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21 Dicembre 2022
Ultima modifica: 21 Dicembre 2022 ore 09:29

COP15. Accordo storico sulla biodiversità

Proteggere il 30% delle terre e delle acque
COP15. Accordo storico sulla biodiversità
Foto di Jeyaratnam Caniceus da Pixabay
Conclusa lo scorso dicembre sotto la presidenza della Cina, la Conferenza ha stabilito la road map per i prossimi anni

Quello raggiunto a Montrèal alla fine dei negoziati sulla COP15 dedicata alla biodiversità è considerato un accordo storico: la conferenza delle Nazioni Unite ha stabilito di proteggere il 30% delle terre e delle acque considerate importanti per la biodiversità entro il 2030. Attualmente siamo lontani da questo obiettivo: sono protette il 17% delle aree terrestri e il 10% di quelle marine.

Il "Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework"

La Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (COP15) si è conclusa lo scorso 19 dicembre e 188 governi si sono riuniti sotto la presidenza della Cina. L’ultimo giorno di negoziati, i paesi hanno adottato il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (GBF). Il GBF mira ad affrontare la perdita di biodiversità, ripristinare gli ecosistemi e proteggere i diritti degli indigeni. Il piano include misure concrete per arrestare e invertire la perdita della natura, inclusa la protezione del 30% del pianeta e del 30% degli ecosistemi degradati entro il 2030. Contiene anche proposte per aumentare i finanziamenti ai paesi in via di sviluppo, un importante punto critico durante i colloqui.

Mai così tante perdite dal tempo dei dinosauri

La posta in gioco non potrebbe essere più alta: il pianeta sta vivendo un pericoloso declino della natura a causa dell'attività umana. Sta vivendo la sua più grande perdita di forme di vita dai tempi dei dinosauri: un milione di specie vegetali e animali sono infatti minacciate di estinzione.
Il GBF si è prefissato quattro obiettivi generali per proteggere la natura: arrestare l'estinzione indotta dall'uomo delle specie minacciate e ridurre di dieci volte il tasso di estinzione di tutte le specie entro il 2050; un uso e una gestione sostenibili della biodiversità per garantire che i contributi della natura alle persone siano valorizzati, mantenuti e migliorati; equa condivisione dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche e informazioni sulla sequenza digitale delle risorse genetiche; e che mezzi adeguati per attuare il GBF siano accessibili a tutte le parti, in particolare ai paesi meno sviluppati e ai piccoli Stati insulari in via di sviluppo.
Tra gli obiettivi più specifici sono stati citati il dimezzamento del rischio di pesticidi e sostanze nocive, il lavoro contro l’inquinamento globale da plastica e la riduzione dei rifiuti e dello spreco alimentare.

Ora il piano deve essere rispettato

È una bella notizia ma attenzione: già il precedente Piano strategico per la biodiversità 2011-2020 adottato a Nagoya nel 2010 non è stato rispettato. Venti miliardi di dollari all’anno fino al 2025 e poi trenta miliardi di dollari all’anno fino al 2030 sono un inizio, ma non sono sufficienti: An Lambrechts, a capo della delegazione di Greenpeace alla COP15 ha detto che «gli schemi aziendali, come le compensazioni, si sono inoltre insinuati nei colloqui delle Nazioni Unite sulla biodiversità. Si tratta di false soluzioni che possono rivelarsi un costoso errore. Gli scandali e il greenwashing che si osservano oggi nella compensazione delle emissioni di anidride carbonica sono ciò che si rischia domani per la biodiversità». 
Insomma, la COP15 ha lasciato come compito a casa ai leader mondiali un lavoro cruciale per la protezione della natura: i governi europei infatti dovranno spingersi molto più in là di quanto concordato per arrestare davvero la perdita di biodiversità. Ciò significa proteggere realmente almeno il 30 per cento delle terre e dei mari dell’UE da qualsiasi attività estrattiva e industriale, e proteggerne in modo integrale almeno il 10 per cento.