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23 Marzo 2020

Siria: «Lo zucchero costa troppo»

Dilagano le proteste in Libano, messo in ginocchio da un debito schiacciante: 90 miliardi di dollari, ovvero il 170% del Pil, un record mondiale. Le diverse tensioni stanno arrivando al punto di rottura e l'equilibrio che caratterizzava questo Paese rischia di non essere più sostenibile.
Siria: «Lo zucchero costa troppo»
Foto di Operazione Colomba
La quotidianità ai confini con l'inferno. Nella situazione drammatica del Libano, vi raccontiamo il campo per i profughi siriani a Tel Abbas, dove l'instabilità politica ed economica pesa in modo drammatico.
Vivo tra i rifugiati siriani nel campo profughi di Tel Abbas. Ogni volta che condivido pezzi della mia vita quaggiù mi sento fortunata. Siamo privilegiati a vivere tra queste persone, a vivere in questo angolo buio di terra, abbiamo il gran privilegio di ascoltare la sofferenza, di vivere sull'orlo tra la vita e la morte, come direbbe un amico.
Mi sento proprio così: ho visto la vita, ho visto la morte.

Le condizioni dei profughi in Libano

Il Libano è un luogo sempre meno ospitale per i rifugiati, le condizioni nei campi sono peggiorate, gli aiuti ai profughi tagliati. Una grave crisi economica ha messo in ginocchio il Paese, spesso non ci sono soldi nelle banche, e i poveri sono sempre di più anche tra i Libanesi.
Il prezzo di qualsiasi cosa è raddoppiato, lo zucchero costa troppo e spesso beviamo dei tè poco zuccherati. Questo esempio può sembrare banale, ma chi conosce questa cultura sa quanto è importante offrire del cibo, poter almeno offrire una bevanda calda zuccherata.
La sanità rimane privata, i costi aumentano e i salari dei pochi fortunati che potevano ancora lavorare sono ora dimezzati. Ci ritroviamo così in un Paese allo stremo delle forze, circondati dai poveri.

Scappando dalla guerra in Siria

Operazione Colomba in Libano
I volontari di Operazione Colomba nel campo profughi siriani in Libano
Foto di Operazione Colomba

Nel frattempo in Siria la guerra continua e i profughi siriani non vogliono tornare in un paese che impone loro di combattere o di morire. Mi ripeto che dovrei ringraziarli più spesso per scegliere di stare in un campo profughi e di non armarsi, vorrei che qualcuno premiasse queste anime così umane. Invece vengono rinchiusi qui, o vengono bloccati ai confini, messi in fila come animali, vengono loro puntate armi, consegnati fogli di via. 
Ci vogliamo proteggere da chi ci dice che fare la guerra non ha più senso, bussano ai nostri confini ma noi storciamo il naso, la verità puzza, ci infastidisce il loro attaccamento alla vita.
Qualcuno di loro parte con i corridoi umanitari, sono pochi i visti e molte le fatiche poi della vita in Italia. Per questo, come Operazione Colomba, lavoriamo costantemente insieme a chi riesce ancora a sognare ad un futuro in Siria, ad un futuro di pace in ogni angolo buio della terra, perché se ci riusciremo anche noi saremo pace e saremo contagiosi.

Le proteste in Libano

Potrei scrivere per ore, della crisi della povertà, di tutto il buio che vedo , ma c'è una cosa che mi ha insegnato questa gente, una cosa che era già dentro di me e che è stata risvegliata: il dolore e la morte vanno vissuti fino in fondo e generano cambiamento.
Migliaia di Libanesi protestano da ottobre contro la corruzione, il settarismo, e per i diritti di tutti. Scendono in piazza in grandi flussi e non si stancano. La cosa più scandalosa? Sono tutti nonviolenti, non sono armati, non sostengono partiti e non si battono per una religione o per l'altra. Scendono in piazza come esseri umani e senza divisioni.
Alla tv non se ne parla, in Europa le notizie non arrivano, eppure della gente sta scendendo tra le strade anche per noi. Sono uomini e donne che hanno vissuto i traumi della guerra, che hanno visto invasioni e tragedie di tutti i tipi, il loro paese confina solamente con stati in guerra eppure oggi li vedo scendere senza violenza.
Questa gente ha sofferto, ha visto la morte, e mi stanno mostrando che c'è un modo diverso di reagire. Sono anime rotte , affaticate e ignorate e chiedono vicinanza. Ho sempre vissuto in questo campo profughi guardando i libanesi come persone che ignoravano i rifugiati eppure ora mi stanno dicendo che hanno capito e creano spazi nonviolenti per tutti e fanno fatica, non sempre accettano eppure si impegnano. Loro per primi sono stati ignorati, nessuno ha ascoltato il loro dolore.
Ci sono popoli, comunità nonviolente che chiedono pace e giustizia e continuano ad essere ignorati, lasciati soli ai loro destini. 
Basta solo un contatto o un incontro con una di queste anime ed ecco che ci risvegliamo oppure ci chiudiamo a riccio perché non sappiamo com'è la vita reale quella fatta di sofferenze e gioie di vita vera. I poveri sono dei cortocircuiti infallibili per queste società materialistiche fatte di denaro e poteri, per questo sempre di più i confini si fanno alti. 
Sono fortunata di vivere tra questa gente, potremmo essere più fortunati tutti se solo fossimo capaci di soffrire insieme e di creare poi nuove vie per unire questo mondo tutto a pezzi.