Il presidente Gustavo Petro, in diretta nazionale, ha riconosciuto la responsabilità internazionale dello Stato e ha presentato scuse pubbliche alla Comunità di Pace di San José de Apartadó per le violenze e persecuzioni perpetrate da agenti statali. Questo gesto rappresenta una svolta significativa nel percorso di giustizia e riconciliazione del Paese, valorizzando il ruolo fondamentale della comunità nella costruzione della pace e del disarmo civile. È all'orizzonte un futuro di convivenza pacifica?
Ieri 5 giugno 2025 si è scritto un capitolo fondamentale nella storia della Colombia. In una trasmissione in diretta nazionale da Bogotà, il presidente Gustavo Petro ha pronunciato un discorso di riconoscimento della responsabilità internazionale dello Stato e ha presentato pubbliche scuse alla Comunità di Pace di San José de Apartadó, vittima di esecuzioni extragiudiziali, minacce e persecuzioni da parte di agenti statali. Da sinistra: Monica Puto, German Graciano Posso (rappr. legale Comunità di Pace), Silvia De Munari (volontarie di Operazione Colomba), Mara Rossi (rappresentante Apg23 alle Nazioni Unite a Ginevra) insieme durante lo storico momento in cui il governo colombiano ha chiesto scusa alla Comunità di Pace di San José de Apartadò il 5 giugno 2025
Foto di Archivio Operazione Colomba
Per l'occasione erano presenti Monica Puto e Silvia De Munari, volontarie di Operazione Colomba, il corpo civile e nonviolento di pace, che dal 2009 è presente a fianco dei membri della Comunità di Pace di San José de Apartadó, per sostenere la popolazione locale nella difesa dei Diritti Umani e dei propri territori. Insieme a loro era presente anche Maria Mercedes Rossi, rappresentante alle Nazioni Unite di Ginevra per la Comunità Papa Giovanni XXIII.
Un gesto atteso da decenni
La Comunità di Pace di San José de Apartadó, fondata nel 1997 nel cuore del conflitto armato colombiano, rappresenta un simbolo di resistenza civile e di lotta nonviolenta contro la guerra, i gruppi armati illegali e le complicità statali. Per anni, i suoi membri hanno subito violenze, intimidazioni e stigmatizzazione, pagando un prezzo altissimo per la scelta di non schierarsi con nessuna fazione armata e di rivendicare il diritto alla pace e alla dignità.
Il discorso del presidente Petro, trasmesso in diretta e seguito da migliaia di cittadini e osservatori internazionali, ha segnato un momento di svolta: per la prima volta, il massimo rappresentante dello Stato ha riconosciuto pubblicamente le responsabilità delle istituzioni nella persecuzione della Comunità e ha chiesto perdono per i crimini commessi.
Perché è un momento storico
Questo atto non è solo simbolico: rappresenta un passo concreto verso la giustizia e la riconciliazione nazionale. In un Paese segnato da decenni di conflitto armato, impunità e negazione delle vittime, il riconoscimento delle colpe dello Stato e le scuse pubbliche costituiscono una rottura con il passato e un segnale di cambiamento. La Colombia, infatti, ha spesso faticato a fare i conti con le proprie responsabilità istituzionali, soprattutto nei confronti delle comunità rurali più colpite dalla violenza.
Il presidente Petro ha sottolineato il ruolo fondamentale della Comunità di Pace nella costruzione della sovranità, della pace e del disarmo civile, riconoscendo il valore della loro esperienza come modello per un futuro diverso.
Alcuni membri della Comunità di Pace di San José de Apartadò in Colombia tengono in alto i volti delle più di 300 persone assassinate.
Foto di Archivio Operazione Colomba
La voce delle vittime e la sfida della memoria
L’atto pubblico di scuse non cancella il dolore e le ferite, ma offre uno spazio di ascolto e dignità alle vittime, spesso dimenticate o marginalizzate nel discorso pubblico. Organizzazioni internazionali e realtà come Operazione Colomba sono da anni al fianco della Comunità di Pace, documentando le violazioni e sostenendo il percorso di autodeterminazione e nonviolenza della popolazione civile.
Riconoscere la verità, chiedere perdono e impegnarsi per la non ripetizione sono passi indispensabili per costruire una pace reale e duratura. Maria Mercedes (Mara) Rossi, rappresentante Apg23 alle Nazioni Unite di Ginevra, ha fatto le veci del presidente della Comunità papa Giovanni XXIII, Matteo Fadda: «Ritengo un privilegio di aver potuto partecipare a questo evento. Oggi doveva essere presente Matteo Fadda, nostro presidente, ma siccome era impegnato al Giubileo dei Movimenti, mi hanno chiesto di venire in sua vece - racconta Mara. Era la seconda volta che la Comunità di Pace cercava di avere questo riconoscimento e questa volta il presidente, anche se con un’ora di ritardo, si è presentato e ha fatto un lungo discorso, toccando diversi temi. Dopo aver chiesto ufficialmente perdono per tutte le persecuzioni e le esecuzioni di questi anni, ha menzionato anche altre vittime in Colombia. Questo mi ha colpito, perché è andato giù deciso, denunciando il potere giudiziario in Colombia. L'impressione che ho avuto è che il Paese sia in mano al un'oligarchia, ai ricchi che sono immanicati col narcotraffico. Oltre al presidente, anche altri sono intervenuti: è stato molto bello ascoltare i discorsi di padre Javier e altri membri della Comunità di Pace, tra i quali anche una ragazzina molto giovane, che ha detto cose toccanti». Tra i vari interventi, ci sono stati degli intermezzi musicali con canzoni composte dai membri della Comunità di Pace. Ogni membro della Comunità di Pace indossava una maglietta sulla quale c’era il volti di una delle persone uccise in questi anni: «È stato molto toccante vedere i visi di chi ha perso la vita per difendere la pace», conclude Mara. «Oggi, 6 giugno, avremo un incontro in ambasciata, poi, nel pomeriggio, saremo insieme alla Comunità di Pace. Sono felice di aver partecipato a questo momento storico».
Un futuro da costruire insieme
Proprio nel Report di aprile 2025 di Operazione Colomba si leggeva: «Non pare trovare fine la spirale di violenza negli ultimi mesi con una recrudescenza degli scontri tra la forza pubblica e le diverse strutture armate illegali. La situazione rimane grave e preoccupante e richiede maggiori sforzi attraverso politiche pubbliche e implementazioni di meccanismi di collaborazione tra lo Stato e la società civile». La speranza è che il discorso del presidente Petro segni una nuova tappa nel cammino della Colombia verso la giustizia e la pace. Resta ora la sfida più difficile: trasformare le parole in azioni concrete, garantire protezione e diritti alle comunità, e fare della memoria delle vittime il fondamento di una società riconciliata e democratica.
Il 5 giugno 2025 resterà nella memoria collettiva come il giorno in cui lo Stato colombiano ha scelto di guardare in faccia la propria storia, aprendo la strada a una nuova stagione di verità, giustizia e riconciliazione.