suo martirio è un patrimonio prezioso per la Chiesa e il mondo intero: con tutto se stesso ha annunciato che una persona che segue Cristo non può fare del male, men che meno imparare ad uccidere, ma anzi ogni suo sforzo deve essere proteso ad amare il prossimo, a fare del bene a chi lo odia e lo perseguita, a dare più importanza al proprio “essere in Cristo” che non alla sua vita. Egli non si è fermato davanti alla fatica, alla lotta, alla morte che ha incontrato per far trionfare la giustizia di Dio; non è sceso a compromessi con ciò che soffoca la verità nell’ingiustizia; non si è tirato indietro, ha reso la sua faccia dura come pietra sapendo di non restare deluso (Is 50,5.7).
In un mondo in cui sembra contare solo il prevalere sull’altro, anche a costo di usare la violenza, l’esempio di san Massimiliano ci aiuti a non ammettere volontariamente nessun pensiero ostile; ci stimoli ad abbandonare ogni ricordo di torto ricevuto, a cancellare dal cuore ogni risentimento, per vivere pienamente la conformità a Cristo che ha vinto il male con il bene, assumendo su di sé la violenza e il peccato che gli erano estranei.