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2 Febbraio 2022
Ultima modifica: 2 Febbraio 2022 ore 08:03

Nel Santuario mariano la casa degli emarginati

Una ventina di persone di ogni fede vivono, pregano e lavorano fra le cellette degli ex frati
Nel Santuario mariano la casa degli emarginati
Foto di Casimir Atangana
Partito a 16 anni, 7 anni di viaggio fra speranze e torture. Un colpo di pistola al piede. Poi la traversata, e finalmente l'accoglienza nella Capanna di betlemme sorta fra le antiche mura in mattoni rossi, sulla collina meta di pellegrinaggio.
Un colpo secco ed il ciocco si fa in due; ed un breve eco si infrange sul colonnato del Santuario di Nostra Signora delle Grazie di Mellea di Farigliano in provincia di Cuneo. Un colpo di pistola, secco, sparato al piede sinistro in Libia, durante un tentativo di fuga dalla violenza, finito malamente. Sane ha 28 anni ed ha lasciato il Senegal all'età di 16 anni; ha viaggiato per 7 anni attraverso l'Africa, soggiornando in Algeria, in Marocco. Dalla Libia la traversata che nel 2017 l'ha portato a sbarcare in Sicilia. Un treno a caso: il giovane è stato trovato a Genova a pochi giorni dal suo arrivo, ed aiutato poi da alcune associazioni del territorio a sistemare i documenti, e a trovare spazio in ospedale Bologna per un intervento al piede gravemente ferito.

«I miei genitori mi hanno insegnato a non fare differenze. Sono contento di vivere in un santuario cristiano: aiuto a tagliare la legna, a pulire le aree verdi, a fare qualche pulizia», racconta Sane detto Lago, che è musulmano. Si rivolge ad Andrea Gastaldi,  un volontario che oggi condivide con lui la vita.

«Stiamo lavorando per veder riconosciuta a Sane il diritto all'invalidità per le torture subite — spiega Andrea, che ha 35 anni ed è venuto a vivere come volontario qui da quasi 2 —; non sa né leggere nè scrivere, ma ha un carattere molto solare e ha una gran voglia di lavorare».

Sane fa oggi è uno di famiglia nella Capanna di Betlemme. La realtà di accoglienza della Comunità Papa Giovanni XXIII rinnova, fra i chiostri, le esperienze mistiche cinquecentesce dei primi monaci cistercensi e dei successivi francescani. In questo luogo sarebbe apparsa Maria.

«Fra i ricordi più belli del mio lungo viaggio c'è l'Algeria: lì trovavo dei lavori a giornata e riuscivo ad aiutare la mia famiglia rimasta in Senegal. Ero partito con il sogno di trovare fortuna nel lavoro».

Nuovo responsabile della struttura, che oggi dà una casa a una ventina di persone, da qualche mese è Giona Cravanzola. È papà di una casa famiglia dell'associazione di Don Benzi, che ormai da 12 anni ha in gestione il Santuario. Fra le priorità c'è quella di fare rete con il territorio.

«Tante persone dal cuore grande — spiega Giona sul giornale diocesano — ci vengono ad aiutare e ci donano generi alimentari, sostegno e tanto affetto».

Sane a Mellea ha una celletta tutta sua, una stanza singola di questa grande reggia. È molto tentato dal desiderio di partire ancora, per cercare un lavoro serio e maggior fortuna, anche se per ora ha deciso di restare.

«Rifaresti questo viaggio?», gli chiede Andrea. «No. Io non rifarei il viaggio che ho fatto», risponde. Abbassa lo sguardo, riecheggia nuovamente un colpo ma questa volta nel cuore.