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2 Settembre 2021

Cosa ha imparato la scuola dalla pandemia

A settembre si riparte, ma alcune cose dovranno cambiare
Cosa ha imparato la scuola dalla pandemia
Foto di Abir Sultan
La pandemia ha posto ragazzi e insegnanti davanti a innumerevoli sfide: il distanziamento sociale, la didattica a distanza, la difficoltà di proseguire con l'insegnamento tradizionale. Ha però aumentato la consapevolezza sull'importanza delle relazioni interpersonali, dando slancio a nuovi percorsi educativi, come la outdoor education e la didattica digitale integrata.
Le vacanze sono finite. Alunni e genitori sono pronti per l’inizio della scuola. Ma la scuola è pronta? Che cosa porterà con sé dell’esperienza vissuta negli ultimi due anni, così pesantemente segnati dalla pandemia? Al di là delle misure di contenimento che sono state scelte (e sarebbe veramente importante che l’intera Unione Europea adottasse criteri comuni), alcuni dati non potranno più essere modificati, a partire dalle concrete situazioni vissute. Fra essi, in primo luogo, è emersa fortemente la centralità della relazione come dimensione portante e fondamentale della scuola: la didattica a distanza ha causato a bambini e ragazzi tanti problemi a livello di apprendimenti ma soprattutto di socialità, mettendo così in luce la centralità del rapporto fra gli alunni e con i docenti. Si è nello stesso tempo reso evidente anche il bisogno di relazione delle famiglie, sia con la scuola (per affrontare e discutere le tante questioni, dall’uso della mascherina alle modalità di insegnamento durante le chiusure o nei periodi di didattica in presenza a rotazione) sia fra di loro, per un confronto ed una ricerca di senso, di esperienze condivise per i figli ma anche per i genitori.
Si è imposta poi l’importanza di integrare il mondo digitale nelle prassi quotidiane dell’insegnamento/apprendimento. Tutti ci auguriamo che non si debba tornare alla didattica a distanza, ma al di là di essa si è compresa sempre di più l’importanza di alcuni strumenti e metodologie informatici, che vanno conosciuti, provati, vagliati a supporto dell’insegnamento anche in classe, in modo che la “didattica digitale integrata” non sia solo un usare il computer, ma un rinnovamento delle modalità, legate al saper fare, al saper creare connessioni e piste di lavoro più che a trasmettere contenuti statici.
 
Da ultimo, è diventato centrale il tema degli spazi: il distanziamento ha reso impraticabili aule e altri luoghi, perfino le palestre non sono state utilizzabili, e le attività di educazione motoria si sono svolte all’aperto. Oltre alla necessaria opera di ampliamento, modifica e ammodernamento degli spazi interni, proprio nell’outdoor education sta un’altra chiave del cambiamento: è possibile sfruttare cortili, giardini, piazze per fare scuola nella normalità? È possibile che, in caso di nuove chiusure, si rendano praticabili attività all’aperto, anche a rotazione per classi, secondo piani predisposti dai singoli istituti? Certamente occorre un’adeguata formazione, ma anche questa sarebbe una forma di inclusione.