Tratta da Sempre Magazine di gennaio, la storia di fragilità nella pandemia.
Serena ha un ritardo cognitivo; la sua storia è raccontata su Sempre Magazine di gennaio. La sua è una storia di disabilità come tante, come tante vissute fra le quattro mura di una casa, al tempo del Covid-19.
«La didattica a distanza per lei è stata terribile. Ora, per fortuna, può andare a scuola: per lei è vitale», racconta la mamma Elisabetta, titolare di un'agenzia di viaggi.
Cosa accadrebbe se Serena dovesse ammalarsi e rimanere a casa? La preoccupazione viene raccolta dalle parole di
Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, che è intervenuto oggi sul
dibattito che si sta accendendo in Italia sulle priorità da dare nelle campagne di vaccinazione. «Chiediamo che le persone con disabilità siano inserite fra le categorie prioritarie a cui somministrare il vaccino anti-covid-19», chiede Ramonda.
Le sue parole sono frutto dell'esperienza diretta dell'associazione di Don Benzi, le cui attività Serena frequentava nei mesi precedenti all'inizio della pandemia. Spiega Ramonda nel comunicato: «La situazione più grave riguarda le persone con
disabilità intellettiva che non sono in grado di prendersi cura della propria salute, che necessitano di essere sempre accompagnate e che non riescono ad indossare la mascherina protettiva, esponendosi ad un maggior rischio di essere contagiate o di contagiare.
Si tratta di persone estremamente fragili il cui eventuale ricovero sarebbe estremamente difficoltoso».
Nessun obbligo
Ma i disabili devono essere obbligati a vaccinarsi oppure no? «Nel caso di Serena, che sta per compiere 18 anni,
lascerò che sia lei a scegliere — spiega la madre —. Stiamo iniziando a parlarne proprio in questi giorni. Credo che le scelte di ognuno debbano essere rispettate».