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21 Aprile 2024

San Román Adame Rosales

Il 21 aprile si ricorda un martire della persecuzione messicana
San Román Adame Rosales
«Sarei contento di offrire il mio sangue per la parrocchia»
Román Adame Rosales nacque il 27 febbraio 1859 a Teocaltiche, nella diocesi di Aguascalientes in Messico. Studiò nel seminario di Guadalajara (città messicana) ed fu ordinato sacerdote il 30 novembre 1890. Román ha praticato la sua vocazione religiosa come vicario e parroco in diverse parrocchie. A gennaio 1914 venne mandato nella parrocchia di Nochistlan, nella regione di Guadalajara. Si occupò di catechesi, missioni popolari, costruzione di cappelle affinché i fedeli avessero vicino il Santissimo. Quando iniziò la persecuzione contro i cristiani, continuò a celebrare ed amministrare i sacramenti di nascosto. Tradito da un suo parrocchiano, il 19 aprile 1927 venne arrestato e trasferito a Yahualica. Il 21 aprile fu ordinata la sua fucilazione; il soldato Antonio Carrello Torres si rifiutò di puntare l’arma contro quel prete innocente ed inerme e venne giustiziato insieme. I suoi resti furono riesumati e portati a Nochistlán. Fu beatificato il 22 novembre 1992 e canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 21 maggio 2000. Viene ricordato il 21 aprile.
 
Tra il 1914 e il 1934 la Chiesa in Messico ha subìto una forte persecuzione, in cui molti religiosi hanno dato la loro vita in difesa della fede cattolica. Tra questi c’è Román, prete mite ed umile, che con il martirio ha testimoniato il profondo amore per Gesù che aveva sempre caratterizzato la sua vita. A 18 anni sapeva a malapena leggere e scrivere ma aveva le idee molto chiare su cosa fare da grande: entrare in seminario e farsi prete. Dopo aver faticato sui libri e non aver particolarmente brillato negli studi, divenne prete a 31 anni, con l’aiuto dei superiori che avevano notato che anche se non superava gli esami, sapeva pregare tanto e bene in modo tale da invogliare anche gli altri. Dopo alcuni anni dall’ordinazione venne nominato parroco e passò da una parrocchia all’altra come tutti i preti che non mettono radici e che sono a servizio della fede altrui, ovunque li si mandi. Tutti restavano incantati ed ammirati per come pregava la Liturgia delle Ore: sembrava proprio che parlasse con Dio, con una intimità trasparente e pura. Arrivato nella sua ultima parrocchia, una larga fascia di parrocchiani avrebbe preferito a lui un altro prete più acculturato e brillante. Per farglielo capire legarono alla porta della canonica un asino, già bardato per il viaggio, invitandolo così ad andare altrove. Ma lui continuò come se niente fosse successo, in obbedienza al vescovo, soffrendo in silenzio, spendendosi senza riserve. Quando iniziò la persecuzione contro la Chiesa cattolica, Román poteva fuggire, ma scelse di continuare a servire di nascosto i parrocchiani. Con l’arresto subì ogni angheria dai soldati: venne legato ad una colonna della piazza ed esposto alla berlina dei passanti, ma non si difese, rimase in silenzio, proprio come Gesù davanti ai suoi crocifissori. Il suo essere mite come un agnello condotto al macello (Is 53,7), il suo amore apparentemente inutile, smosse la coscienza di un soldato che non si allineò con il male ed accettò pure lui la via del martirio per scegliere solo il bene.