«Dio mi ha donato tanta grazia da far rinascere in lui, per mezzo mio, molte popolazioni»
Nacque nel 385 a Bannhaven Taberniae (Gran Bretagna). Nel 390 fu catturato da dei pirati e venduto come schiavo a un pastore irlandese. Dopo vari tentativi di fuga riuscì a scappare e ad imbarcarsi per l’Inghilterra. Divenne sacerdote e nel 432 tornò in Irlanda come vescovo successore di Palladio, il primo ad essere inviato sull’isola. Nel 444 fondò la sua sede ad Armagh nella contea che oggi porta il suo nome; evangelizzò soprattutto il Nord e il Nord-Ovest dell’Irlanda, nel resto dell’Isola ebbe dal 439 l’aiuto di altri 3 vescovi. Percorse l’isola predicando nella lingua locale, insegnando, assistendo i bisognosi, ordinando presbiteri e consacrando monaci e vergini. Alla sua morte, la quasi totalità dei Celti d’Irlanda, compreso il loro re, Longario, si era convertita al Cattolicesimo. Patrizio morì nel 461 a Down, che prenderà poi il nome di Downpatrick. È stato nominato patrono dell'Irlanda. La Chiesa lo ricorda il 17 marzo. Questa data costituisce giorno di festa nazionale in Irlanda.
Da schiavo a vescovo
A 15 anni Patrizio si ritrovò solo in mezzo ad un popolo che adorava gli idoli e di cui non capiva una parola, e non gli restò che aggrapparsi alla fede in Dio che gli aveva trasmesso suo padre, diacono della comunità cristiana del suo paese natale. Dopo 6 anni di permanenza in Irlanda riuscì a rientrare in patria e si mise subito a studiare per diventare sacerdote. Completò la sua formazione cristiana e culturale sotto la guida di san Germano. A quei tempi era presente in Irlanda il vescovo Palladio, il quale non era riuscito ad entrare nel cuore di quel popolo. Alla morte di Palladio si considerò bene inviare in Irlanda Patrizio: chi meglio di lui conosceva la lingua e i costumi dei celti e degli scoti? E Patrizio dimostrò di saper ben immedesimarsi con l’anima irlandese e di capirla fino in fondo. I loro abitanti erano suddivisi in clan, ben uniti nel loro interno e ben distinti gli uni dagli altri. Patrizio rese corresponsabili delle sue opere i capi dei clan, i quali furono i primi ad abbracciare la fede, trascinandosi dietro i propri clan. Patrizio e i monaci che erano con lui riuscirono ad inglobare nella fede cristiana tutto quello che la loro religiosità conteneva di positivo, lasciando cadere un po’ alla volta quanto con essa era inconciliabile. In tal modo il cristianesimo si incarnò nella vita di questo popolo generoso, senza provocare traumi col suo passato.
Nelle vicende di Patrizio il Signore ha saputo riciclare il male in bene: l’apparente disgrazia del suo rapimento, si è poi trasformata in bene per l’evangelizzazione di quei popoli ancora pagani. E Patrizio ha avuto il merito di farsi strumento docile nelle mani di Dio per portare a lui un popolo che da allora lo ha sempre servito e dal quale sono fioriti molti santi, che nei secoli successivi divennero loro missionari in Europa per riportare la luce di Cristo dopo l’invasione dei barbari. Nelle vite dei santi vediamo proprio che i pensieri di Dio sono totalmente diversi dai nostri e le sue vie non sono le nostre vie!