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24 Gennaio 2024

Cosa significa educare oggi?

Giornata mondiale dell'educazione: le sfide del presente e le prospettive future
Cosa significa educare oggi?
Foto di Maria Concetta Pappalardo
Il mondo digitale, la mancanza di punti di riferimento stabili, la fragilità delle giovani generazioni... quali sono le sfide dell'educazione oggi?
Il 24 gennaio si celebra la Giornata Mondiale per l'Educazione, un'occasione per riflettere sul ruolo cruciale dell'istruzione nel plasmare un futuro sostenibile. Nonostante i progressi compiuti, molte sfide educative persistono a livello globale. Milioni di persone continuano a essere escluse dall'istruzione a causa di barriere sociali, economiche e culturali. La Giornata Internazionale per l'Educazione mira a mobilitare governi, organizzazioni internazionali e individui per cercare nuove strade e nuovi strumenti per riuscire a colmare il divario educativo esistente.
Abbiamo chiesto ad alcune persone impegnate in prima linea sul fronte educativo di rispondere a queste due domande:
  • Quali sono le emergenze educative nel mondo di oggi? 
  • Cosa significa educare oggi?
Ecco le loro risposte.

Il mondo digitale: un’emergenza e una sfida educativa

Le emergenze educative di oggi riguardano il rapporto con il mondo digitale, sempre più precoce e invasivo, e con le regole. I primi con cui instaurare un dialogo sono i genitori: abbiamo promosso vari incontri di sensibilizzazione, ed anche avviato uno sportello per genitori tenuto da uno psicologo psicoterapeuta. Abbiamo notato che soprattutto nel passaggio alla secondaria si origina una domanda sul come impostare il rapporto fra i figli e la tecnologia. Abbiamo inoltre avviato dei percorsi sulle materie STEAM (Science, Technology, Engineering, Art, Mathematics) già dagli ultimi anni della primaria e poi alla secondaria, per sviluppare un approccio creativo e critico.
Cosa significa educare oggi? Sull’educare, la definizione che userei è: «mettere i bambini e i giovani a contatto con la verità», anche se il termine “verità” è molto complesso dal punto di vista filosofico ed epistemologico, perciò lo sostituirei con "realtà", che assume nel nostro mondo contemporaneo un significato ancora più pregnante. Per il rapporto con la realtà, cerchiamo di attuare una didattica esperienziale, “imparare facendo”, anche attraverso laboratori di vario genere (orto, teatro, arte), ed anche di sviluppare processi di autoconsapevolezza e di autovalutazione: cito la proposta della psicomotricità alla primaria, e l'esperienza del basket in carrozzina, alcuni laboratori proposti da educatori della Comunità Papa Giovanni XXIII ed un percorso sull'affettività dedicati ai ragazzi più grandi.

Daniele Tappari, preside della scuola Don Oreste Benzi di Forlì

Gli adulti devono lavorare su loro stessi

Cosa significa “educare” oggi?
Educare ha sempre significato “tirare fuori”, “condurre”, accompagnare l’altro ad esprimere il meglio di sé. Educare quindi non significa mettere dentro, inculcare e riempire dei nostri saperi. Per poter educare diventa importante lavorare su se stessi come adulti, riflettere e scegliere dei valori da far crescere nella relazione, diventando modelli credibili. Cosa trasmette all’altro il mio comportamento? Quali valori sono importanti per me nella relazione educativa?
L'educazione oggi è un processo dinamico e complesso che va oltre la semplice trasmissione di conoscenze, è un'esperienza che coinvolge insegnanti, studenti, famiglie e la società nel suo complesso. In un contesto globale sempre più interconnesso e in rapida evoluzione, l'educazione assume un ruolo cruciale per poter offrire un terreno fertile dove ciascuno possa esprimere le sue potenzialità, crescendo insieme in una relazione d’amore.
Tuttavia, l'educazione oggi deve affrontare anche sfide significative, come l'accesso ineguale alle risorse educative e le disparità nel livello di istruzione tra diverse comunità. La necessità di un'educazione equa e inclusiva rimane una priorità fondamentale per garantire opportunità uguali per tutti gli individui.

Francesca Cadei, psicologa e animatrice Ambito Scuola per la Comunità Papa Giovanni XXIII

