Di lui disse San Giovanni Paolo II: «San Sergio dispiegava le sue forze non solo al servizio della Chiesa, ma anche della società.»
Bartolomeo Kirilovitch nasce nel 1314 in Russia a Rostov, ma a 14 anni si trasferisce con la sua famiglia a Radonez per sfuggire alla persecuzione delle milizie moscovite perché il principato di Rostov era caduto sotto il potere del gran principe di Mosca. A circa vent’anni, in compagnia del fratello maggiore Stefano, comincia la vita eremitica. Il 7 maggio 1337 nel monastero di Khotkovo prende i voti assumendo il nome di Sergio. Presto altri uomini si uniscono a loro e nel 1354 si trasformano in monaci, conducendo vita comune e fondando il monastero della Santa Trinità. Nel 1363 interviene per evitare la guerra civile fra i principi di Mosca e Rostov. Attraverso il suo discepolo Nil Sorskij si diffuse l’esicasmo, la preghiera del cuore resa celebre dai Racconti di un pellegrino russo: «Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me».
Muore il 25 settembre 1392 fra le braccia dei suoi discepoli. Canonizzato in Russia prima del 1449, la liturgia lo ricorda il 25 settembre.
Sergio è il più famoso e il più venerato dei santi monaci della Russia medioevale. Animatore della straordinaria fioritura monastica nella Russia del XIV e XV secolo, fondò nella foresta una cella e una cappella dedicata alla Santissima Trinità. Il suo stile di vita e di preghiera attrasse molti monaci, che vollero porsi sotto la sua direzione spirituale. Il neo-fondato monastero era privo di beni e di ogni mezzo di sostentamento. Per dedizione al Cristo, egli si faceva portatore d'acqua, carpentiere, cuoco, fornaio, sarto, calzolaio e desiderava che tutti i suoi fratelli lavorassero così.
Attratti dalla fama di santità e pietà della comunità di Sergio, molti contadini e artigiani si stabilirono nei pressi del monastero. Ciò portò anche allo stesso monastero qualche vantaggio e maggiore sostentamento. Al silenzio e al nascondimento dei primi anni subentrarono l'ammirazione di tutta la Russia per il santo, la venerazione dei principi, l'amicizia dei vescovi, l'approvazione solenne del patriarca ecumenico. Là dove prima c’era la solitudine selvaggia, sorse un centro di vita liturgica a cui da tutte le parti si giungeva in pellegrinaggio per ascoltare Sergio, per vederlo, per viver con lui. Ma Sergio nulla cambiò nella povertà, nella semplicità della sua vita, nella dolcezza e umiltà del suo atteggiamento, nella sua laboriosità.
Nei suoi rapporti con gli altri Sergio dimostrava soprattutto dolcezza, umiltà e amore. Quest’atteggiamento, a volte percepito come debolezza, sfociava quasi sempre in conversione interiore o confusione dei suoi avversari.
Sergio amava gli animali come amava tutte le opere del Creatore. Per molto tempo divise il suo povero cibo con un orso che la sua bontà aveva addomesticato.
Sergio di Radonez è certamente una delle più grandi anime che abbia avuto l'oriente, e la sua santità è stata riconosciuta anche dalla Santa Sede. Ci auguriamo che la santità di Sergio aiuti nella soluzione del problema fra tutti il più urgente: quello del ritorno delle Chiese separate all'unità!