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26 Agosto 2022

Bambini afgani disabili un anno dopo ancora senza famiglia

Erano fuggiti a Roma insieme alle Missionarie della Carità. Alcune storie a lieto fine, da Cagliari a Ravenna.
Bambini afgani disabili un anno dopo ancora senza famiglia
Afghanistan, estate 2021: le suore di Madre Teresa chiedevano a Dio di salvarle. Poi il miracolo e il 25 agosto l'arrivo in Italia. Portarono in Italia 14 bambini orfani con disabilità molto gravi e da allora non hanno mai smesso di sollecitare le coscienze.
Ad un anno esatto dal loro arrivo in Italia cercano ancora una famiglia 9 bambini afgani ospitati a Tor Bella Monaca a Roma dalle Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta. Sono 3 maschi e 6 femmine, e hanno una particolarità che di certo non aiuta il loro inserimento nella loro nuova società che li ha accolti. Sono tutti gravemente disabili. Provengono da un orfanotrofio di Kabul dal quale sono rocambolescamente scappati quando ancora di guerra in Ucraina non si parlava, il 25 agosto 2021. La ritirata americana aveva, in maniera forse poco accorta, lasciato spazio alla facile occupazione dell'Afghanistan da parte dei Talebani, il cui Stato da loro definito islamico non prometteva di certo di brillare per rispetto dei diritti umani.

«Nell'ambasciata italiana in subbuglio c'era un sacerdote missionario, Padre Giovanni Scalese, il quale disse: io me ne vado solo se porto con me le Missionarie della Carità. È grazie a lui se il Governo italiano si è dato da fare per aprirci una inaspettata via di fuga. Siamo scappate in Italia con tutti i bambini che avevamo accolto: orfani, abbandonati dai genitori, talvolta vittime di violenza. Lì in Afghanistan sono rimaste due nostre sorelle». Chi lo racconta al telefono è suor Gios Lis, polacca (il lettore mi perdonerà se lo spelling del nome non è corretto, nda), superiora della casa delle Missionarie della Carità di Roma.

Con i bambini accolti in Afghanistan, e poi in Italia, stava Suor Josè, proveniente dal Madagascar:

«Vivevamo — racconta — barricate in casa, nell'ultimo mese non potevamo nemmeno attraversare la strada. Chiedavamo a Dio protezione, e un modo per venire via. Tutto questo ci ha reso molto unite nella preghiera; da tutto il mondo molti ci facevano sapere che stavano pregando per noi. Ci siamo sempre sentite molto sostenute».

Sulle prime relazioni stese dai servizi sociali di Roma che raccontano i vissuti di questi bambini si leggono storie di trascuratezza e di abuso. Fra le descrizioni delle mille gravi patologie mediche, emerge qualche pillola di umanità: «Il bambino ha un peluche a forma di coniglio». Oppure «A volte regala un sorriso e prende la mano di chi ha vicino, sembra riconoscere chi gli dimostra affetto».

Anche se non per tutti gli orfani arrivati un anno fa in Italia (allo sbarco erano 14, di età compresa fra i 6 e i 20 anni) si sono già aperte le porte dell'accoglienza, per alcuni di loro la matassa che si sta dipanando è quella dell'affidamento familiare e, forse più avanti, dell'adozione.

Barbara Aresu aiuta la bambina afgana accolta a mangiare
Barbara Aresu a Cagliari con la bambina afgana accolta.


Una bimba di 9 anni, R., non-vedente e con una grave displegia alle gambe, da fine luglio di quest'anno è ospitata a Cagliari, in una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII. Per la sua disabilità era stata abbandonata dai genitori sulle porte di una moschea di Kabul.

Racconta Barbara Aresu, la madre che l'ha accolta insieme al marito Roberto Vargiu: «Suor Josè è venuta qui da noi per accompagnarla durante l'inserimento in famiglia, e mi ha raccontato che dal suo arrivo in Italia la situazione della bimba è molto migliorata: ora muove le mani e mangia in maniera semi-autonoma, nonostante sia cieca. Le suore con lei parlavano in inglese, ma mostra di capire soprattutto il tono della voce che si usa con lei». R. è accolta per un periodo di prova, mentre si attende un pronunciamento del Tribunale per i minorenni di Roma. In famiglia ci sono altre 2 bimbe con disabilità e ad un ragazzo adolescente.

Poi c'è T., accolta a Faenza in provincia di Ravenna. Nata con idrocefalo e spina bifida era stata abbandonata all'età di 2 anni dai suoi genitori. Dopo le prime cure ed un intervento all'ospedale francese di Kabul venne accolta dalle Missionarie della Carità. E da metà agosto di quest'anno l'arrivo in casa famiglia.

Racconta Chiara Bosi, la madre che l'ha accolta e che fa anche lei parte della Comunità fondata da Don Benzi: «All'arrivo la bimba si aggirava continuamente per le stanze, silenziosa... lei pur non parlando interagisce e fa capire con i gesti i suoi bisogni. Ora sappiamo che dorme tranquilla quando qualcuno, mettendola a letto, passa qualche momento di coccole con lei».

Bambina afgana gioca in giardino
Faenza, cortile della casa famiglia. I figli accolti giocano con la nuova bambina arrivata dall'Afghanistan


Chiara, fisioterapista, non si spaventata di fronte alla disabilità: «È stata per me una vera urgenza d'amore il poter aprire le porte di casa all'accoglienza ad almeno uno di questi bimbi. Appena è stato possibile io e mio marito siamo andati a Roma; abbiamo potuto conoscere le suore e gli altri ragazzi con cui condivideva la vita».

«Le suore sono la tenerezza più dolce, tenace, semplice e radiosa di Dio: quando siamo entrati in casa loro ci siamo sentiti accolti come se fossimo stati noi Gesù in persona.... credo che questo abbia 2 spiegazioni: i loro figli accolti, angeli crocifissi dalla malattia e comunque bellissimi; la loro preghiera così intensa e lunga«.

«E poi è arrivata T., che è meravigliosa. Per noi è stato come accogliere Gesù nella nostra famiglia, un Gesù che si è fatto fragile per essere curato, seguito, amato. Anche gli altri miei figli si sono rivelati un dono stupendo, commovente, nel loro semplice giocare con lei e con la sua migliore amica. Bellissimo segno, questa altra bambina è stata accolta da mia cugina che vive a dieci minuti da casa nostra».

«Di ritorno da Roma porto nel cuore ognuno di quei ragazzi. Ho conosciuto S. che non parla, non cammina, ha solo movimenti grossolani e davvero scarsi e fa fatica a deglutire: darle un omogeneizzato richiede una mezz'ora buona, una mezz'ora in cui il tempo ed il mondo fuori non esistono ed esiste solo la dolcezza di quel momento, una dolcissima coincidenza con Dio».