La scuola: terreno di conquista politica e ideologica

Negli ultimi decenni la scuola italiana ha assistito ad una serie di riforme spesso contraddittorie, assistendo da una parte all’apertura ad una pedagogia moderna attenta alla persona, dall’altra la visione economicistica e meritocratica della scuola, con il conseguente disorientamento educativo di studenti, insegnanti e genitori coinvolti in continui cambiamenti. La scuola è divenuta terreno di conquista politica ed ideologica, seminando conflitti e generando vittime in modo particolare giovani e famiglie. Tale situazione urge di risposte non semplicistiche, ma generate dall’ascolto dei bisogni della base. Urge la costruzione di proposte tecniche per un sistema scolastico rinnovato al passo con i tempi e capace di incidere positivamente sul progresso e sulla felicità sociale. Non si tratta di azzerare l’attuale organizzazione scolastica, numerose sono le normative prodotte che vanno nella giusta direzione (basti pensare a tutta la normativa sull’inclusione scolastica), ma aggiungere strumenti necessari a rendere capace di cambiamento reale. Ad esempio:
  • Strumenti per un’educazione attiva.
  • Strumenti per la valorizzazione di tutte le diversità. 
  • Strumenti per la cooperazione educativa con le famiglie. 
  • Strumenti per la motivazione e formazione degli insegnanti. 
  • Strumenti per la partecipazione degli studenti. 
  • Strumenti per vivere spazi e tempi della scuola. 
  • Strumenti che non generino competizione malsana ignorando i progressi dei singoli allievi, a discapito di studenti più svantaggiati per difficoltà personali, ambientali, economiche e sociali. Strumenti che valorizzano le potenzialità e i doni di ogni singolo, nella consapevolezza di metterli a disposizione a vantaggio dell’umanità.
Maria Rosaria Piccirillo, insegnante di sostegno presso una scuola superiore, insieme a Francesca Cadei ed Elisa Giorgis referenti servizio generale scuola per la Comunità Papa Giovanni XXIII

Educare è creare incontri simpatici con Gesù

Ogni incontro nella nostra zona ci educa a ridisegnare le vite, gli spazi, i sogni. Per noi educare si traduce in creare occasioni di «incontri simpatici con Gesù», tra i giovani e i bimbi dei Campi Fuori le Mura, in carcere così come in strada, nelle realtà della Comunità Papa Giovanni XXIII come a scuola, portando amicizia e donando semplicemente quel che si è, desiderosi di condividere storie, di mettere la vita nella vita per attivare sogni, speranze e coltivare possibilità insieme e nella condivisione!
Don Oreste Benzi ci ricordava spesso che i nostri giovani hanno bisogno di incontrare qualcuno, ma un Qualcuno che è qualcuno in mezzo agli altri. Allora, ecco la conversione: è la conversione a Gesù. Il cambiamento di mentalità è sempre l’effetto di un incontro, e di un incontro con una persona molto precisa e questa persona è Gesù.
 
Maria Concetta Pappalardo, Melina Fidone, Giusy, referenti del Servizio Educazione e Formazione della zona Sud

Educare vuol dire: «Mi stai a cuore»

L'emergenza educativa, cioè ciò che emerge a riguardo dell'educare, è un innalzamento delle sensibilità di noi adulti. Le fragilità dei nostri piccoli non trovano una sponda a cui aggrapparsi, perché anche gli adulti sono fragili. Non è un atto d'accusa. È la constatazione di un bisogno di cui prendersi cura, un cambiamento da realizzare attraverso un processo educativo.
 
Educare, oggi come ieri, mantiene alcune coordinate basilari: il prendersi a cuore, l'accompagnare, l'intenzionalità, l'autenticità , la cura della relazione, darsi il tempo. Non si educa applicando tecniche o programmi. Queste non possono mai mancare di una autenticità di fondo: mi stai a cuore, "I Care".

Davide Bianchini, educatore professionale nella Coop. Comunità Papa Giovanni XXIII, operatore per le dipendenze patologiche, impegnato in attività di prevenzione del disagio rivolte a bambini, ragazzi e alle comunità educanti. 

Raccontare la bellezza

Credo che l’arte sia uno strumento di incontro, di racconto di verità capace di raccontare la bellezza, anche e soprattutto nella fragilità.
Educare alla capacità di stupirsi, alla pazienza del costruire insieme un qualcosa là dove prima non c’era, tutto questo può l’arte, strumento facilitatore e di rara bellezza.
Mi piace ricordare una frase di don Oreste Benzi: 
«Nell’arte, nella poesia, nel dramma, nel recital ecc. si esprime anche l’aspetto della vita intraducibile soltanto con le parole. I nostri piccoli, sono loro i cantori della nostra condivisione».
 
Emanuela Frisoni, Coordinamento Arte della Comunità Papa Giovanni XXIII

Educare: portare una goccia di bene

«I due punti da mantenere nell'educazione di un ragazzo sono: mantenere il suo naturale ma far cessare il baccano, le impertinenze e gli scherzi rozzi; mantenere la sua natura e amarla con la conoscenza nella direzione verso la quale punta» (Ralph Waldo Emerson)
 
«Tutte le volte che l'avete fatto a uno solo di questi piccoli, l'avete fatto a me».
 
