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17 Gennaio 2024

Sant'Antonio Abate

Il 17 gennaio si fa memoria del famoso eremita, primo tra i Padri del deserto
Sant'Antonio Abate
«Non preferire alcunché di quanto è nel mondo all'amore di Cristo»
Nacque a Coma in Egitto (l’odierna Qumans) intorno al 251 da una agiata famiglia di agricoltori. Rimasto orfano all’età di vent’anni, divise l’eredità con la sorella e diede ai poveri la sua parte
Si ritirò in una tomba scavata sul fianco di una montagna vicino al luogo natale e visse da eremita.
Nel 285 si trasferì sulle montagne del Pispir, verso il Mar Rosso, in una fortezza abbandonata, rimanendovi per 20 anni. Verso il 306, all’età di 55 anni, accettò alcuni discepoli e diede vita a due monasteri. Nel 311 non esitò ad andare ad Alessandria per sostenere i confessori della fede perseguitati da Massimino. Terminata la persecuzione, per sfuggire ai troppi curiosi, si ritirò nel deserto della Tebaide. Nel 338, su richiesta dei vescovi, all’età di 87 anni, ritornò ad Alessandria per confutare le tesi degli ariani.
Morì il 17 gennaio 356, lasciando alla Chiesa la sua sapienza raccolta dai suoi discepoli in 120 detti e in 20 lettere. La sua festa ricorre il 17 gennaio.

Caposcuola del monachesimo

Quando l’editto di Costantino nel 313 consacrò la libertà di culto e terminarono le persecuzioni, la Chiesa scoprì un altro modo di vivere la santità: molte persone si ritiravano in luoghi deserti, desiderosi di una spiritualità più profonda e di appartenere solo a Dio. Iniziava in tal modo il grande movimento spirituale del monachesimo, che subirà nei secoli varie trasformazioni: dall’eremitaggio passerà alla vita comunitaria, dall’Oriente si espanderà all’Occidente. Sant’Antonio viene considerato il caposcuola del monachesimo, anche se probabilmente non fu il primo ad instaurare una vita eremitica nel deserto. La Vita di Antonio, redatta dal patriarca Atanasio di Alessandria, fu assunta in tutto il mondo cristiano a regola della vita eremitica, ed esercitò la sua influenza anche su sant’Agostino. Molte furono le forme di vita monastica derivanti direttamente dalla regola di S. Antonio e lo stesso S. Benedetto si servì del metodo ideato dal santo egiziano.
Antonio era un uomo di grande volontà e serenità; non si ritirò nel deserto per isolarsi o per ripiegarsi su di sé, ma per stare alla presenza di Dio. Dopo anni di preghiera e di lotta nell’accettare le tenebre del suo cuore, imparò a compatire ogni umana sofferenza, a curvarsi sulle miserie e sulle malattie degli uomini, offrendo parole di speranza, di consolazione, di consiglio. Molti vollero imitare il suo genere di vita e “il deserto divenne una città”, pullulante di vita ascetica, di rapporti fraterni.
«Padre Antonio disse: Chi dimora nel deserto e vive nella quiete è liberato da tre guerre: quella dell’udito, quella della lingua e quella degli occhi. Gliene resta una sola: quella del cuore» (dai “Detti”). Non conta dove si vive o cosa si fa ma la scelta interiore di lasciarsi possedere totalmente dall’amore di Dio. Antonio c’è riuscito ed è di stimolo a noi che siamo immersi nel mondo ma chiamati comunque a fare deserto nella città, cioè a ritirarci nella nostra cella interiore per ascoltare la voce dell’amore di Dio che ci chiama amati e desidera possederci totalmente.