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17 Ottobre 2024

Sant'Ignazio di Antiochia

Il 17 ottobre si ricorda il Padre della Chiesa che morì nella persecuzione di Traiano
Sant'Ignazio di Antiochia
Fu dato in pasto alle bestie durante i festeggiamenti in onore dell'imperatore. Celebre è la sua frase: «Sono frumento di Dio, e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo».
Poco si sa della vita di Ignazio. È nato probabilmente verso il 50; non era cittadino romano, e pare che non fosse nato cristiano, convertendosi da adulto. È stato il terzo vescovo di Antiochia in Siria, cioè della terza metropoli del mondo antico, dopo Roma e Alessandria d’Egitto. Mentre era vescovo ad Antiochia, l’imperatore Traiano dette inizio alla sua persecuzione. Arrestato e condannato “ad bestias” (divorati vivi dalle belve nell’arena), Ignazio fu condotto in catene, con un lunghissimo viaggio, da Antiochia a Roma durante il quale scrisse 7 lettere, trovando così occasione di annunciare comunque il Vangelo. Giunto a Roma intorno all’anno 107 fu dato in pasto alle bestie durante i festeggiamenti in onore dell'imperatore Traiano, vincitore in Dacia. Ignazio è annoverato fra i Padri della Chiesa ed è nell’elenco dei “Padri Apostolici” cioè dei vari autori cristiani che tra il I secolo e la prima metà del II secolo scrissero su Cristo e la Chiesa nascente. È venerato come santo anche dalla Chiesa Ortodossa. Lo si ricorda e festeggia il 17 ottobre

Un vescovo tra le persecuzioni

Durante il viaggio dalla Siria a Roma, incatenato e vessato da rozzi soldati, Ignazio scrisse 7 lettere, e precisamente 4 da Smirne e 3 da Troade, nelle quali risalta il suo appassionato amore per Gesù e la sua grande fede. Tali lettere costituiscono un documento molto prezioso per comprendere la vita e le convinzioni della comunità cristiana primitiva.
Molto ricorrente nelle varie lettere è il tema dell’unità della Chiesa: «Insignito d’un’altissima onorificenza, cioè delle catene che porto ovunque con me, canto le lodi delle Chiese e auguro loro l’unione con la carne e lo spirito di Gesù Cristo» (lettera ai cristiani di Magnesia); «Rimanete in un’unità irreprensibile, per essere sempre partecipi di Dio» (lettera agli Efesini). «È necessario che nulla facciate senza il vescovo e che siate sottomessi anche al collegio presbiterale come agli apostoli di Gesù Cristo, per essere trovati in comunione con lui» (lettera ai cristiani di Tralle).
Nei primi secoli i cristiani aspiravano al martirio come perfetta imitazione di Gesù e l’entrata nella pienezza della vita.
Nella lettera che Ignazio ha scritto ai Romani emerge tutto il suo desiderio di testimoniare con il martirio il Cristo crocifisso e risorto ma anche con una vita conforme al Vangelo: «Dalla Siria fino a Roma, per terra e per mare, giorno e notte, lotto con le belve, legato a dieci leopardi, cioè al manipolo dei soldati di scorta. Più faccio loro del bene e più mi maltrattano. Però con i loro oltraggi faccio profitto sempre più nella scuola di Cristo, ma non per questo sono giustificato. Ora incomincio ad essere un vero discepolo. Sono frumento di Dio, e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo». 
La constatazione fatta ai cristiani di Tralle da questo vescovo colmo d’amore per Cristo e per la Chiesa possa essere anche rivolta a noi: «Siete sottomessi al vescovo come a Gesù Cristo, e perciò non vivete secondo gli uomini, ma secondo Gesù Cristo che è morto per noi».