Riguardo all'educazione, mi sento di riportare la mia piccola esperienza di fede nella mia professione: in tutti questi anni di fatica, ribellione e lotta (soprattutto verso me stessa), posso affermare con forza quanto poco a poco il Signore mi abbia fatto sentire sempre più la sua presenza nella mia professione d'insegnante e rafforzato nella pazienza, nell'amore verso i più fragili, i più deboli, i bambini che meno di tutti si fanno voler bene. L'esperienza di questo anno scolastico è stata l'ennesima prova che primariamente grazie all'amore di Dio, e poi alle strategie educative, alle didattiche e alle varie metodologie, solo grazie a Lui sono accaduti dei veri e propri miracoli con quei bambini che molti definivano senza speranza: 
  • D. e la sua mamma, che ci accusava ferocemente tutti di bullismo verso il figlio problematico, dopo tante lacrime e preghiere, mettendo silenziosamente da parte i rancori verso le sue cattiverie, si è finalmente presentata ai colloqui, si è aperta, ha manifestato le sue preoccupazioni disponendosi al dialogo e alla fiducia, e di conseguenza il figlio ha imparato a controllarsi, ad ascoltare di più, a farsi coccolare.
  • Anche B., un bambino fortemente rabbioso, ribelle fino a farsi venire le palpitazioni, con la tenerezza e la delicatezza di cui solo il Signore è capace, si è trasformato: non si arrabbia quasi più, segue le nostre indicazioni, lavora con maggior cura, sorride, ci fa i regali.
  • E così anche G., M., E. e molti altri ancora, tutti quelli che con rammarico qualcuno si azzarda a definire “senza speranza”, miracolosamente, paradossalmente cambiano atteggiamento quando lo sguardo che si posa su di loro è diverso. E lo stesso vale per le loro famiglie.
Poco a poco, in tutto questo tempo, Dio con la pazienza e dolcezza di cui solo Lui è capace, mi ha fatto comprendere che solo affidandogli, aggrappandomi, riponendo in Lui tutta la fiducia possibile, confidando con fede, è possibile sopportare, amare ciò che amabile proprio non è, e portare una piccola goccia di bene: come mi faceva notare una cara amica qualche giorno fa, sì, la sensazione è proprio quella di essere mangiati, mangiati ma per amore, e la sensazione non è più quella di perdita, no, non si perde niente, ma ci si riempie di una pienezza, a volte dolorosa e sofferente che mi porta a confermare, ogni giorno nuovamente e mai una volta per sempre, il mio piccolo povero “eccomi”. Fino a che rimarrò nella scuola chiedo di rimanerci proprio così, chiamatela pure pastorale scolastica, mistica della scuola, evangelizzazione scolastica, chiamatela come più ritenete giusto, io la chiamo solo infinito amore di Dio!
 
Fernanda Zappia, insegnante di scuola primaria in Toscana 

Educare a togliersi le  maschere

I ragazzi si accorgono di cosa ti muove, di quanto è vero per te ciò che vuoi trasmettere loro.
La miseria che tocchiamo non è subito visibile, si nasconde dietro maschere fittizie ma profondamente radicate e servono tempo, costanza e dedizione per portare l’altro verso la comprensione del limite che esse portano.

Sofia Brigliadori, operatrice in comunità terapeutica, referente Ambito Dipendenze per la Comunità Papa Giovanni XXIII

Plasmati dal video di uno smart phone

Educare è una parola bellissima e accanto a questa c’è la parola “pedagogia” splendida anche quella. Ho deciso di fare i miei studi universitari proprio attorno a queste due parole.
Educare: mi piace definire questo verbo come un accompagnare per un tratto; nell’educare tu aiuti una persona finché non ha più bisogno di te, lo porti cioè ad essere libero. Ci sono alcune figure di educatori splendidi, come Paulo Freire che ha un’impostazione che ricorda molto quella di don Oreste Benzi. 
Educare oggi: sono a contatto con tanti bambini e ragazzi perché faccio la catechista e mi è sempre piaciuto il mondo della scuola. I ragazzi di oggi sono fragilissimi, fin da piccolissimi sono esposti a strumenti che non sanno gestire (ma nemmeno i loro genitori ne sono capaci). Non sappiamo ancora quali saranno le conseguenze di questa esposizione.
Mancano spesso dei punti di riferimento, a volte manca un genitore, spesso manca la religione, manca l’azione educativa perché guai se lo sgridi troppo! Nell’educazione di oggi un grande potere ce l’hanno i Social e la TV: mi piacerebbe fare uno studio per vedere che tipo di conseguenze sullo sviluppo hanno. I bambini fin da piccoli sono abituati alla TV e al cellulare e ciò significa, a livello educativo, che non vieni più plasmato da mamma e papà, ma vieni plasmato dallo schermo di una televisione o di uno smart phone.
Altre emergenze educative sono le estreme povertà in diverse parti del mondo: tutti i bambini che vivono sotto dittatura, che scappano dalla guerra, che muoiono di fame. La povertà economica, sociale e culturale sono emergenze educative. Quale educazione può ricevere la mamma che vede il suo bambino sotto le bombe? Su 8 miliardi di persone ce ne sono tante che soffrono
Una sfida di oggi è riuscire ad educare alla pace. Collegata a questo è educare all’economia decrescente, che cresce e si sviluppa ma a una velocità diversa da quella attuale. Ci sono delle proposte educative e del materiale didattico per questa educazione alla pace e alla decrescita, ma non c’è la volontà di farlo.
I giovani sono pronti per essere arricchiti e a intraprendere queste nuove strade, ma il sistema è vecchio.
 
Silvia Foresti, pedagogista, catechista, mamma di casa famiglia