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30 Maggio 2025

Santa Giovanna d'Arco

Il 30 maggio la Chiesa celebra la pulzella d'Orléans
Santa Giovanna d'Arco
«Dio è Dio, Gesù è il Signore e questo basta per riempire il mio cuore di stupore e la mia bocca di canto»
Jeanne nasce a Domrémy nel 1412, da una famiglia contadina, minore dei 5 figli di Jacques d’Arc e di Isabelle Romée, nel periodo in cui la Francia era sotto la dominazione inglese a seguito della guerra dei cent'anni. Nell’estate del 1425 sente una voce: è quella di san Michele Arcangelo, che le dice di liberare la Francia. Indossati abiti maschili e tagliati i capelli,  armata di tutto punto, cavalca alla testa di una truppa e l’8 maggio 1429 sconfigge gli Inglesi e libera Orléans. Il 17 luglio Carlo VII viene incoronato re alla sua presenza. Le truppe inglesi la fanno prigioniera a Compiègne il 23 maggio 1430. Il 9 gennaio 1431 il vescovo Pierre Cauchon apre il processo contro Jeanne accusata di stregoneria. Viene riconosciuta eretica e il 30 maggio 1431 è arsa viva a Rouen: muore atrocemente invocando il nome di Gesù. Nel 1456 è solennemente proclamata la sua riabilitazione; sarà beatificata da san Pio X nel 1910 e canonizzata nel 1920 da Benedetto XV. La si festeggia il 30 maggio.

In un’ampia sala, fredda e poco illuminata, Giovanna sta al cospetto di una cinquantina di uomini: teologi, professori di università, vescovi, sia francesi che inglesi, che stanno processando questa  ventenne per stregoneria. Giovanna non sa né leggere, né scrivere ed ha donato la sua persona in modo esclusivo a Gesù col voto di verginità (la chiamano “pulzella” cioè vergine). A 13 anni, attraverso la “voce” dell'arcangelo san Michele si è sentita chiamata dal Signore ad impegnarsi in prima persona per la liberazione del suo popolo.
In questa sala disadorna si trova bersagliata da tante domande di questi dotti e lei si riconosce solo e sempre un umile strumento nelle mani di Dio. Così infatti risponde ad uno dei giudici: «Senza il comando di Dio io non saprei fare nulla... Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per comando di Dio. Io non faccio niente di testa mia». Quando poi le viene chiesto se ritiene di trovarsi in grazia di Dio risponde: «Se non vi sono, Dio mi voglia mettere; se vi sono, Dio mi voglia custodire in essa».
I giudici vedono in lei solo una giovane sfrontata che si era vestita come un uomo e messa a combattere a comando di una truppa dell’esercito. Non accettano che una donna, per di più analfabeta, possa considerarsi inviata da Dio e che la gente creda che in lei si manifesti la potenza di Dio. Il processo per loro è una farsa: hanno già intenzione di metterla al rogo e di spargere le ceneri nella Senna per evitare ogni possibile culto delle sue reliquie. Giovanna, invece, continua a confidare nel Signore, e prega così: «Dolcissimo Dio, in nome della vostra santissima passione, vi chiedo, se voi mi amate, di rivelarmi che cosa devo rispondere a questi uomini di Chiesa». I giudici la condannano; il suo appello al Papa viene respinto. Si avvia all’esecuzione serena perché crede fino in fondo all’autorità della Chiesa, anche se la condanna innocente. È certa che né morte, né vita, né potenze, né alcuna creatura (cfr. Rom 8,38-39) possono separarla dall’amore di Cristo.