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11 Aprile 2024

Santa Gemma Galgani

L'11 aprile la Chiesa ricorda la santa che dialogava con Gesù
Santa Gemma Galgani
«Il mio cuore possiede Gesù, e possedendo Gesù sento che posso sorridere in mezzo a tante lacrime»
Nasce il 12 marzo 1878 a Capannori, paesino vicino a Lucca, e rimane orfana di madre a soli 7 anni. Nel 1894 la famiglia piomba in una grave miseria; il padre si ammala e muore nel 1897. Gemma e i fratelli vengono ospitati dagli zii di Camaiore. Qui Gemma si ammala: le viene riscontrato un grave ascesso nella regione lombare, al quale si aggiunge un tumore al cervello. I medici la danno per spacciata. Ma Gemma fa una novena all’allora beata Margherita Alacoque e guarisce. Si rivolge a più ordini religiosi per diventare monaca di clausura, ma da tutti venne rifiutata per mancanza di dote e la scarsa salute. Nel 1899 trova ospitalità presso la famiglia Giannini di Lucca, contesto adatto per vivere senza intralci le esperienze mistiche dovute alla sua forte unione con Dio. Nel 1902 si ammala di nuovo gravemente e lascia questa terra l’11 aprile 1903, sabato santo, a soli 25 anni. Canonizzata il 2 maggio 1940 da Pio XII, la Chiesa universale la ricorda nel giorno della sua morte, l’11 aprile. 
 
Gemma vestiva l’abito più modesto che si potesse indossare a quel tempo, ma sembrava più cittadina del paradiso che non persona di questa terra per il suo continuo e affettuoso dialogo con Gesù, per l’ininterrotta preghiera contemplativa che la faceva andare in estasi anche mentre svolgeva le occupazioni casalinghe, per la sua disinvoltura e quasi ingenuità nel vivere le esperienza soprannaturali più straordinarie. Infatti la giovane Gemma, dalle venti di ogni giovedì alle quindici del venerdì, si ritrovava con le mani, i piedi e il costato segnati da una profonda ferita. Gesù crocifisso le era apparso con le piaghe aperte dicendole: «Guarda figlia ed impara come si ama. Vedi questa croce, queste piaghe, questo sangue? Vedi sino a qual segno io ti ho amata! Mi vuoi amare davvero? Impara prima a soffrire; il soffrire insegna ad amare».

Gemma imparò che la misura dell’amore è data dalla capacità di soffrire per chi si ama e non si diede limiti nell’offrirsi per pagare il peccato altrui. Diceva a Gesù: «Di peccatori ne hai tanti, ma di vittime poche. Prenditela con me. La vittima di tutti i peccatori voglio essere io». 
Davanti alle straordinarie manifestazioni dovute alla sua assimilazione a Cristo crocifisso, molti parlarono di isterismo o di suggestione, la derisero, la disprezzarono, proprio come successe a Gesù. E lei non dimostrò mai alcuna insofferenza. Nella sua unione tanto intima quanto stabile con Dio, non le importava, né reagiva in alcun modo se la gente la lodava o la disprezzava, se le persone le volevano bene o le volevano male. Davvero straordinario è stato in Gemma il rapporto stabilito con il suo angelo custode, con il quale conversava come con un amico e al quale dava le lettere da recapitare al suo direttore spirituale a Roma, che effettivamente arrivavano! Don Oreste Benzi (il quale confidò che era affascinato dalla spiritualità di santa Gemma e conservava la sua foto nel portafoglio) diceva: «C’è una sapienza che viene dal sacrificio». Gemma ne è splendido esempio.